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Safari 3 beta? Finalmente il browser Mac, linux style!

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Diciamo subito che la versione due (quella installata di default sui Mac) di Safari funziona bene, molto bene, per tutti quelli che navigano il web senza avere particolari esigenze. àˆ veloce e abbastanza compatibile con la maggior parte delle pagine web. Inoltre, è capace di restituire pagine graficamente perfette. Rimane, però, un browser praticamente inutilizzabile per chi voglia fare home banking o accedere a particolari siti. La sua compatibilità  con qualsiasi editor testuale è praticamente nulla. Semplicemente non funziona: o non accede alle pagine o non funzionano alcune caratteristiche essenziali delle applicazioni web.

La versione 3 beta risolve una buona parte dei problemi che affliggono le versioni precedenti: gli editor funzionano e le applicazioni di home banking si aprono senza problemi. Ed è perfettamente stabile, a patto di non utilizzare plugin sviluppati per le versioni precedenti. àˆ una buona notizia. L’utente mac ora dispone di un browser funzionante ed efficiente, veloce e compatibile con le maggiori applicazioni web: lavorare online è ora facile e intuitivo. Ora, tutti coloro che usano editor testuali online possono utilizzare sui propri Mac il browser Apple senza troppe remore. Funziona. Ed è questa è la differenza tra la versione beta appena rilasciata e le versioni precedenti.

Che il salto di qualità  sia significativo l’ha capito anche il team di sviluppo di Firefox rispetto al quale Safari non è finora stato un reale competitore. E se le reazioni del COO (Chief Operative Officer) di Mozilla alle dichiarazioni di Steve Jobs alla WWDC sono state da “guerra dei browser”, c’è anche chi – Mike Schroepfer, del team di sviluppo di Firefox – ha sottolineato positivamente l’arrivo del nuovo competitore: Safari su PC è una freccia in più all’arco di chi vuol abbattere i monopoli.

Bene. àˆ davvero così? Safari 3 public beta rappresenta davvero un salto di qualità  significativo rispetto alla versione 2? Per verificarlo, l’abbiamo provato su Joomla con un editor TinyMCE WYSIWYG (What You See Is What You Get), praticamente lo standard su un’applicazione web che ha ripetutamente vinto il Linux Award degli ultimi anni come miglior applicazione web Open Source. Il risultato è sorprendente. Laddove utilizzavamo Firefox per qualsiasi task, anche il più elementare, ora semplicemente l’abbiamo sostituito con Safari. Stesso discorso sul sito di Banca Intesa, prima addirittura inaccessibile.

Tutte buone notizie allora? Non proprio. il lavoro sotto il cofano è stato fatto, e bene. Ma non tutto funziona ancora come ci si potrebbe aspettare. Facciamo alcuni esempi. Il sito di Vodafone (www.190.it, sviluppato in jsp, per intederci) acquista la possibilità  di fare il login, ma non l’accesso alle varie funzioni dell’applicazione, mentre con Firefox tutto funziona senza incertezze.

Quanto alle GoogleApps la situazione – apparentemente – è la medesima che si verifica accedendo da Firefox. I documenti e fogli di lavoro funzionano, ma solo dopo aver eseguito in modo corretto il codice suggerito da Google all’avvio dell’applicazione (http://docs.google.com/?browserok=true). Il che, tra parentesi, significa che chi, come il sottoscritto, cancella qualsiasi informazione personale dal browser ogni volta che chiude una sessione di lavoro, si ritrova daccapo ad ogni accesso! La differenza sta nel codice prodotto dai due browser. Se noi – dopo un copia incolla da mail, per esempio – modifichiamo l’html prodotto dai due browser, il codice di Safari è più completo, ma anche più sporco. Nel caso di un semplice testo di poche righe non è un problema, ma nel caso di un copia incolla di molte pagine Safari si ostina a mettere informazioni di stile che andranno sistematicamente riviste e controllate per ciascuna linea di codice.

In sostanza, l’obiettivo è centrato. Safari public beta 3 è praticamente in grado di sostituire il browser Mozilla in quasi tutti i compiti in cui sia necessario lavorare online su applicazioni complesse. E questa è un’ottima notizia per gli utenti Mac e per una rete sempre più aperta alla competizione.

[A cura di Fabio Bertoglio]

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