Il COVID ha fatto un’altra vittima. Sono oltre un milione i morti accertati di coronavirus nel mondo e oltre 35 milioni i contagiati (dati di ottobre rilevati dall’osservatorio della Johns Hopkins University, ndr) ma a pagarne le spese, come abbiamo scoperto nell’ultimo anno, non sono soltanto le persone. Le aziende più piccole faticano a restare in piedi, molte sono costrette a chiudere. Di conseguenza aumenta la povertà: è una ruota.
In questo ciclone ci è finita anche SEGA che, dopo il duro colpo preso nella prima ondata, si è vista costretta ad abbandonare definitivamente il business delle sale giochi. Il settore Arcade è tra quelli che più stanno pagando le spese per via delle misure restrittive necessarie per contenere la diffusione del virus, perciò non sorprende leggere che la SEGA Sammy Holdings ha venduto l’85,1% della sua attività in Giappone: la SEGA Entertainment passerà nelle mani della compagnia del noleggio Genda Inc.
L’azienda si aspetta «Perdite straordinarie, nonostante la recente ricrescita delle sale giochi». La situazione – dicono – resta incerta. La vendita segue la chiusura della storica sala giochi di SEGA nel quartiere di Akihabara avvenuta ad agosto ed il cui trasferimento includerà tutti i cabinati e gli eventuali premi. Le sale giochi comunque non spariranno – spiegano – perciò le persone potranno ancora tornare a visitarle, per altro SEGA continuerà a produrre e vendere cabinati, nonché a sviluppare giochi arcade.
Ciò non toglie che ci troviamo di fronte alla fine di un’era. Le sale giochi di SEGA sono una parte iconica del paesaggio giapponese, al punto da apparire perfino sullo sfondo dei videogiochi (vedi Persona 5, ndr). Ma era prevedibile: le sale giochi, per definizione, coinvolgono molte persone che toccano gli stessi controller e spesso si trovano una affianco all’altra: troppo per le distanze fisiche che il coronavirus ci sta obbligatoriamente insegnando a mantenere. Questo, almeno, fino a quando la pandemia non sarà stata completamente debellata.