Samsung sta valutando la possibilità di aumentare i costi di suoi semiconduttori fino al 20%, compresi quelli creati per altre aziende, elemento che comporterebbe un aumento dei prezzi in vari settori.
A riferirlo è Bloomberg spiegando che l’intenzione di aumentare i prezzi è la risposta all’impennata generale dei prezzi, inclusi i costi di materiali grezzi, e della logistica nella filiera produttiva. L’aumento finale dei prezzi sembra essere collegato alla raffinatezza dei materiali usati nella produzione, e significa che i vendor finiranno per pagare tra il 15% e il 20% in più per avere gli stessi chip di prima.
Samsung è un nome importante nell’industria dei semiconduttori: produce processori per una vasta serie di ambiti, incluse memorie e chip per lo storage, oltre a essere proprietaria di fonderie che consentono la produzione di altre tipologie di semiconduttori. Un incremento del 20% in tutti questi settori, comporterebbe inevitabilmente a una impennata dei prezzi per tutti i prodotti che sfruttano componenti di Samsung.
La decisione dell’azienda sudcoreana, spiega ancora Bloomberg, è un cambiamento rispetto alla finora relativamente stabile policy dei prezzi, nonostante la penuria globale di componenti. L’azienda si trova ad affrontare molteplici macro rischi, compresi la guerra in Ucraina, il lockdown in Cina, l’aumento dei tassi d’interesse e l’inflazione, elementi che hanno probabilmente stravolto i precedenti piani aziendali.
L’aumento dei prezzi potrebbe tradursi in costi maggiori per i produttori di smartphone, auto, console, ecc. Samsung e Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. (TSMC) sono responsabili di oltre due terzi dei chip esternalizzati prodotti al mondo.