L’obbligo di sandboxing, la tecnologia che costringe le applicazioni di Lion all’esterno di alcuni punti “strategici” del sistema operativo, limitando le operazioni che possono eseguire poggiando su di esso e su altre applicazioni a beneficio di maggior sicurezza, per chi vuole vendere i suoi programmi su App Store è stato spostato alla prossima primavera. Questo quello che si apprende da una nota diffusa agli sviluppatori questa notte da Apple che, con questa dilazione della data originalmente prevista per novembre, cerca di andare incontro ad alcune perplessità e richieste avanzata dalla comunità che ruota intorno al suo negozio in digitale.
Nonostante il sandboxing sia un fatto tecnico, la sua introduzione avvenuta con Lion è in grado di incidere sulle abitudini degli utilizzatori finali e questo non solo perchè viene innalzato il livello di sicurezza “nativo” oltre quello dei normali sistemi operativi tradizionali (e non a caso esperti hackers “bianchi” e analisti del settore hanno elogiato la scelta Apple) ma perchè la limitazione delle operazioni che un’applicazione è in grado eseguire, come aprire un documento o accedere alla rete, far svolgere determinati task ad un’altra applicazione, obbligheranno molte applicazioni a profonde modifiche, almeno se gli sviluppatori vogliono vendere i loro programmi su Mac App Store. Già oggi sono vietati alcuni tipi di applicazioni che accedono ad elementi che potenzialmente possono portare un pericolo al sistema, ma il sandboxing potrebbe costringere anche altri programmi che, ad esempio, si integrano con applicazioni Apple e sono in vendita oggi sul Mac App Store, a modificare profondamento il loro funzionamento.
Tra le applicazioni a rischio, Macrumors cita ad esempio quelle che s’integrano con iTunes (esempio Tagalicious e CoverSutra), quelle che interagiscono con iCal (esempio Fantastical), le app che consentono di richiamare la finestra di dialogo per la navigazione nel filesystem (esempio: Transmit), le applicazioni per sfruttare e creare scorciatoie (esempio: TextExpander), quelle per la sincronizzazione dei file e le utility di backup.
Apple ha indicato agli sviluppatori vari metodi per superare le limitazioni del sandboxing e assicurato che, almeno temporaneamente, terrà conto d’importanti eccezioni. Non è chiaro però se a un certo punto Cupertino comincerà a non accettare più sul Mac App Store applicazioni che per qualche motivo sfuggono all’obbligo del sandboxing. Con il rinvio a marzo del prossimo anno dell’obbligo del funzionamento nell’ambiente protetto, la speranza degli sviluppatori è che a Cupertino nel frattempo si studi una soluzione differente per le applicazioni che per un motivo o un altro non possono funzionare all’interno della sandbox.
Ovviamente gli sviluppatori potrebbero vendere le app non “conformi” al di fuori del Mac App Store, sfruttando i tradizionali canali di distribuzione, ma è ovvio che così facendo, soprattutto i più piccoli, avrebbero minore visibilità e possibilità di farsi conoscere.
[A cura di Mauro Notarianni]