Le nuove mappe, Siri e iAd hanno tutte e tre alcune cose in comune: si tratta di prodotti di scarso successo o, se vogliamo, tecnologie poco funzionanti ed eternamente in beta create sotto la guida di Scott Forstall, Senior Vice President della sezione iOS Software in Apple, in altre parole la persona che ha la completa (o quasi) responsabilità su tutto ciò che riguarda le scelte in materia software.
Forstall è stata la mente che ha voluto fortemente l’acquisizione di Quattro Wireless per iAd, tecnologia mai decollata, nonostante Apple abbia più volte rivisto al ribasso le condizioni del servizio. Siri non è esente da difetti ma Apple in questo caso si salva perché il servizio è prudentemente da tempo etichettato come “beta”. Più complicato il discorso dell’app Mappe: Apple avrebbe potuto in tutta tranquillità posticipare il rilascio, avendo ancora un anno di contratto con Google. Forstall ha invece sempre parlato in termini entusiastici della nuova app, sbagliando a non imporre l’etichetta ”beta” anche a questo nuovo servizio. Il più grande difetto della nuova app Mappe è la mancanza di punti d’interesse: uno studio di Jason Matheson su 2028 città statunitensi e canadesi, mostra le imprecisioni e gli errori. Per non parlare di chi mette in luce l’inutilità del 3D sulle mappe o del flyover, funzioni che in effetti per chi ha necessità di usare l’applicazione per individuare un luogo o un punto notevole su una mappa, restano nella polvere al confronto con Street View di Google.
Volendo spezzare una lancia a favore di Forstall, bisogna rammentare l’ossessione di Apple per la segretezza. Se da una parte questa consente di presentare ogni anno prodotti nuovi, con il consueto effetto sorpresa, d’altra parte è anche un punto debole per Apple: impossibilitata nel far testare a un numero elevato di persone sistemi operativi, applicazioni e servizi (come possono invece fare Google o Microsoft) si ha una ovvia perdita di qualità nei sistemi di controllo e verifica e quindi un elevato rischio che qualche cosa, quando rilasciato, possa non funzionare se rivolto ad un pubblico vasto come quello del mondo iPhone, iPod touch e iPad.
Se davvero il terreno intorno a Forstall cominciasse, come pare, a franare, è difficile che sorga intorno a lui un muro di solidarietà umana e ci sia una folla di manager dispositi a schierarsi dalla sua parte in nome della sua simpatia e cordialità. I giornali l’hanno più volte descritto come un mini-Steve con ovvio riferimento al defunto CEO di Apple, ma principalmente per il carattere poco socievole, l’attitudine elitaria, il carattere brusco e diretto al punto da risultare sgarbato. Secondo alcuni insiders Jonathan Ive (Senior Vice President Industrial Design) e Bob Mansfield (Senior Vice President) lo evitano il più possibile e voci mai smentite raccontano che Jon Rubinstein, poi passato a Palm, era solito andarsene quando in una stanza entrava Forstall. Fino a quando Jobs è stato a capo di Apple, il capo di iOS ha potuto godere della protezione del più alto dei referenti, ma ora intorno a lui resta poco margine: quello costituito dal successo della piattaforma iOS e dalle sue applicazioni, un margine che a fronte di un nuovo insuccesso potrebbe anche risultare del tutto eroso.
[A cura di Mauro Notarianni]