Google ha annunciato i suoi risultati fiscali per il secondo trimestre del 2010, positivamente caratterizzati principalmente dal fatturato, in crescita del 24% rispetto all’anno scorso.
Fra i dati forse finanziariamente meno esemplificativi (perchè direttamente non portano benefici economici) ma certamente più interessanti dal punto di vista dell’evoluzione del mercato riguardano Android: il sistema operativo mobile di Mountain View mostra ancora una volta numeri ragguardevoli: ogni giorno vengono attivati 160.000 telefonini mentre le applicazioni sull’Android Market sono circa 70.000 (numeri ufficiali di Google).
Altrettanto significative sono le dichiarazioni del CFO Patrick Pichette e del Senior VP of Product Management Jonathan Rosenberg, secondo cui Android non è attualmente un prodotto verso il quale la società sta investendo risorse economiche che possano considerarsi ingenti; ciononostante il ritorno dato da Android in termini di ricavo promette davvero bene. Il motivo? le ricerche via telefonino. Secondo Google l’applicazione più usata dagli utenti Android è il browser, quasi sempre per effettuare ricerche. Infatti la mobile search è cresciuta del 300% nel corso della prima metà del 2010.
Dichiarazioni che stridono nettamente con quanto dichiarato da Steve Jobs durante la presentazione di iAd, quando l’iCEO sostenne fortemente come la ricerca non fosse un prerogativa della navigazione mobile e spostando così il fulcro dell’attività dell’utente smartphone sulle applicazioni.
Le dichiarazioni di Google smentirebbero tale considerazione, almeno per ciò che concerne i cellulari Android, il cui sistema operativo è effettivamente molto “search-centrico”, per evidenti ragioni, decisamente più di quanto lo sia iOS.
Tornando al bilancio vero e proprio, Google ha fatto sapere di avere raccolto profitti per 1,84 miliardi di dollari per il trimestre contro gli 1,49 dello stesso periodo dello scorso anno. I click che generano profitti sono cresciuti del 15%. I dati, pur positivi, sono inferiori a quelli stimati dalla media degli analisti di Thomson Reuters.
[A cura di Giordano Araldi]