Spotify, azienda svedese capace di giocare alla pari la partita con i colossi della musica del pianeta, ha fatto scuola. Perché limitare le ambizioni? Se lo devono essere chiesto, come domanda retorica ovviamente, quelli di Storytel, quando hanno avuto l’opportunità di comprare Norstedts. L’editore svedese è un pezzo di storia: nato nel 1823, ha pubblicato decine di premi Nobel ed è, per dire, la casa editrice anche di successi pop mondiali come la trilogia Millennium di Stieg Larsson. L’acquisizione da parte di Storytel è stato un fulmine a ciel sereno, che il quotidiano svedese Dagens Nyheter ha definito “il più grande cambiamento di sempre nel mercato editoriale svedese”.
L’acquisizione da parte dell’azienda che da dodici anni cerca di trasformare il mercato degli audiolibri con una prospettiva europea alternativa a quella del colosso Audible, acquistato da Amazon e adesso parte dell’esercito di Seattle, è mirata e non poteva avere un tempismo migliore. C’è stato anche lo “scandalo” in Svezia, tanto che il Ceo e fondatore di Storyst, Jonas Tellander (ex manager farmaceutico della svizzera Roche), ha dichiarato che “è una cosa notevole quella che abbiamo fatto e speriamo che il pubblico riconosca e apprezzi il fatto che il nuovo proprietario di Norstedts è comunque una azienda che si occupa di libri e di storie”. Ma adesso c’è di più.
La strategia di Storyst non può che essere quella di giocare una partita diversa dalla sua concorrenza. Dopo aver raccolto soldi in televisione, grazie allo show Dragons’ Den (una specie di game show dove le startup cercano soldi dagli investitori) ed essersi salvata dal fallimento, l’azienda ha tirato fuori il suo piano. Che è di giocare sulle altre lingue e tirare fuori una partita diversa da quella finora battuta da Amazon. Infatti, mentre Audible domina in inglese (Usa e Gran Bretagna) e tedesco (Germania, ovviamente), Storytel sta investendo su altre lingue e altri mercati. La capitalizzazione dell’azienda oggi è di 400 milioni di euro (ciopè 3,5 miliardi di corone svedesi) e con un titolo in Borsa in costante ascesa da due anni, Storytel basa il suo modello di business sugli abbonamenti: ci si iscrive, si paga un tot al mese e si ascoltano tutti i libri che si vuole. L’app è sia per iOS che per Android.
I mercati sono la Spagna, l’India, gli Emirati Arabi Uniti, adesos anche l’Italia e poi la Russia e altri. «Cerchiamo persone e opportunità giuste in tutti i mercati nazionali», dice il Ceo dell’azienda. Ci sono quattromila libri russi che devono entrare in catalogo, essere tradotti e poi prodotti, cioè letti in audio. Ma ci sono anche autoproduzioni in India, e altre produzioni per i mercati arabi e la Spagna. Con storie di autori locali, nuove forme di narrazione, nuovi modelli di business. Una strategia che fa il verso a quella di Netflix oltre che di Spotify, cioè con dei contenuti scritti e letti esclusivamente per Storytel. Delle esclusive. Con profitti che ancora sono minuscoli rispetto alla spinta, ma la diffusione degli apparecchi elettronici aiuta a far crescere il mercato.
Anche perché il totale del mercato degli audiolibri, secondo GoodEreader, è di circa 3,5 miliardi di dollari. Una fetta consistente sarebbe la ricchezza per qualsiasi azienda, europa o americana. «Senza contare – conclude il Ceo – che dopo che aziende che offrono sistemi in abbonamento come Spotify o Netflix entrano un un mercato, la chance che poi siano interessati anche a noi e si abbonino aumentano notevolmente: seguiamo le loro orme mercato per mercato, è una strategia che funziona».