Siri piange nella smart home (intesa in senso ampio): rispetto ai diretti concorrenti l’assistente vocale di Apple supporta circa 200 dispositivi smart home, contro gli oltre 5.000 di Google Assistant. Ma in questo settore domina su tutti Amazon Alexa che alla fine del 2017 era già in grado di funzionare con circa 11.200 dispositivi smart.
Il confronto è reso possibile grazie ai numeri pubblicati da Google: in un post dedicato agli sviluppi di Google Assistant il colosso di Mountain View dichiara che ora è in grado di funzionare con praticamente ogni dispositivo dei principali marchi in USA, indicando oltre 5.000 dispositivi smart home compatibili. Questo numero rappresenta un balzo notevole rispetto ai 1.500 supportati a gennaio, tra cui rientrano telecamere, lavastoviglie, campanelli, asciugatrici, luci, prese, termostati, sistemi di sicurezza, interruttori, aspirapolvere, ventilatori, serrature, sensori, riscaldatori, purificatori d’aria, frigoriferi, forni e molti altri ancora.
Sempre negli USA per la propria piattaforma smart home composta da HomeKit e Siri, Apple indica sulla pagina web dedicata circa 200 dispositivi, alcuni dei quali devono ancora essere lanciati sul mercato. Per quanto riguarda invece Amazon Alexa il supporto a circa 11.200 dispositivi è rilevato dall’analista Blake Kozak intervistato da Cnet.
Nonostante sia stato il primo assistente vocale ad essere lanciato sul mercato, Siri ha perso terreno. Secondo alcune ricerche di mercato è considerato dagli utenti come l’assistente vocale meno evoluto. Sembra che Apple stia lavorando e investendo per potenziarlo e migliorarlo: l’ultimo dispositivo Apple con Siri con funzionalità smart home è lo speaker HomePod, per ora commercializzato solo in USA, Regno Unito e Australia di cui è atteso il lancio anche in altri paesi. Per il momento non sono ancora emerse indicazioni sulle tempistiche di arrivo per il nostro Paese.
C’e da osservare che sia Alexa che Google Assistant non sono propriamente dei sistemi di automazione della casa quanto degli attivatori (o disattivatori) vocali che non gestiscono da soli scene complesse o programmabili. Per fare questo si devono appoggiare ad infrastrutture terze in grado interconnettere diverse classi di dispositivi con l’autorizzazione reciproca all’accesso attraverso servizi molto differenziati e dall’affidabilità variabile. La scelta di Apple basata su un concetto di domotica più “tradizionale” in cui la fa da padrone l’organizzazione e la programmabilità e sopratutto la sicurezza sicuramente non permetterà di arrivare ai livelli di compatibilità delle altre due piattaforme ma questo potrebbe non essere necessariamente un difetto sempre che il cliente abbia l’opportunità di accedere ad una gamma di dispositivi (come ad esempio i sistemi di controllo delle tradizionali tende e tapparelle) che per il momento mancano nella offerta Homekit, perlomeno in quella europea.