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Se la Cina dice no alle eSim è perché Pechino preferisce le catene

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Il battito delle ali di una farfalla a Cupertino potrebbe provocare una tempesta a Pechino. Una decisione di design, di cui si rumoreggia da tempo anche se ovviamente non abbiamo certezze, e cioè un iPhone 17 “Air” sensibilmente più sottile potrebbe avere notevoli conseguenze dall’altra parte del Pacifico. Come mai?

Se pensate che le battaglie per la libertà tecnologica siano finite con la Guerra Fredda, siete ingenui: è arrivato il momento di ricredersi. Il cambiamento di design dell’iPhone che Apple starebbe progettando con l’iPhone 17 porterebbe una modifica fisica agli apparecchi che potrebbe avere una conseguenza notevole in Cina. La modifica fisica sarebbe che la nuova scocca sarebbe talmente sottile da non avere spazio per il cassettino della Sim fisica. Solo eSim (ecco cosa sono), come peraltro già adesso fanno gli iPhone 16 (e alcuni modelli di iPhone 15) negli Usa. Niente di strano, basta che gli operatori si adeguino (e molti lo hanno già fatto). Le eSim hanno vantaggi di vario genere (qui la nostra prova e qui per i viaggi) tra i quali anche quello di far spazio ad altre componenti rimuovendo il “blocco” fisico della Sim tradizionale, e rendendo la scocca più resistente agli agenti esterni perché si toglie una porta di entrata.

Tuttavia, l’idea che ci sia un iPhone solo eSim sta scatenando un bel conflitto tra Occidente e Oriente. Da una parte la spinta verso l’innovazione, dall’altra la resistenza di un sistema che vede nelle Sim fisiche uno strumento irrinunciabile di controllo. Una storia che ci racconta molto di come la Cina gestisce il suo rapporto conflittuale con la tecnologia e di quanto sia disposta a sacrificare pur di mantenere il controllo sui suoi cittadini.

Il Grande Fratello preferisce il plastico

Non è un segreto che la Cina abbia un rapporto complicato con le tecnologie che permettono alle persone di comunicare liberamente. Era un eufemismo: la Cina non è un paese democratico (e si vanta di non esserlo) per cui l’idea stessa di “libertà dallo Stato” è considerata una barzelletta alquanto pericolosa (si finisce in galera, se va bene). Pechino si difende dalla tecnologia intesa come strumento di libertà, e la trasforma in strumento di controllo. Ad esempio, il Great Firewall, quella muraglia digitale che censura e controlla il web cinese, è solo la punta dell’iceberg. Le Sim fisiche sono un altro mattone di questo sistema di controllo: piccoli rettangoli di plastica che permettono di tracciare, monitorare e soprattutto associare ogni comunicazione a una persona fisica ben identificata. Le eSim, al contrario, sono l’incubo di ogni sistema di sorveglianza: troppo facili da cambiare, troppo difficili da controllare. In due parole: troppo libere.

Ma sarebbe ingenuo pensare che sia solo una questione di controllo sociale. La Cina è il più grande produttore mondiale di Sim card fisiche e tutta la componentistica associata, un business che vale miliardi di dollari e che dà lavoro a centinaia di migliaia di persone. Il passaggio alle eSim significherebbe non solo perdere questa leadership industriale (la eSim è sostanzialmente un microchip prodotto in Giappone o a Taiwan e saldato sulla scheda madre del telefono), ma anche (e soprattutto) cedere il controllo di una tecnologia strategica a competitor stranieri. Un rischio che l’Impero di Mezzo non sembra disposto a correre.

Il mercato delle eSIM in crescita e si parla già di iSIM

L’effetto valanga e la paura del cambiamento

C’è un aspetto che è particolarmente disturbante per i leader cinesi: il fatto che sia Apple a fare la mossa. Perché Apple ha una storia di innovazioni che la Cina ha studiato (molte aziende di Stato e para-stato sono costruite sulla falsariga del gigante di Cupertino) e le cui conseguenze ha ben presenti. Infatti, l’industria tecnologica ha dimostrato più volte di seguire le orme di Apple quando si tratta di innovazioni radicali. È successo con l’eliminazione del jack audio, con il notch, con il Face ID, con la Secure Enclave, un maledetto chip (dal punto di vista dei cinesi) che non può essere “forato” facilmente. Se Cupertino decidesse davvero di passare a un iPhone solo eSim, è facile prevedere che scatenerebbe un effetto valanga: gli altri produttori seguirebbero a ruota, come già successo in passato. La Cina lo sa bene, e sa anche che questo cambiamento potrebbe essere irreversibile. Ecco perché sta usando tutto il suo peso politico ed economico per resistere a questa transizione.

Se la eSim è una parola tabù in Cina, Apple può permettersi di ignorare quel mercato? I numeri parlano chiaro: la Cina rappresenta circa il 20% delle vendite globali di iPhone. Una fetta troppo grande per essere sacrificata sull’altare dell’innovazione. Ed ecco profilarsi all’orizzonte l’ennesimo compromesso: un iPhone 17 in due versioni, una “globale” solo eSim e una “cinese” con lo slot fisico. Una soluzione che racconta molto dei rapporti di forza attuali nel mondo della tecnologia.

Il paradosso è evidente: la stessa Cina che investe miliardi in intelligenza artificiale, che vuole dominare il 5G, che sogna la supremazia quantistica, si trova a dover frenare su una tecnologia apparentemente banale come le eSim. Ma è proprio qui che sta il punto: l’innovazione fa paura quando minaccia il controllo. E in Cina, il controllo viene prima di tutto.

Ora che Apple usa le eSim nei nuovi iPhone tutti faranno lo stesso

La risposta dell’industria locale e la standardizzazione impossibile

I colossi cinesi degli smartphone, come ad esempio Xiaomi, Oppo, Vivo, Huawei, seguono disciplinatamente la linea del governo. Ma per quanto ancora potranno permetterselo? Le eSim sono ormai uno standard globale, adottato dalla maggior parte dei paesi sviluppati. Resistere significa condannarsi a un isolamento tecnologico che potrebbe costare caro nel lungo periodo. Eppure, il governo cinese sembra disposto a pagare questo prezzo pur di mantenere il controllo sulle comunicazioni dei suoi cittadini.

La vicenda delle eSim è emblematica di una tendenza più ampia: la crescente divergenza tra il modello tecnologico occidentale, basato sulla libertà e l’apertura, e quello cinese, fondato sul controllo e la sorveglianza. Non è solo una questione tecnica: è una battaglia ideologica che determinerà il futuro delle nostre comunicazioni.

E mentre il resto del mondo si prepara a un futuro sempre più wireless e virtualizzato, la Cina rimane aggrappata ai suoi rettangolini di plastica dentro i quali l’occhio del partito spione può tranquillamente intervenire. Una scelta che potrebbe rivelarsi vincente nel breve periodo ma che rischia di trasformarsi in un boomerang nel lungo termine. Perché la storia ci insegna che resistere all’innovazione è come cercare di fermare il vento con le mani: prima o poi, il cambiamento arriva comunque.

La vera domanda non è se la Cina cederà alle eSim, ma quando. E soprattutto, come e a che prezzo. Perché in un mondo sempre più interconnesso, l’isolamento tecnologico potrebbe rivelarsi un lusso che neanche Pechino può permettersi di mantenere troppo a lungo. Una soluzione che si potrebbe profilare all’orizzonte è simile a quella delle VPN, le reti private virtuali che consentono di fare collegamenti sicuri tra due punti “saltando” virtualmente tutto quel che c’è nel mezzo. Incluso il Grande Firewall. In Cina non sono vietate: ma se ne trovano solo alcune e non altre. Come osservano i cinesi, quelle che si trovano sono quelle ammesse e controllate dal governo, le altre vietate sarebbero quelle buone. Un ottimo motivo per ammettere il sideloading su iPhone, ma questa è tutta un’altra storia.

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