La tecnologia di Safari aiuta la Cina a censurare i siti sgraditi al sistema politico nel territorio, un tempo, libero di Hong Kong. La notizia arriva da alcuni utenti Apple come Chu Ka-cheong, ingegnere informatico ed ex dipendente di Apple; il 30 dicembre Ka-Cheong ha notato l’impossibilità di accedere a siti come GitLab (piattaforma web open source pubblica), con Safari che mostrava un messaggio per indicare che il sito era stato bloccato per la presenza di “informazioni non verificate”.
L’accesso a GitLab è stato ripristinato alcuni giorni dopo, dice il sito The Intercept; né Apple, né Tencent hanno spiegato perché il sito in questione era stato bannato ma appare abbastanza chiaro che siano state sfruttati i filtri Safari che impediscono l’accesso a siti malevoli e in Cina questa blacklist è predisposta da Tencent – azienda cinese nota per lo sviluppo di vari software e servizi – che opera per censurare non solo siti malevoli ma anche sgraditi al regime, tra di essi anche siti importanti tra cui Google e Facebook.
Non è dato sapere quali siano i siti nella “lista nera”, ma sembra abbasta chiaro che se le cose stanno come dice The Intercept, anche in questo caso come in altre, Apple ha ceduto ad una richiesta che non si potrebbe definire propriamente come “democratica” della Cina.
Si tratta di una scelta che, come accaduto altre volte, appare contraddire, in virtù dei “rapporti” del tutto particolari con quel paese troppo importante economicamente, le sventolate, l’ultima volta solo un paio di giorni fa, politiche su privacy, liberà di pensieroe possesso esclusivo dei propri dati da parte degli utenti.
«Probabilmente», riferisce Charlie Smith, pseudonimo del fondatore di GreatFire – organizzazione non governativa che monitora lo stato di siti web e aiuta gli utenti a oltrepassare i blocchi imposti dal governo cinese sulla rete – «le persone acquistano i dispositivi Apple perché credono nell’azienda quando dice che “la privacy è un diritto umano fondamentale”; quello che dimenticano di aggiungere è “a meno che tu non sia cinese”».