Conseguenza del caso PRISM è una diffusa mancanza di fiducia verso le aziende che offrono servizi cloud. Microsoft, società che offre i servizi in questione in tutto il mondo, al fine di assicurare i propri clienti in merito alla sicurezza dei dati, chiede ai governi specifici regolamenti e pensa di fare offerte specifiche per utenti con server localizzati al di fuori dei confini USA, per non perdere i clienti che al di fuori degli Stati Uniti non vogliono collegarsi a sistemi potenzialmente sotto il controllo indiscreto della NSA, l’agenzia governativa di sicurezza nazionale USA recentemente protagonista di diversi scandali legati alla raccolta non autorizzata dei dati.
Sebbene l’agenzia non abbia giurisdizione al di fuori della federazione statunitense, in molti ritengono che la mossa a poco servirebbe: infatti, come è stato ampiamente dimostrato, l’NSA è stata in grado di spiare anche governi e società al di fuori degli USA. “Le persone dovrebbero essere in grado di sapere se e in che modo i loro dati sono soggetti alle leggi e alla supervisione di altri paesi; dovrebbero essere in grado di fare una scelta informata su dove risiedono i loro dati” ha dichiarato al Financial Times Brad Smith, consigliere generale della società di Redmond.
Microsoft sta da qualche tempo puntando a consolidare la propria visione del Cloud OS con cui intende offrire alle aziende una piattaforma di prodotti e servizi. A dicembre dello scorso anno è stato annunciato Cloud OS Network, un consorzio globale di oltre 25 cloud service provider che offrono servizi sviluppati a partire dalla Piattaforma Cloud di Microsoft: Windows Server con Hyper-V, System Center e Windows Azure Pack. Le organizzazioni all’interno del Cloud OS Network coprono oltre 90 mercati attivi in tutto il mondo, raggiungono più di 3 milioni di aziende tutti i giorni e operano oltre 2,4 milioni di server in più di 425 datacenter.