Nella giornata di ieri la notizia della carcerazione preventiva del numero 2 di Facebook, Diego Jorge Dzoran, reo per i giudici brasiliani di non aver ottemperato ad un ordine del tribunale con il quale si richiedeva a Facebook di rivelare i nomi degli utenti di un account usato per scambiare informazioni sul traffico di droga. A meno di 24 ore di distanza Dzoran è stato liberato.
E’ stato il tribunale dello stato brasiliano del Sergipe a revocare l’ordine di carcerazione preventiva per il vice presidente di Facebook in America Latina; il giudice Ruy Pinheiro ha infatti accettato le richieste degli avvocati difensori, rilasciando così il dirigente dopo una nottata dietro le sbarre.
L’arresto era stato eseguito direttamente dalla polizia locale, e come riportato da Repubblica, alla base ci sarebbe la mancata collaborazione dell’azienda alle indagini aventi oggetto messaggi su WhatsApp, app che è di proprietà del social network e tramite la quale ci sarebbe stato scambio di messaggi o di informazioni, ritenute dall’autorità brasiliana “imprescindibili per la produzione di prove da utilizzare in un’inchiesta su crimine organizzato e traffico di droghe”.
La vicenda, oltre a vivere di importanza propria, riflette da vicino la ormai nota questione dell’iPhone di San Bernardino tra Apple e FBI negli USA. Così come Diego Jorge Dzoran, anche Tim Cook infatti potrebbe essere arrestato nel caso in cui la società della Mela si rifiutasse di dare accesso all’iPhone incriminato dopo un eventuale ordine definitivo del tribunale americano.
Insomma, ancora una volta tiene banco la questione che vede contrapposta la sicurezza nazionale alla privacy degli utenti; una brutta notte per Diego Jorge Dzoran, che comunque ha visto un lieto fine nel giro di poche ore. Di segno completamente opposto, invece, il comportamento assunto da Blackberry, che ha deciso di consegnare alla magistratura italiana le chat criptate di alcuni narcotrafficanti, già tradotte e pronte ad essere utilizzate come prova.