Per chi come noi è abituato a testare cuffie perlopiù Bluetooth, doversi adattare nuovamente ad un cavo per la connessione suona un po’ strano, ma è anche vero che nel caso delle P9 Signature di Bowers & Wilkins si tratta di un prodotto davvero importante e la presenza del cavo, tra l’altro di notevole fattura, il test diventa un dovere e una opportunità.
Prima di iniziare a parlare nel dettaglio delle cuffie però è necessario capire di che cosa si tratta: le P9 Signature sono un compendio di bellezza e sofisticazione sotto tutti i punti di vista, iniziando dalla presenza fisica quando le si prende in mano sino alla resa musicale effettiva con diversi tipi di brani, dei quali parleremo più avanti in questa recensione.
Si perché maneggiare un paio di cuffie che costano quanto un iPhone non è cosa da poco e soprattutto non è cosa da tutti i giorni, anche perché qui l’impronta di Bowers e Wilkins è molto classica e dato che non sono presenti sistemi di riduzione del rumore esterno (come le nuove PX, ad esempio) lo sforzo è tutto concentrato nella qualità del suono.
Prima di provarle non ci saremmo attesi da un prodotto B&W niente di meno che l’eccellenza, ma il giudizio è molto sfaccettato, benché ottimo, e vi invitiamo a leggere sino in fondo questa recensione prima di trarre conclusioni affrettate
P9 Signature, la confezione è parte del prodotto
Considerata l’importanza che un’ammiraglia di questo tipo rappresenta per il marchio, la confezione non poteva essere che il primo passo nell’apprezzamento: l’apertura della scatola è semplice, ma allo stesso tempo importante: al suo interno trovano posto le cuffie, richiuse, e la custodia in velluto d’alcantara grigio semicircolare (molto simile a quello visto nei Surface di Microsoft), ottima per chi viaggia (dato che le cuffie, anche da ripiegate non sono propriamente piccole) ma anche per chi, come noi, usava metterle vicino alla TV la sera dopo l’uso (e all’interno della custodia stavano decisamente meglio).
Le cuffie sono realizzate in metallo satinato nella parte inferiore, mentre in quella superiore un cuscinetto di pelle morbida racchiude il tutto. Lo stesso materiale, ma a consistenza più rigida, è utilizzato per i cuscinetti dei padiglioni, facilmente removibili mentre il cavo, unico, che esce dal padiglione sinistro è in gomma morbida anti nodo.
Il cavo originale con Jack stereo da 3,5 mm è molto corto, più o meno una cinquantina di centimetri quindi adatto all’uso con device mobile, ma all’interno della confezione trova posto una prolunga, con annesso anche un adattatore Jack da 6,5 mm per chi ha una sorgente audio classica.
Anche il telecomando, adatto al controllo di device iOS, risulta identico a quello presente nelle cuffie di Apple, capace di controllare volume e riproduzione dei brani.
Le cuffie sono di tipo circumaurale, e circondano pienamente tutto l’orecchio, promettendo un isolamento parziale e naturale dal rumore di fondo esterno, senza l’uso di circuiti di attenuazione del rumore.
La gamma di frequenza va da 2 Hz a 30 kHz, con una impedenza di 22ohm e una distorsione del 0,2%: caratteristiche di primo piano per un prodotto che si fa notare tanto dagli amanti dell’Hi-Fi quanto da chi le prova occasionalmente, anche se secondo noi questo tipo di cuffie ha bisogno di persone competenti e appassionate di musica per essere realmente apprezzate
Il peso totale, di 413 grammi, è perfettamente bilanciato tra i due padiglioni e l’appoggio nella parte superiore della testa, tanto che anche dopo diverse ore di utilizzo non provoca fastidio o dollari, senza contare che, in casa o in ufficio, la pelle non ha prodotto nessun effetto serra all’interno dei padiglioni. Oltre alla morbidezza della calzata, abbiamo apprezzato anche il mantenimento della temperatura nelle orecchie (altri modelli più economici, dopo qualche ora producono un fastidioso innalzamento della temperatura all’interno dei padiglioni).
Infine, rimuovendo (facilmente) la parte gommata dai padiglioni, si nota che i trasduttori sono angolati rispetto all’asse delle cuffie, il che permette un più naturale effetto stereo, che abbiamo apprezzato molto di notte, guardando alcuni film sull’iPad utilizzando le P9 Signature per non svegliare moglie e figlio.
Musica, ma non solo
Chi scrive, non lo nasconde, è un amante delle colonne sonore e della musica sinfonica e questo modello ha rappresentato l’eccellenza in questo ambiente ed è proprio qui che abbiamo apprezzato l’estrema purezza del suono e la particolare ricercatezza di alcuni strumenti, perfettamente rilevati.
Partendo da Somewhere Over The Rainbow di Israel Kamakawiwo’ole, nella delicatezza del Ukulele, passando le chitarre attente di River and Sticks di Oakhurst sino a Bass Can You Hear Me di Beat Dominator, dove domina un a tratti eccessivo contrasto dal tamburello e dal sintonizzatore, finendo con la splendida armonia musicale di Englishman In New York di Sting, che alleggerisce tutto in un Pop cattivante ma dettagliato.
In tutti questi brani la cosa più interessante era assaporare il proliferare di tutte le sfumature dei brani, e anche laddove c’erano bassi importanti, la bellezza delle P9 Signature non ha mai confuso i vari strumenti, lasciando ben marcati tutte le tonalità.
Su brani più orchestrali e impegnati come Orinoco Flow di Enya o Nothing compares 2U di Sinéad O’Connor l’imperiale della voce che funziona come uno strumento e conduce la composizione è stata ben mantenuta, e anche se chi scrive avrebbe apprezzato una più profonda marcatura della voce, è innegabile che la resa (con iTunes privo di qualsiasi equalizzazione su un iMac 27 e macOS Sierra) sia modulabile con interventi manuali, che non abbiamo voluto apporre.
Anche il brano che di solito consideriamo uno spartiacque, Tell Me Now di Hans Zimmer (con la splendida voce di Moya Brennan), molto difficile da tenere in alcuni punti, ha mostrato un bellissimo bilanciamento tra la musica, la delicatezza della voce e i punti in cui la cantante recupera con dei respiri, che offrono spessore al brano.
Il modesto giudizio di chi scrive è che questi ambiti musicali siano la zona di competenza per questo tipo di cuffie, che si troverebbero quasi sprecate per ascoltare concerti Live, musica Hard Rock spinta e brani da discoteca, che pur suonando bene, non risvegliano tutte le potenzialità che queste cuffie offrono.
Discorso diverso nell’uso in multimedia: come già detto prima abbiamo usato le cuffie spesso di notte, nella visione di alcuni film o telefilm. Dal tempo quasi sprecato per “Atomica Bionda” sino all’intrigante “Bright” di Netflix, passando per il molto sopravvalutato “The Circle”, al divertente “Insospettabili sospetti” sino al divertente e appassionante “King Arthur: Il potere della spada” (che secondo noi valeva ben di più delle feroci critiche che ha generato).
L’uso di queste cuffie per un film è spesso quasi uno spreco, però è anche vero che l’estrema comodità, la ricchezza nei particolari e il cavo che non si intreccia mai (e che è della lunghezza perfetta stando stesi e usando un iPad) offre una bellissima esperienza, con un ottimo isolamento notturno.
Un gradito aiutino
Nel corso del test abbiamo anche avuto l’occasione di provare, assieme alle P9 Signature, un piccolo amplificatore USB di Audioquest, il DragonFly Red che sostanzialmente permette di connettere le cuffie analogiche via Jack ad una porta USB (lo trovate direttamente qui per l’acquisto al prezzo di 199,00 Euro)
Questo sistema permette di bypassare la conversione canonica eseguita dalla scheda madre sull’uscita analogica ma introduce un convertitore digitale/analogico di ben altra fattura.
L’apparecchio, che sostanzialmente ha le dimensioni di una chiavetta USB in metallo, e che si illumina durante l’utilizzo, permette di avere un segnale ben più forte dell’originale e in alta fedeltà.
Nei nostri test abbiamo riscontrato la medesima qualità delle P9 anche con il Dragonfly, ma con un segnale più forte (irraggiungibile utilizzando solamente il volume) e con tonalità leggermente più corpose.
Considerazioni
Un giudizio che non può che essere estremamente positivo quello sulle P9 Signature, anche se questa frase va letta con il giusto peso: il prezzo, l’alta profusione di soluzioni costruttive, la scelta dei materiali e, ovviamente, la resa ricca e articolata di diversi tipi di brani sono caratteristiche che necessitano da una parte di un palato in grado di apprezzarle e dall’altro di una aspettativa pari alla resa.
Quello che vogliamo dire è che queste cuffie valgono la spesa solo per chi sa che cosa sta acquistando, aspettandosi il risultato che avrà, compreso il cavo, che in questo settore di cuffie è una caratteristica imprescindibile per evitare un inevitabile taglio di frequenze (e il solito disagio della batteria).
D’altra parte di Bowers e Wilkins noi abbiamo più che apprezzato la risposta dei modelli P7 e P5, entrambi disponibili a prezzi più abbordabili e anche Bluetooth, ma che inevitabilmente non possono arrivare alla ricchezza, alla presenza e al dettaglio di queste P9 Signature per le quali il prezzo non è un parametro di confronto, ma una caratteristica distintiva.
[usrlist Design:5.0 Facilità-d’uso:4.5 Prestazioni:4.5 Qualità/Prezzo:3.5]
Pro:
- Linea classica e elegante
- Materiali di qualità
- Qualità senza compromessi
Contro:
- Il cavo è un po’ corto
- Resa adatta ad un pubblico maturo
Prezzo: 899,99 Euro (199,00 Euro aggiuntive se acquistate assieme all’amplificatore USB)
Bowers & Wilkins permette l’acquisto delle P9 direttamente dal sito della casa madre a 899,99 Euro, ma sono disponibili anche attraverso Amazon.it ad un prezzo più basso