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Il Corriere della Sera ha intervistato Riccardo Biasini, un 31enne di Piacenza che è stato assunto da Comma.ai, la startup dell’ex hacker George Hotz che sta sviluppando un sistema per trasformare le automobili già in circolazione in veicoli a guida autonoma. Biasini lavora da un mese e mezzo nell’azienda che promette con meno di 1000 dollari di mettere a disposizione di tutti un sistema di guida autonoma applicabile alle auto attualmente in circolazione.
Dopo la laurea al Sant’Anna di Pisa, in ingegneria aerospaziale, e poi la specialistica in automotive, l’italiano è andato a fare un master alla Ohio State University (non prima di aver fatto uno stage di 3 mesi alla Dallara nel 2009) con una tesi specialistica su veicoli elettrici e frenatura rigenerativa. Voleva andare in Tesla, un sogno che è riuscito a coronare nel 2011 lavorando a 26 anni da subito sull’autopilot, diventando ingegnere senior e guidando il team dedicato al traffic aware cruise control (TACC) delle macchine dell’azienda di Musk.
Dopo quasi sei anni in Tesla (un tempo lungo per la Silicon Valley) è ora nell’azienda di Hotz, l’hacker che a soli 17 anni si fece notare per essere stato uno dei primi ad avere individuato un meccanismo per applicare il jailbreak all’iPhone. Dopo avere dedicato vario tempo all’iPhone, la nuova passione di Hotz sono le auto a guida autonoma, sbalordendo mezzo mondo riuscendo a costruire da solo una vettura a guida autonoma.
Biasini, “un tesoro di conoscenza e abilità”, è stato il secondo acquisto della startup dell’ex hacker «Ora siamo in sei, sempre nel garage, quello è il mio ufficio. Con Hotz sul software “intelligente” lavora Eder Santana. Due persone si occupano invece dei controlli, il lavoro di Riccardo. “È quella parte del software che controlla la macchina, cioè che lavora sui sensori – videocamere e radar – e sui comandi dell’auto e la loro reazione agli input del software».
L’obiettivo non è vendere il sistema ai produttori di auto ma direttamente ai clienti. Un sistema che punta a un livello di automazione 4 nella scala della Sae, la Society of Automotive Engineers, un livello al quale al momento nessuno è riuscito ad arrivare. Per arrivare a questo obiettivo, spiega Riccardo, serve un hardware che reagisca meglio dell’essere umano in caso di problemi, sia dal punto di vista sensoriale, sia per quanto riguarda l’azione conseguente. I sensori e “l’intelligenza” sono forniti dal kit integrato al quale la startup sta lavorando. “Non c’è nessuna modifica dei componenti dell’auto da fare. Tutto lavora con i fattori già esistenti sulla macchina”.
In un prossimo futuro, Biasini immagina auto in grado di assistere il guidatore quasi a 360 gradi. In un futuro ancora più lontano ma non troppo Riccardo immagina la nuova mobilità. «La macchina non sarà più un oggetto di proprietà, ma sarà un servizio: la chiameremo e lei arriverà, da sola, senza guidatore. Con una drastica riduzione dei costi rispetto ai servizi attuali come Uber» risolvendo il problema delle strade ingolfate, con lo sharing che permette un uso efficiente e costante, la manutenzione resa semplice dal monitoraggio automatico dei sistemi interni prevenendo i guasti invece di ripararli”.