Masayoshi Son, CEO della SoftBank, ha da poco condiviso la sua personale visione per ciò che concerne il futuro della robotica: entro 30 anni le macchine avranno hardware un milione di volte più potente del cervello umano. In termini numerici, spiega il CEO di SoftBank, il quoziente intellettuale deii computer supererà il punteggio di 10.000, contro il misero 100 fatto registrare da un essere umano medio, e circa 200 per i geni come Leonardo DaVinci o Albert Einstein.
Ovviamente, come riporta ubergizomo, Masayoshi Son si rende conto che la sola “potenza di calcolo” hardware non equivale a “intelligenza” in senso stretto, ma il gap tra i due termini potrà essere colmato dall’evoluzione software. Ad oggi le dichiarazioni sembrano anni luce lontane dalla realtà, ma da qui a 30 anni non è possibile fare alcuna previsione nell’uno o nell’altro senso: è certo, però, che nel corso degli ultimi 3 anni vi è stato un enorme progresso nel campo dell’apprendimento da parte delle macchine, tangibile anche nel campo degli smartphone e dei comuni mezzi di comunicazione più tradizionali. In questo campo i ricercatori hanno sviluppato nel tempo algoritmi in grado di riconoscere in modo sempre più preciso e affidabile le soluzioni, e di individuare la categoria su ciò che viene richiesto. Questi algoritmi, spiega ad esempio il CEO, possono essere “addestrati” a riconoscere “automobili” indipendentemente dal modello che viene mostrato loro; in altri termini, saranno in grado di riconoscere fari, ruote, forma generale, e altri elementi, così da capire cosa hanno davanti. Insomma, la macchina potrà iniziare a fare ipotesi o deduzioni, capendo così che si tratti di quello, o di quell’altro oggetto.
Alla luce di questo, Masayoshi Son sostiene che gli algoritmi di apprendimento, sempre più precisi, associati con l’aumento della potenza di calcolo e la disponibilità di reti sempre più performanti, rivoluzioneranno le nostre vite e il modo in cui si interagisce con la tecnologia.