Quel che succede a Roma, poi ha ripercussioni in tutto l’Impero, si diceva duemila anni fa. Adesso, è quel che succede in America, ma la sostanza non cambia. A tal punto che si guarda con sempre maggiore interesse, mentre peggiora la situazione delle università italiane (schiacciate in buon numero da disavanzi di bilancio e soprattutto da un paradossale blocco dei talenti, nostrani o stranieri che siano), a un fenomeno nuovo. L’entrata dei social networks nell’area della ricerca di studenti e del loro recruitment.
Dalla ricerca di pareri sul college da scegliere, alla disponibilità di strumenti per capire quali siano le materie e i corsi da seguire, fino alla possibilità per le matricole, che negli Usa solitamente studiano in una città differente da quella natale, di trovare nuovi amici e colleghi con i medesimi interessi.
Twitter, Facebook, ma anche MySpace fanno parte di questo nascente numero di strumenti verso i quali sia il libero mercato che le singole università si stanno rivolgendo. La presenza in questi ambiti, infatti, si scopre essere uno strumento di marketing estremamente potente e capace di comunicare molte più cose di una costosa campagna istituzionale che tradizionalmente sfugge al controllo dei pianificatori e non tocca l’audience di riferimento. Invece, un gruppo internet ben struttirato magari su Facebook consente di raccogliere centinaia se non migliaia di nuove adesioni ogni anno, e Twitter permette di comunicare in tempo reale con i giovani pupilli.
Esempi americani ce ne sono parecchi: dalla Christopher Newport University, presente su vari canali, alla Hampton University, senza citare vari altri campus maggiori. La comunicazione va là dove la gente si trova. E i ragazzi sono in rete, con percentuali bulgare di partecipazione ai social network. Occhio, perché presto vedremo lo stesso fenomeno accadere anche nelle province europee dell’impero…