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A Cupertino la paura fa novanta, l’iPhone lo salva solo una Siri più intelligente

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La paura di perdere tutto. Inclusa la leadership di iPhone e le decine di miliardi di dollari che derivano dal mercato delle App. Ecco che cosa sta spingendo Apple a giocarsi ogni carta possibile per tornare in corsa nel mercato dell’Intelligenza Artificiale.

Ed ecco perché in questa corsa Cupertino metterà in campo le sue armi migliori, in particolare l’integrazione tra software e hardware, soprattutto la piattaforma che nasce dalla combinazione tra iOs e iPhone di cui Siri sarà uno dei pilastri fondanti.

Lo scenario che possiamo attenderci quando alla WWDC Apple presenterà quello che sarà certamente un punto di svolta epocale nelle strategia di Cupertino, viene descritto in un approfondimento pubblicato ieri sera dal New York Times che tra cose note e cose meno note, contribuisce a chiarire alcuni aspetti della strategia disegnata da Craig Federighi e John Giannandrea.

Soprattutto ci spiega la ragione per cui di fretta e furia, anche a costo di buttare a mare processori e progetti decennali su cui ha speso miliardi, la Mela si è fiondata sul mondo Ai.

La paura fa novanta

In realtà, senza girarci troppo intorno e sintetizzando, tutto potrebbe essere descritto con un sentimento:  la paura.

Nei primi mesi del 2023 si è improvvisamente resa conto che il ritardo con cui si è mossa nel campo dell’Ai stava mettendo a rischio la posizione conquistata nel corso degli ultimi anni.

«I manager Apple – dice il New York Times – hanno compreso che l’intelligenza artificiale ha il potenziale per diventare un vero e proprio sistema operativo, sostituendosi ad iOs. Una tecnologia in grado di creare un ecosistema in cui prolifereranno applicazioni di intelligenza artificiale».

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I cosiddetti “agenti” potranno non solo creare appuntamenti sul calendario ma, ad esempio, registrare prenotazioni, scegliere un albergo, chiamare un taxi, leggere articoli di giornale su uno specifico argomento, disegnare un itinerario sulla base delle nostre preferenze. Questo potrebbe far saltare il mercato delle applicazioni da cui Apple ricava 24 miliardi di dollari ogni anno.

Senza un sistema di intelligenza artificiale e azioni coraggiose, iPhone potrebbe sembrare “stupido come un sasso” (dice l’articolo) rispetto ad altri concorrenti, distruggendo quel che è stato fino ad oggi la gallina dalle uova d’oro per Apple. Qualche anteprima di questa scenario sembra già palesarsi all’orizzonte in Cina.

Una Siri tutta nuova

Per dissipare nubi tanto fosche, Apple farà partirà da Siri , trasformandola in qualche cosa di diverso, per toglierla dal pantano dove è finita nel corso degli anni.

Nata con l’intento di renderla capace di comprendere il linguaggio e il contesto, l’assistente virtuale Apple non è mai stata in grado di fare tutto questo. «Si trattava di un passaggio previsto, ma difficile – dice al Ny Times Tom Gruber, cofondatore di Siri e che ha lavorato ad Apple fino al 20218 – Oggi però con le nuove tecnologie potrebbe essere possibile fare un lavoro migliore».

Inizialmente, come sappiamo già, Siri verrà migliorata in compiti su cui dovrebbe già in questo momento essere di aiuto, ma lo farà in maniera più spedita e nello stesso tempo intelligente. Operando come motore di intelligenza artificiale generativa, non si occuperà di creare articoli di giornale o scrivere poesie che ChatGPT, ma «fissare un appuntamento o un timer, aggiungere un prodotto ad una lista della spesa. Sarà anche in grado di riassumere un testo».

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Il NYTimes conferma anche che una peculiarità del sistema di Ai di Apple: questi compiti saranno svolti direttamente sul dispositivo con la collaborazione di iOs.

Apple compie questa scelta per ragioni di privacy ma anche per ragioni di costi. ChatGPT per generare mille caratteri spende 12 centesimi di dollaro. Questa cifra proiettata sulle decine di miliardi di azioni che gli utenti Apple potrebbero inoltrare ogni giorno, rappresenterebbero una spesa insostenibile.

In ogni caso non tutto potrà funzionare spinto da iPhone. In altri casi servirà anche la potenza di un sistema basato su cloud per evitare le cosiddette “allucinazioni” tipiche di processori Ai poco potenti in rapporto ai compiti cui vengono chiamati .

Di qui la necessità di contare anche su funzioni gestite dai server che, come abbiamo spiegato questa mattina, saranno basati sul processore M2 Ultra «creando consistenza tra gli strumenti usati per il processo nel cloud e quelli che si svolgono sul dispositivo».

Ma… c’è un “ma”…

Per fare di Siri il pilastro della strategia dell’Ai, e in definitiva quell’arma segreta di cui ha parlato Cook anche recentemente, Apple però deve mettere da parte alcuni degli elementi snocciolati dal suo credo industriale.

Uno di questi è aumentare la collaborazione tra le divisioni hardware e software «che ad oggi operano indipendentemente una dall’altra e condividono un numero limitato di informazioni. L’Ai – dice il John Burkey che ha lavorato a Siri per due anni, prima di fondare Brighten.ai una piattaforma di Intelligenza Artificiale generativa – ha bisogno di essere gestita come un prodotto globale per avere successo e questo semplicemente non è nel Dna di Apple».

Un altro passaggio sarà trovare il modo di trattenere i talenti che acquisisce comprando le aziende per incorporarne le tecnologie. «Nel corso degli anni – dice ancora il giornale – Apple ha acquistato diverse realtà nel campo dell’Ai, guidate da persone che erano leader in questo ambito, ma hanno lasciato tutti Cupertino dopo pochi anni. Anche se le ragioni di questa scelta possono essere le più disparate, una di queste è la segretezza».

Apple pubblica, infatti, pochissimi documenti sul suo lavoro sull’Ai, molti meno dei concorrenti, e non participa a conferenze come fanno altri. «Quando questo accade, si legge nell’articolo – secondo alcuni ricercatori, il valore dei documenti è discutibile. L’impressione è che vengano prodotti più per dare l’impressione che c’è del lavoro dietro invece che dare un esempio di quello che Apple potrebbe portare sul mercato».

Chi si occupa di Ai ha invece bisogno di confronto, di discussione, di ricerche e di approfondimenti. Di scambiare opinioni e di verificare i propri progressi con quelli di altri. Tutto questo quando si lavora con Apple non accade e per questo molti se ne andrebbero, sostiene il NyTimes, da Cupertino, rallentando il lavoro e limitando l’esperienza dei team di intelligenza artificiale.

 

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