Che l’intelligenza artificiale sia il terreno più fertile dove investire lo si è capito da tempo: non stupisce allora che protagonisti come SoftBank sarebbero in trattative per investire fino a 25 miliardi di dollari in OpenAI, parte dei quali potrebbero essere destinati a finanziare gli impegni della società proprietaria di ChatGPT.
Secondo il Financial Times, la holding finanziaria giapponese starebbe valutando un investimento compreso tra 15 e 25 miliardi di dollari, mentre Stargate, una joint venture sostenuta da OpenAI, SoftBank e Oracle e promossa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, mira a sviluppare un’infrastruttura per l’intelligenza artificiale negli Stati Uniti attraverso un investimento iniziale fino a 100 miliardi di dollari.
L’eventuale investimento di SoftBank si aggiungerebbe ai 15 miliardi di dollari già promessi alla joint venture. Ed allora, dopo che OpenAI avrebbe pianificato di investire circa 15 miliardi di dollari nel progetto Stargate il possibile contributo di SoftBank potrebbe aiutare a finanziare proprio questo impegno.
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Al momento, però, le trattative sarebbero ancora in una fase embrionale, dunque tutto è possibile, anche perché la posta in gioco assume una certa rilevanza. Se andasse in porto, un’offerta da più di 15 miliardi di dollari renderebbe SoftBank il maggiore investitore singolo di OpenAI, superando addirittura Microsoft, che aveva impegnato svariati miliardi nella società all’inizio del 2023.
La minaccia di DeepSeek
La notizia arriva poco dopo che il settore AI è stato sconvolto da DeepSeek, la startup cinese che sta sfidando OpenAI, anche se emergono sospetti sulla sua creazione. Il Garante della privacy italiano ha richiesto chiarimenti a DeepSeek, forse anche per questa ragione le app sono state rimosse da Apple App Store e Google Play.
Secondo quanto riportato, OpenAI avrebbe accusato DeepSeek di aver utilizzato i suoi modelli proprietari per addestrare la sua AI open-source, sollevando preoccupazioni su una possibile violazione della proprietà intellettuale. L’accusa, secondo il FT, sarebbe addirittura supportata da prove, tanto da spingere gli Stati Uniti ad avviare una revisione di sicurezza nazionale sul chatbot di intelligenza artificiale cinese.
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