«Siamo arrivati tardi nel segmento consumer. Dobbiamo tornare a rifocalizzarci sul mondo delle imprese e in abito governativo, dove abbiamo una posizione leader». Poche parole, quelle pronunciate dal CEO di Rim Thorsten Heins, ma che segnano la fine di un’epoca o, forse, di un’era mai neppure iniziata: quella del Blackberry come dispositivo per tutti, capace di funzionare indistintamente come gadget personale e come sistema per comunicare sul lavoro e in ambito professionale anche se un vero e proprio addio al mondo consumer non sembra si sia ancora consumato, almeno per ora.
L’annuncio sulla necessità di tornare a concentrarsi sulle imprese, è arrivato nel contesto della presentazione di risultati finanziari davvero molto dificili per il quarto trimestre fiscale dell’azienda di Waterloo: 125 milioni di rosso, il primo da sette anni a questa parte, fatturato in calo del 19% rispetto allo scorso trimestre e del 25% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Per l’anno il fatturato è stato di 18,4 miliardi di dolllari, il 7% meno dell’anno precedente. Considerando che tutti i concorrenti crescono a doppia cifra, come il mercato stesso, non si può fare altro che parlare di una sorta di disfatta. Anche i numeri dei dispositivi venduti sono pessimi: 11,1 milioni di Blackberry e 500mila Playbook. A titolo di raffronto Apple ha venduto lo scorso trimestre 37 milioni di iPhone e 15 milioni di iPad 2; in un week end Apple ha venduto 3 milioni di iPad 3.
«Qualche cosa deve cambiare – ha detto Heins -; I Blackberry non possono avere successo se tentiamo di piacere a tutti e portare di tutto a tutti i clienti. Dobbiamo accelerare l’offerta per le imprese e spingere su Blackberry Mobile Fusion, la piattaforma che consentirà di integrare i telefoni Blackberry e i tablet PlayBook con iOS e Android in ambiente professionale. Ci siamo fatti prendere di sorpresa da dispositivi come iPhone e Android e ora è troppo tardi per salire sul carro del “BYOD” (la tendenza a portare in azienda dispositivi personali da usare per il lavoro NDR)».
L’ammissione di errori e, se vogliamo, anche i colpevoli sono messi sotto i riflettori da una catena di dimissioni: se ne vanno David Yach, chief software technology officer, Jim Rowan, chief operation officer for Global Operations e soprattutto Jim Balsillie che di RIM è stato uno dei due fondatori (l’altro è Mike Lazaridis) e per 20 anni amministratore delegato dell’azienda canadese. Balsillie si era dimesso assieme a Lazaridis qualche mese fa per fare spazio a Heins, dopo le pressioni messe in atto dagli investitori.
Allo stato attuale delle cose non è chiaro quali saranno le mosse pratiche di RIM. Heins ha smentito l’uscita totale dal mercato consumer, anche se una riduzione degli sforzi in questo ambito sembra ormai scontata. Tra le ipotesi sul piatto una concessione in licenza del sistema operativo oppure, sulla via opposta, l’adozione del sistema operativo Android anche se la più probabile delle scelte sarà l’abbandono del consumer su alcuni mercati, quelli dove iPhone e Android dominano, per focalizzare l’attenzione su mercati emergenti con dispositivi a basso costo.
Gli analisti, per ora, preferiscono non sbilanciarsi; alcuni sostengono che l’abbandono del consumer è la giusta scelta, altri credono che attualmente sia praticamente impossibile creare un mercato di successo senza avere la capacità di fornire ai manager dispositivi in grado di svolgere un ruolo nella vita personale. Quello su cui tutti concordano è che RIM non ha più molto tempo; il lancio di Blackberry 10, la piattaforma di prossima generazione, è l’ultima chance. Mancare la finestra sarebbe, probabilmente, l’inizio della fine per RIM.