Macity è presente a Boston per vedere cosa succede nell’annuale conferenza di Red Hat, il colosso del software open source (in particolare Linux) dalla caratteristica fedora rossa. E le novità arrivano senza problema. In particolare, le novità questa volta sono mirate agli sviluppatori in una strategia particolarmente diretta e che lascia immaginare sviluppi futuri di allargamento del mercato di riferimento per l’azienda (che finora è stato quello delle grandi aziende).
La novità principale è Openshift.io, l’ambiente cloud di sviluppo per app native nel cloud di Software-as-a-Service (SaaS). In pratica, una IDE di sviluppo del software (come Xcode di Apple, per esempio, o Eclipse di Ibm) tutta nel cloud. Quersto permette a team sparpagliati in posti geograficamente molto diversi (come sempre più spesso accade nel mondo del codice) di lavorare assieme.
Costruire una IDE (Integrated Development Environment) non è per niente banale: si tratta di particolari software estremamente complessi che svolgono la funzione di manipolazione molto sofisticata di file di testo (i documenti che contengono il codice sorgente) e che solitamente non sono particolarmente facili da usare in ambiente collaborativo. Tanto che i sistemi di versionamento del codice nascono accanto alle IDE e hanno parecchie idiosincrasie.
Openshift.io è invece costruita soprattutto per lo sviluppo di progetti open source centrati su piattaforme basate su tecnologie di containerizzazione Kubernetes come fabric8, Eclipse Che e Jenkins come server di automazione. Inoltre, Red Hat si sposta sempre più verso i container e in particolare le due tecnologie più interessanti sul mercato: Kubernetes e Docker, e ha rilasciato il sistema di validazione e misura Container Healt Index, strumento considerato molto importante per gli sviluppatori. Inoltre, Red Hat ha portato avanti anche una serie di custom runtime per Openshift che permettono di semplificare il lavoro sui microservice basati su Node.js, Spring Boot, Eclipse Vert.x e WildFly Swarm.
I messaggi tecnologici che Red Hat spedisce dal Centro congressi di Boston sono estremamente chiari e diretti: il futuro è in alcune tecnologie tra le quali soprattutto i container, che permettono di avere carichi di lavoro molto più leggeri e gestibili nel cloud rispetto al tradizionale approccio con le macchine virtuali. È possibile una rinnovata e completa apertura di Red Hat anche agli sviluppatori indipendenti e alle piccole e medie imprese?