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Per Sam Altman la rivoluzione AI non richiede nuovo hardware

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L’intelligenza artificiale non ha bisogno di nuovi dispositivi per entrare a far parte del nostro mondo. A suggellare un’idea ancora oggi non completamente chiara è Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, l’azienda che insieme a Microsoft ha dato la spinta decisiva a questo mercato attraverso (tra gli altri) il noto ChatGPT, una piattaforma che permette di chattare con l’AI per metterla al proprio servizio in svariati contesti e per una miriade sempre crescente di funzioni.

Anche se per decenni l’argomento è apparso come qualcosa di futuristico, all’improvviso l’AI è arrivata e, almeno secondo Sam altman funziona benissimo sui dispositivi che abbiamo tra le mani anche in questo momento, come gli ultimi top di gamma di Samsung che offrono già funzioni basate sull’AI; e tanti altri telefoni in circolazione sono comunque a prova di futuro perché «straordinariamente più che capaci» di supportare l’AI per come è fatta in questo momento.

Per quanto riguarda il mondo Apple sappiamo poi che l’ex designer Jony Ive già dalla fine dell’estate scorsa starebbe collaborando con Altman per sviluppare “l’iPhone dell’intelligenza artificiale“: di recente è saltato fuori che per andare avanti serve un miliardo di dollari e per la sua riuscita da dicembre si sarebbe aggiunto anche Tang Tan, che di iPhone fu per anni il deus-ex-machina dal punto di vista tecnico ed organizzativo. Insomma, promette bene e c’è da credere che non manchi ancora molto per saperne di più.

ChatGPT, via il CEO Sam Altman
Sam Altman – Foto di Steve Jennings/Getty Images for TechCrunch (da Wikipedia)

Ma se non serve chissà quale nuovo dispositivo per usare l’AI, questa possibilità – dice – comunque non va completamente esclusa: se proprio ce ne sarà il bisogno, è convinto che le persone saranno comunque «felici di avere qualcosa di nuovo» per poter accedere a questa tecnologia. Ancora più sicuro poi il fatto che non sarà lui ad occuparsene: il mercato hardware dell’AI sarebbe anche interessante – dice – ma nel costruire dispositivi lui è solo «un dilettante con poca esperienza».

L’app che ci cambierà la vita

L’AI di cui parla Altman però è anche altro: in ballo ci sarebbe infatti un’app che saprà «tutto delle nostre vite, ogni email e ogni conversazione che abbiamo avuto». Una specie di «collega super competente» a nostra disposizione per semplificarci la vita. È qualcosa che ancora si fa fatica ad immaginare, ma per farsi un’idea basti pensare che in confronto il ChatGPT di oggi «è incredibilmente stupido». L’app – dice – andrà oltre, sollevandoci da compiti nel mondo reale.

Ancora più interessante è il fatto che anche in questo caso non servirà chissà quale sofisticato dispositivo per poter usare tutto questo, poiché esisterà nel cloud.

Per Sam Altman la rivoluzione AI non richiede nuovo hardware

Cosa manca per lanciare l’AGI

Nell’intervista concessa al MIT Technology Review si è arrivati a parlare anche di ricerca sull’AGI (Artificial General Intelligence), ovvero un tipo di intelligenza artificiale in grado di ragionare altrettanto bene se non addirittura meglio degli esseri umani. La missione (dichiarata) è quella di portare “vantaggi a tutta l’umanità”, e OpenAI è tra quelli che ci starebbero investendo di più.

Ma per crearla bisogna prima svincolare l’AI dalla sua attuale e profonda dipendenza dei dati per l’addestramento. «Gli esseri umani sono la prova che esiste un altro modo per addestrare il cervello», e quando l’AI riuscirà a crescere senza bisogno di dargli in pasto archivi internet, giornali e blog, a quel punto – dice – avverrà la rivoluzione vera. Meta invece non è d’accordo.

Per approfondire il mondo delle intelligenze artificiali potete sfogliare gli articoli che la nostra redazione raccoglie periodicamente in questa sezionedi Macitynet.

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