Le nuove politiche di Apple per gli store alternativi sono state appena presentate ma c’è già chi sospetta che possano essere una sorta di trappola, almeno per i grandi sviluppatori. La ragione è nel cosiddetto Core Technology Fee applicato a tutte le app sopra il milione di installazioni.
Come funziona e che cosa comporta il Core Tecnology Fee l’abbiamo spiegato qui. In sintesi, secondo le nuove policy chi aderisce alle nuove politiche può vendere app senza alcuna commissione fuori da App Store, ma solo se non supera il milione di installazioni. Superando questa soglia sarà dovuto una sorta di canone da 0,50 centesimi di euro per ogni download, una volta l’anno, indipendentemente che l’installazione avvenga da App Store o da un altro negozio.
Nonostante Apple sostenga che solo l’1% degli sviluppatori potrebbe essere soggetto a questa regola, ci sono diversi casi che comporterebbero svantaggi tali da rendere l’opzione impraticabile.
Un esempio è Epic Games. Lo sviluppatore di giochi espulso da App Store per non avere accettato le regole Apple e che ora ha appena annunciato, in conseguenza all’entrata in vigore del DMA, il ritorno con un suo negozio, dovrà fare molto bene i suoi conti.
Ipotizzando di voler raggiungere i due milioni di giocatori con Fortnite, Epic Games dovrà considerare di pagare 1,5 milioni di euro all’anno ad Apple.
Per avere due milioni di utenti, infatti, Epic Games dovrà installare due milioni di negozi (che contano come un’applicazione) e poi due milioni di Fortnite. Questo significa che Apple a quel punto calcolerà in tre milioni le installazioni sottoposte al Core Technology Fee e chiederà ad Epic Games di pagare, appunto, 1,5 milioni.
La cifra è enorme e, come spiega correttamente Vadim Yuryev su X, lo sviluppatore dovrà faticare moltissimo per recuperarli visto che qui parliamo di un costo a fondo perduto al quale aggiungere quanto dovrà essere corrisposto da Epic per gli sviluppatori, il supporto e le infrastrutture.
Facendo qualche conto Epic potrebbe ritenere più conveniente accettare il nuovo contratto con il quale Apple le darebbe la possibilità di pagare sulle nuove commissioni il 17% o del 15% sulle transazioni restando all’interno di App Store senza lanciare un suo negozio proprietario.
Non è un caso che sempre su X, Tim Sweeney, Ceo di Epic Games, va già all’attacco delle nuove politiche definendole «un nuovo subdolo esempio di conformità dannosa» e lo schema di Apple come «illegale e anticoncorrenziale secondo il DMA, pieno di nuove tariffe spazzatura sui download e nuove tasse Apple sui pagamenti», aggiungendo ancora: «C’è molta altra spazzatura nell’annuncio di Apple. Ci vorrà del tempo per analizzare sia le parti scritte che quelle non scritte di questo nuovo spettacolo horror».
Il problema potrebbe essere della stessa portata anche se leggermente differente per chi semplicemente volesse distribuire la sua applicazione gratuitamente fuori dall’App Store. Basti pensare ad applicazioni molto popolari. Se anche lo sviluppatore non fosse interessato a creare un proprio store ma solo a stare anche su App Store alternativi dovrebbe aderire alle nuove condizioni di Apple e pagare 0,50 euro per ogni installazione sopra il milione.
Facendo qualche conto si comprenderebbe che questa opportunità, a suon di 50 cent per app scaricata sopra il milione, a sviluppatori come Meta (Whatsapp, Instagram, Whatsapp) Spotify, Telegram solo per citarne qualcuno, costerebbe decine di milioni.
Le regole corrono il rischio anche di distruggere le app Freemium. Un’applicazione che fosse molto scaricata perché gratuita e spinta sui social, se non dovesse poi monetizzare i download corre il rischio di mandare a gambe all’aria economicamente lo sviluppatore. Due milioni di download di un’app gratis costerebbero mezzo milione di euro anche se non arrivasse allo sviluppatore un solo soldo in tasca.
A questo punto, come nota e calcola lo sviluppatore Steve Troughton-Smith su Mastodon, non resterebbe altro che far pagare almeno 50 centesimi di euro per ogni applicazione ma questa strategia finirebbe per cancellare il concetto stesso di freemium e un intero mercato che conta invece sui download gratuiti per poi raccogliere abbonamenti o vendite in app.
Infine anche rilasciare una normale applicazione a pagamento potrebbe essere molto rischioso, se l’app fosse popolare. Come nota un altro sviluppatore Nikita Bier su X un’app scaricata 10 milioni di volte fatta pagare 1 euro porterebbe ad un incasso di 10 milioni di cui 6,2 andrebbero però ad Apple. Visto che un’app di questo tipo avrebbe importanti costi di sviluppo e di gestione e che poi si dovrebbero pagare anche le tasse sul guadagno, si comprende l’operazione non avrebbe alcun senso.
In termini pratici per i grandi sviluppatori la soluzione più razionale e sicura è non firmare il nuovo contratto e restare alle vecchie regole: dal 15 al 30% di commissione senza alcun costo per il Core Technology Fee.
Qualcuno come Techcrunch sembra dare credito a chi pensa che Apple con questa strategia, chiedendo 0,50 euro per ogni applicazione installata sopra il milione abbia mosso una leva molto discutibile che la porterà ancora allo scontro con l’Ue.
Cupertino infatti fa intendere di avere diritto ad una commissione per qualunque cosa giri sui suoi dispositivi. Se fosse così questo sarebbe contro lo scopo delle regole dettate dall’Europa. «Il DMA – dice il sito americano – è finalizzato ad incoraggiare la competizione riducendo la presa dell’App Store sull’ecosistema. Apple risponde aumentando la forza della presa spostandola su iOS e iPhone nella sua interezza»
Anche se non esiste un modello di business specifico descritto nella legge, l’UE, che per ora non si è pronunciata sul sistema presentato oggi, dovrà verificare se le regole stilate da Apple siano «oneste, ragionevoli e non discriminatorie», come dettato dai commi della legge. Nel caso non lo fossero, Apple dovrà spiegare la sua posizione e se l’UE non sarà convinta, potrebbe infliggere una multa pari al 10% del fatturato della Mela.