[banner]…[/banner]
Parlando mercoledì 13 dicembre nel corso di una audizione del Congresso, il senatore Marco Rubio, candidato alle primarie repubblicane per le presidenziali statunitensi dello scorso anno, ha puntato il dito contro Tim Cook e le politiche di Apple nei confronti della Cina accusando il CEO di Cupertino di ipocrisia quando parla dei valori aziendali.
“Ci risiamo ancora” ha detto il senatore citato da 9to5Mac, “ecco un esempio di azienda, dal mio punto di vista, disperata di avere bisogno di accedere al mercato cinese da essere disposta a conformarsi alle leggi di quella nazione anche quando queste leggi sono in contraddizione sui presunti parametri che tali aziende affermano di seguire”.
Il riferimento di Rubio è al viaggio di Tim Cook in Cina per partecipare alla cerimonia di apertura della quarta edizione della World Internet Conference tenutasi domenica 3 dicembre a Wuzhen, Zhejiang.
Wang Huning, membro del comitato permanente dell’Ufficio politico del Comitato Centrale (CC) del PCC e membro del Segretariato del CC del PCC, ha incontrato il CEO di Apple confermando l’importanza del ruolo svolto dalla Apple per lo sviluppo dell’economia digitale cinese/statunitense e per la cooperazione bilaterale in merito.
Nel keynote di apertura, Cook, la cui azienda in passato è stata spesso criticata per avere accondisceso alle restrittive regole che il Paese asiatico ha imposto (rimuovendo le VPN da App store, ad esempio), ha palato del tema della conferenza – sviluppo dell’economia digitale con apertura e ripartizione dei benefici, una visione che Apple condivide. “Siamo orgogliosi di avere lavorato in Cina fianco a fianco con molti dei nostri partner contribuendo a creare una comunità che diventerà parte di un futuro comune nel cyberspazio”.
Cook ha aggiunto che, sin dall’ingresso nel mercato cinese, Cupertino ha ormai creato 5 milioni di posti di lavoro in Cina, ed ha corrisposto ben 112 miliardi di renminbi agli sviluppatori di app cinesi, grazie ai quali si posizionano al primo posto nella classifica globale.
Tornando a Rubio, ha parlato di Cook come “Un buon esempio per gli Stati Uniti e la nostra gente di come alcuni di questi individui arrivino qui predicando su libertà di espressione, diritti umani e problemi interni ma vanno all’estero e sono pienamente cooperativi su alcune grottesche violazioni dei diritti umani giacché lì si possono fare un sacco di soldi e non vogliono offendere il paese ospitante”.
“L’aspetto che crea maggiore confusione” ha proseguito Rubio, “è la celebrazione di Cook alla visione cinese di internet aperta”. “Ha tenuto il suo keynote nel giorno di apertura di tale riunione”. Il CEO di Apple ha spiegato che l’azienda da lui guidata è rispettosa della legge e responsabile, promuovendo la collaborazione tra le imprese di Internet dei due paesi. Anche i senatori Ted Cruz (rappresentante del Partito Repubblicano del Texas) e Patrick Leahy (rappresentante del Partito Democratico del Vermont), a ottobre hanno inviato una lettera al CEO di Apple per chiedere delucidazioni in merito alla decisione dell’azienda di rimuovere alcune app VPN dall’App Store cinese, spiegando che la mossa di Apple può potenzialmente permettere al Paese di attivare strategie di censura e sorveglianza della rete.
Tim Cook già in precedenza ha spiegato che l’azienda da lui guidata segue semplicemente le prescrizioni governative che obbligano operatori del settore e sviluppatori di app a ottenere specifiche licenze. “Vorremmo ovviamente non rimuovere le app ma seguiamo le leggi imposte dalle nazioni dove lavoriamo”. “Crediamo fortemente che far parte di questi mercati e offrire vantaggi agli utenti sia nell’interesse delle persone lì e in altre nazioni. Crediamo nei negoziati con i governi, anche su argomenti per i quali siamo in disaccordo”.
Il senatore democratico dello stato del Vermont Patrick Leahy pochi giorni addietro ha dichiarato che Apple ha il «dovere morale» di contrastare le politiche di censura e controllo in atto nel Paese dell’Asia orientale. Come abbiamo spiegato in diverse occasioni, Apple è una dei pochi big statunitensi del settore informatico in grado di operare in Cina. Realtà quali Google e Facebook, ad esempio, hanno possibilità di manovra limitate; Internet subisce varie forme di censura da parte del governo che allo scopo tende a favorire esclusivamente aziende cinesi: il motore di ricerca più usato nel Paese è Baidu e i social network più importanti sono Sina Weibo e WeChat. Facebook è bandito dal 2009, Instagram è bandito dal 2014 e anche WhatsApp è stato più volte bloccato.