Per “Reporter senza frontiere” (RSF), l’organizzazione non governativa che dichiara di avere come obiettivo la difesa della libertà di stampa, Apple fiancheggia il governo cinese nella censura e nella limitazione della libertà di parola. L’attacco deriva dalla scelta attuata dalla Mela di eliminare dall’App Store le VPN, app di vario tipo che consentono di navigare in rete in modo anonimo e più sicuro (cifrando il traffico di rete), tipicamente usate dagli utenti per evadere i meccanismi di censura del paese. L’uso delle VPN in Cina è ora considerato un crimine, anche se alcune tecnologie di questo tipo sono consentite in specifici ambiti aziendali.
RSF spiega in una lettera indirizzata a Ge Mahe, – la nuova Direttrice Amministrativa di Apple per l’area della Grande Cina – che con questa mossa, Cupertino mette in difficoltà i giornalisti e tutti coloro che cercano un modo di bypassare censure e controlli dello Stato che impediscono la visualizzazione di molti siti web per via dei loro contenuti o contenuti potenziali.
La lettera è sarcastica e offre “consigli” e “suggerimenti” vari per entrare nelle grazie del governo. Si suggerisce ad esempio di inserire nela ’homescreen” degli iPhone una foto del Presidente Xi Jinping stando attenti a non scegliere scatti che potrebbero somigliare troppo a Winnie the Pooh (il regime non ama l’associazione del suo presidente con il personaggio Disney), si consiglia ancora di eliminare dalla tastiera virtuale di iOS i tasti 4, 6, 8 e 9 perché potrebbero ricordare troppo l’evento del 4/6/89, noto come massacro di piazza Tienanmen, con l’uccisione di persone che reclamavano la democrazia.
Si propone ancora di pensare a un App Store “patriottico” con sole app controllate dallo stato, come ad esempio quelle di Xinhua (una delle due agenzie di stampa ufficiale della Repubblica Popolare Cinese) e della TV statale CCTV (che non fa altro che riportare le notizie seguendo i parametri imposti dal dipartimento della propaganda del Partito Comunista di Cina), l’app di messaggistica WeChat e il motore di ricerca Baidu. “Gli utenti cinesi” scrive RSF, “sarebbero riconoscenti della vostra protezione contro l’influenza della propaganda occidentale”.
La funzione per la condivisione dei contenuti su Apple TV e iTunes dovrebbe essere estesa “a quella grande famiglia che è il Partito Comunista Cinese”; si consiglia infine di regalare a ogni attivista, giornalista e blogger un Apple Watch per dimostrare l’impegno umanitario e permettere di monitorare il decadimento della loro salute in carcere.
“Se generalizzato”, scrive RSF, “l’approccio pragmatico scelto garantirà ad Apple i clienti dei governi autocrati di tutto il mondo consentendo ai suoi azionisti di diventare sempre più ricchi. A Cupertino i diritti umani sembrano pesare poco rispetto alle quotazioni di borsa”.
“Con un reddito annuale pari al PIL di Finlandia, Irlanda o Danimarca”, scrive ancora RFS rivolgendosi alla manager della Mela, “Apple potrebbe permettersi di essere un po’ più dura con le autorità cinesi”; “la libertà di informazione potrebbe diventare un distante ricordo nel dorato futuro digitale che state contribuendo a creare”.
Ricordiamo che Apple ha spiegato che la mossa si è resa necessaria per applicare le disposizioni del Ministero dell’industria e tecnologia dell’informazione che dall’inizio di quest’anno obbliga gli sviluppatori di VPN ad avere una specifica autorizzazione da parte del governo. Ovviamente non è solo Apple ad essere stata costretta a rinunciare elle VPN in Cina. Le direttive del Ministero dell’Industria e dell’IT cinese sono state recepite ad eempio anche dalla società Beijing Sinnet Technology, partner Amazon sui servizi cloud in Cina: ai clienti è stata chiesta l’interruzione dell’utilizzo delle VPN con giustificazioni simili a quelle di Apple, in altre parole la necessità di rispettare le leggi locali da parte dei clienti, che quindi non possono e non devono utilizzare strumenti tecnologici non consentiti.