Se Apple sarà costretta a spedire la metà del numero di iPhone X previsti, la colpa non dovrebbe essere del sensore 3D per il riconoscimento facciale. La fonte è, apparentemente, autorevole: il produttore del chip che è alla base del sensore stesso, l’austriaca AMS.
E stato l’amministratore delegato della società, Alexander Everke a fare cenno ai presunti limiti di produzione del processore, di fatto smentendoli. «Non sono per nulla preoccupato – ha detto agli analisti durante la presentazione dei risultati fiscali (da record), avvenuta oggi – prevediamo una performance molto robusta in questo trimestre fiscale e una altrettanto solida nel 2018». Non sembra che neppure nei trimestri scorsi, quelli preparatori al lancio, ci siano stati problemi di forniture visto che, secondo Nikkei Asian Review, «nessuno dei clienti di AMS ha avuto di che recriminare sul nostro livello di produzione».
Le parole di Everke ovviamente non significano molto in un contesto globale in cui sono centinaia i fornitori Apple coinvolti nella produzione di iPhone X e molti anche per l’assemblato di cui il sensore 3D per il riconoscimento facciale fa parte. Il sistema che alla base ha il processore AMS richiede, ad esempio, la partecipazione di Sharp e Innotek che montano i vari elementi, poi c’è chi produce le lenti e il sensore stesso e così via. Senza contare che esistono altre componenti, come i display OLED, che potrebbero essere all’origine del collo di bottiglia.
Apple da parte sua non si sbilancia. Interpellato da Buzzfeed nel contesto di una intervista svoltasi al nuovo negozio Apple di Chicago, sulla disponibilità al lancio e sui problemi di approvvigionamento, Tim Cook si è lasciato solo sfuggire un laconico “staremo a vedere”.