Kroll Ontrack, azienda specializzata nel recupero dati da hard disk, ha reso disponibili i dati del 2013 relativi agli interventi di recupero eseguiti sui dispositivi di storage all’interno della propria camera bianca in Italia.
Rispetto alle precedenti statistiche dell’anno 2012 risulta un ulteriore incremento dello spazio di memorizzazione dei supporti analizzati, che fa segnare il dato record di 1,3 petabyte di capacità complessiva messa sotto esame nel 2013 (+20% rispetto al 2012).
A conferma del peso crescente assunto oggi dai dati digitali nell’attività economica delle aziende e nella vita privata delle persone, il 2013 ribadisce lo spostamento del mercato dello storage verso tagli medi sempre più elevati: se nel 2012 il taglio più frequente era fino a 250GB (42%) nel 2013 questa percentuale è scesa al 32%, di contro il taglio superiore tra 251GB e 500GB è passato dal 38% del 2012 al 45% del 2013.
Il dato indica la crescente esigenza degli utenti italiani di disporre di maggiore spazio per lo storage, assecondata dal costo decrescente per GB. Come conseguenza la percentuale di interventi su dispositivi con capacità superiore a 1TB è cresciuta al 7,4% nel 2013 a fronte di un 5% nel 2012.
Quali i supporti inviati al recupero dei dati? L’hard disk, dato per spacciato a seguito della diffusione delle memorie flash, si conferma ancora una volta la tecnologia di memorizzazione digitale più utilizzata, con la stragrande maggioranza degli interventi di data recovery effettuati: 94,9% (91,5% nel 2012). In questo scenario tuttavia prosegue il trend di crescita di SSD e flash memory, sebbene gli interventi che riguardano questa tecnologia siano pari al 4,6% del totale eseguito, il numero di casi di perdita di dati gestiti su tali dispositivi sono più che raddoppiati. Tenuto conto della rispettiva diffusione delle due tecnologie, non si notano tuttavia particolari differenze nell’incidenza del danno tra SSD e hard disk. Tape e supporti ottici infine rappresentano la parte residuale degli interventi.
“Eseguendo un rapido raffronto tra il 2013 e il 2012 al livello di tecnologie abbiamo notato come il numero di interventi effettuati sui dispositivi SSD sia addirittura cresciuto del 140%” dice la società. L’adozione più diffusa di questi media si è dunque riverberata anche in un maggior numero di casi di recupero gestiti. Tuttavia, il primato durevole dell’hard disk al momento lontano dall’essere scalfito. L’hard disk è tuttora il principale supporto di storage in ragione dell’ampia capacità di memorizzazione offerta, del costo contenuto per GB e dell’affidabilità percepita: secondo un’indagine della società svolta nel 2013 solo 1 individuo su 3 considera l’SSD più sicuro di un hard disk tradizionale.
I Solid State Drive o SSD sono considerati più sicuri rispetto agli hard disk tradizionali in quanto i dati sono salvati in chip di memoria flash e non sulla superficie magnetica di piatti rotanti. In tal modo viene eliminata la possibilità di perdere i dati per danni meccanici, come ad esempio head crash (ossia i graffi che le testine incidono sul piatto quando urtano il disco) o problemi al motore. I dispositivi SSD possono però subire perdite di dati perché sono soggetti a danni ai chip flash e a problemi legati al tipo di tecnologia di memorizzazione.