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Recensione MacBook Pro 13 senza Touch Bar, la qualità costa

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La nuova versione del MacBook Pro di Apple si presenta in tre varianti: due per il taglio da 13 pollici (con e senza Touch Bar) e una per il taglio da 15 pollici, solo con Touch Bar.

Come è stato possibile vedere grazie ai teardown di iFixit per ciascuno dei modelli (Macity ha mostrato qui quello del 13 pollici senza Touch Bar, qui quello del 13 con Touch Bar e qui del 15 pollici) è evidente che le due versioni con Touch Bar di entrambe le taglie di schermo sono sostanzialmente piccole variazioni dello stesso progetto. Invece, il 13 senza Touch Bar è completamente un’altra macchina: interni diversi, raffreddamento diverso, sistema areazione diversa, casse audio diverse, scheda madre diversa, memoria diversa (SSD estraibile, ad esempio). Insomma, non sono semplicemente computer uguali a cui mettono e tolgono una striscia Oled al posto dei tasti funzione.

MacBook Pro 13 senza Touch Bar

Macity ha potuto provare inizialmente la versione senza Touch Bar, la cui denominazione ufficiale è semplicemente “MacBook Pro 13 pollici” late 2016 (l’altro modello, ci ha informato Apple, si chiama ufficialmente “MacBook Pro 13 pollici con Touch Bar e Touch ID”). Si tratta di una versione con SSD da 256 GB e 8 GB di RAM LPDDR3 da 1866 MHz, con il processore “base” Intel Core i5 dual core da 2 GHz. La scheda grafica integrata è la Intel Iris Graphics 540.

Il computer, di cui potete vedere qui l’unboxing, è arrivato con macOS Sierra nella versione 10.12.1. Come nella tradizione di queste “prove su strada”, abbiamo trasferito account personali e dati sulla nuova macchina, per poi utilizzarla come computer primario per due settimane. La procedura non è stata rapida perché sostanzialmente si è basata sul trasferimento dei dati e del download delle app via cloud: per la precisione dallo store di Apple a iCloud e Dropbox (entrambi gli account maggiorati e dotati di svariate decine gigabyte di materiali da sincronizzare). Per poter testare anche altre funzioni abbiamo anche scaricato qualche gioco (Tomb Raider, ad esempio) curiosi di vedere come si comporta il nuovo MacBook Pro 2016 anche in questo settore.

wifi macbook pro 2016 entry level

Pro e non solo

Durante il tempo che è stato necessario a trasferire tutti i dati sulla nuova macchina, c’è stato modo di riflettere su due o tre cose relative al posizionamento di questo apparecchio. Da un lato porta il nome di MacBook “Pro”, cioè destinato a una utenza professionale, come gli altri due modelli presentati lo scorso novembre. Tuttavia, nel corso del tempo questo significato ha assunto connotazioni diverse. Prima, da quando alcuni anni fa Apple ha nettamente separato le prestazioni dei modelli con schermo da 13 pollici (privi di scheda grafica discreta e con processori meno potenti) da quelli con schermo da 15 pollici (scheda grafica opzionale).

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Poi, con questa generazione 2016 la scheda grafica per i modelli con schermo da 15 pollici è diventata necessaria perché la scelta è l’unica che consenta di avere un output fino a risoluzione 5K che pilota due monitor esterni oltre al monitor “residente” del sistema.

Già si capisce che il suffisso “Pro” indica due utenti ideali abbastanza diversi per i due computer (con buona pace dei defunti utenti del MacBook Pro 17, vero “gigante buono” del settore). Un ulteriore cambiamento è arrivato quando Apple ha lanciato dapprima l’iPad Pro 12,9 pollici e poi ha trasformato la seconda generazione “Air” degli iPad tradizionale in un nuovo prodotto “Pro” con schermo da 9,7 pollici. Un altro cambiamento di senso per il nome “Pro”, che adesso indica un utilizzo di strumenti tablet anche da parte dei “professionisti”, ma senza distinguere per classi di utenti (a parte la resistenza in catalogo degli iPad Air II e degli iPad mini).

Quasi due anni fa Apple ha lanciato il MacBook 12, evidente campana a morto per il MacBook Air con schermo 11 pollici (che infatti da questo mese è stato ritirato dal commercio), mentre quest’anno è rimasto a listino il MacBook Air 13″ 8GB RAM minimo, in configurazione invariata rispetto all’anno scorso. Logica di questi riposizionamenti di prodotto e cancellazione di alcune referenze? Siamo evidentemente in una fase di transizione, tanto che Apple stessa, durante la presentazione del MacBook Pro 13 senza Touch Bar, ha voluto indicare chiaramente che si tratta di una alternativa pensata per attrarre gli utenti di MacBook Air che non vogliono ricomprare un MacBook Air 13 e non sono interessati a un MacBook 12.

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Taciamo invece dei Mac Pro e degli iMac, perché qui non sappiamo veramente quali saranno le prossime mosse di Cupertino. A quanto pare niente di nuovo per Natale, ma poi qualcosa dovrà succedere, l’anno prossimo.

Il prezzo del Pro

Comunque, sarà anche un anno di transizione, ma questo MacBook Pro 13 si presenta come una macchina molto interessante da questo punto di vista, e anche dal punto di vista del posizionamento di prezzo, dato che il modello base (quello in prova) di listino Apple costa 1.749 euro, mentre la versione base del Touch ID con schermo 13 pollici costa 2.099 euro e la versione di punta costa 2.299 euro (ma al massimo della configurazione il 13 pollici con Touch Bar può arrivare a costare 3.379 euro).

Il prezzo, insomma, è evidentemente più che robusto. Quello che appariva dalla presentazione di Phil Schiller è che sostanzialmente chi compra il MacBook Pro 13 pollici senza Touch Bar “base” prende la stessa macchina in versione “base” del Touch Bar ma risparmia 550 euro. In realtà, le cose non stanno per niente così: si prendono due computer decisamente diversi, anche come design della scocca.

Le dimensioni sono le stesse e anche la forma complessiva, ma ad esempio, dato che ha una termica diversa, il modello senza Touch Bar non ha bisogno di due feritoie laterali sul lato basso della scocca come invece il modello Touch Bar e i precedenti MacBook Pro con schermo da 13 pollici del 2015. E siccome quelle due feritoie vengono usate anche per far uscire l’audio, cambia da questo punto di vista completamente la disposizione interna delle cose con il 13 senza Touch Bar, e quindi gli speaker audio tornano a sedere sotto le due griglie ai lati della tastiera, eleganti (ma sovradimensionate rispetto alle vere dimensioni dei suddetti speaker). La potenza audio è ragguardevole e si nota una buona presenza di bassi e di medi: non ci si fa una discoteca ma si ascolta piacevolmente la musica o l’audio di un video in una stanza medio-grande.

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La tastiera invece è apparentemente la stessa con attivazione a farfalla di seconda generazione utilizzata anche sugli altri MacBook Pro 2016, e così anche per la trackpad maggiorata grazie alla tecnologia Force Touch che, rispetto a una attivazione meccanica, permette di risparmiare in spessore e avere superfici più grandi uniformemente attivabili con il tocco.

Il Force Touch è qualcosa che o lo si ama o lo si odia e c’è chi lo disattiva dal primo giorno, accontentandosi di avere un unico livello di click virtuale. Chi scrive ad esempio fa così, preferendo l’esperienza vicaria ma sempre coerente dei vecchi trackpad che quella simile agli schermi con Force Touch dei telefoni e dell’Apple Watch. Naturalmente è una questione di gusti e di abitudine.

Anche la tastiera è una cosa che o la si ama o la si odia. È nostra sensazione che i miglioramenti ci siano ma siano rimasti anche i due principali difetti (la rumorosità e la rigidità complessiva di escursione dei tasti) più il clamoroso autogol dei tasti freccia che hanno la freccia destra-sinistra fatte a tasto pieno anziché a mezzo tasto: autogol clamoroso per chi scrive senza guardare la tastiera perché gli spazi vuoti in quell’area erano fondamentali per orientare la mano destra.

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Sulla nuova tastiera, ma ci ritorneremo, in definitiva la nostra sensazione è che serva a convincere chi era perplesso ma non converta chi invece era decisamente contrario. Cioè, la nuova tastiera porta gli indecisi dalla parte dei positivi, mentre quelli a cui non è piaciuta la versione di tastiera del MacBook 12 in buona sostanza non troveranno piacevole neanche questa. E qui si potrebbe aprire un dibattito senza fine relativo al bisogno di “affilare” ulteriormente il design di macchine come i MacBook Pro quando la vocazione, secondo molti, sarebbe stata quella di mantenere lo spessore di prima e aumentare la batteria e la potenza “bruta” dei prodotti. Ma non è questa la sede.

Un’altra voce a favore della differenza genetica tra i MacBook Pro 13 late 2016 e i MacBook Pro 13 con Touch Bar e Touch Id late 2016 è data dalla più generosa dimensione della batteria del modello senza Touch Bar. Come si ripercuota sull’autonomia è difficile dirlo in maniera assoluta perché non abbiamo ancora avuto modo di testare la macchina equivalente in configurazione base con Touch Bar, ma si è trattato di una delle migliori sorprese di questo computer senza Touch Bar, che vanta una ottima resistenza di batteria, oltre alla bellezza delle schermo (quello sì, identico fra i vari modelli).

Una lunga strada per chi viene dal MacBook Air

Quelli di Apple hanno detto e ripetuto che il MacBook Pro 13 late 2016 è la macchina ideale per chi viene da un MacBook Air e non desidera ricomprare – fino a che è ancora disponibile – un altro MacBook Air per varie ragioni tra le quali l’architettura più vecchia, le prestazioni inferiori, lo schermo nettamente inferiore, il tutto con un peso sostanzialmente simile (pochi grammi di differenza) e uno spessore minore a questo punto a favore del MacBook Pro. Infatti, mentre il Pro è più sottile dell’Air nella parte più alta di quest’ultimo, è ovviamente più spesso in quella più sottile. Ma nel complesso è più piccolo, compatto e filante, con una maggiore eleganza. Esteticamente, da chiuso, si presenta come un prodotto migliore. La portabilità è perfetta.

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Una nota sul modello in prova, color grigio siderale: la cosa più bella di questa versione è che il colore cambia moltissimo a seconda di quanta luce ci sia nell’ambiente e soprattutto a quanta luce diretta riceva. In alcuni momenti sembra solamente argento un po’ più scuro, in altri sembra praticamente nero. È quasi ipnotico e rende benissimo, anche e soprattutto con la mela posteriore solo serigrafata e finalmente non più luminosa, che trasformava i MacBook in rificolone pubblicitarie della Apple.

Chi scrive utilizza da sei anni il MacBook Air prima 13 e poi 11 pollici. Abbiamo testato anche le varie altre macchine uscite nel frattempo, potendo testimoniare la performance ridotta (e l’autonomia ridotta) dei MacBook 12, e la crescente compattezza delle macchine Pro. Con quest’ultima generazione, in effetti il gap con gli Air è colmato e oserei dire sostanzialmente superato. Non aveva e decisamente oggi non ha più senso aspettarsi che Apple metta uno schermo da 13 pollici Retina sul MacBook Air, perché adesso c’è un computer complessivamente più snello e dello stesso peso che ha prestazioni da Pro. Quello che gli manca sono un paio di ore in più di batteria rispetto a una performance di per sé notevole di dieci ore piene, per raggiungere il mito del MacBook Air 13 che non si ferma prima di dodici ore di utilizzo ininterrotto e spesso le supera non di poco. Ma non si può pretendere che un sollevatore di pesi abbia il fisico di un maratoneta.

Quindi per tutta questa prova,abbiamo utilizzato il nuovo Pro considerandolo una costosa alternativa a un MacBook Air e non una versione più economica del Pro con Touch Bar e Touch ID. Non è una differenza di mentalità da poco, perché come vedremo il Pro 13 pollici è un notevolissimo computer, veloce e prestante, che raccoglie sicuramente in pieno l’eredità degli Air.

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Belle e brutte sorprese

Durante i primi due giorni di utilizzo, passati a fare sincronizzazioni varie e ad aspettare che tutti i sistemi interni trovassero un loro equilibrio (indicizzazione dei file, regolazione dell’autonomia della batteria e varie altre cose), ci siamo astenuti da prendere appunti sulla performance del Pro, notando solo che il sistema appare veramente rapido e che se non altro l’SSD sembra essere anche “a pelle” veramente più veloce.

Passati i due giorni di quarantena, abbiano iniziato a maltrattare il computer, sottoponendolo a tutti i test possibili: da quelli di durata nella riproduzione di video a quelli di sessioni di gioco “duro”, fino alle decine e decine di tab Safari lasciate aperte, all’utilizzo di siti particolarmente “pesanti”, alla gestione di testi particolarmente lunghi, presentazioni Keynote con transizioni toste, fogli di calcolo di consistenti dimensioni, editing di foto con Apple Foto e con Adobe Lightroom, e decine di altre attività che di solito stressano batteria e processore.

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Nessun test è stato fatto in maniera scientifica e anodina, misurando performance in astratto, anche perché i computer non vengono usati in laboratorio ma sul campo, e non si passa il tempo a far girare Geekbench ma si cerca invece di giocare a “Bioshock Infinite” con un framerate decente o più che decente. Con questa macchina Apple cerca di ribadire che ha potenza non solo nei prodotti da scrivania (soprattutto negli iMac, in questo momento le macchine più bilanciate della linea di Apple) ma anche tra i portatili. Ci è in parte riuscita.

La macchina ha reso più che bene con i giochi, anche se ovviamente la batteria si consuma molto più rapidamente e la ventola si fa sentire, oltre a mancare una scheda video discreta. E comunque le cose da dire ci sono anche qui: ad esempio, la ventola è una ventola unica (anziché le due ventole del MBPro 13 con Touch Bar e Touch ID, che ha quindi una termica differente e più aggressiva) e decisamente silenziosa grazie al profilo asimmetrico delle pale. Per una resa “più che bene” con i giochi intendo prestazioni decenti sui 30–60 fps con Tomb Raider e con altri giochi altrettanto recenti, o con Eve online (appena diventato free per Mac e PC).

La resa migliore invece si ha con attività differenti: dalla visione di film sino all’attività su web e posta elettronica, il MacBook sfodera una autonomia di batteria assolutamente di tutto rilievo. Le dieci ore si raggiungono con facilità e, se si tiene la luminosità sotto la metà con Bluetooth spento e senza utilizzare troppi servizi in background (servizi di backup attivi anche solo per Time Machine, servizi di monitoraggio delle attività del sistema) tenendo selezionata l’opzione “metti in stop i dischi rigidi quando possibile” (anche se adesso sono diventati SSD), il risultato delle dieci ore è abbastanza garantito.

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Un Pro molto Air

Un aspetto che ha colpito negativamente molti, e che per chi scrive è abbastanza relativo seppure da appuntare con una postilla, è quello riguardante le porte di connessione. Il MacBook Pro ha la Thuderbolt 3 e due porte Thunderbolt 3 con spinotto USB-C, entrambe sul lato sinistro del computer (sul lato destro c’è il mini jack audio, che funziona sia da out che da in, più comandi volume e avanzamento, con il jack a tre stadi ma che ha perso la raramente utilizzata entrata/uscita ottica). Sia questo modello che quello con Touch Bar e quattro porte USB-C sono stati fortemente criticati.

macbook airAddio a MacBook Air: con i nuovi MacBook 2016 dimensioni ridotte e potenza vanno a braccetto

La critica è sempre relativa alla riduzione a un unico tipo di porta con annesso “fiume” di adattatori da portarsi dietro. Chi scrive ha ricevuto in test, assieme al MacBook Pro, anche una dotazione abbastanza ricca di adattatori: Thunderbolt 3 a Thuderbolt 2 (che è bidirezionale e si può quindi usare per connettere una unità esterna Thuderbolt 2 a questo MacBook Pro, oppure per connettere una nuova unità esterna Thunderbolt 3 a un MacBook con Thunderbolt 2), cavo USB-C a Lightning (per connettere l’iPhone e l’iPad, vedremo tra un attimo), cavo USB-C lungo due metri anziché uno e variante Belkin dello stesso cavo, e anche adattatore USB-C a HDMI. In più, c’era già disponibile in redazione (grazie a Matteo Discardi) un dock nero Kensington molto leggero e spartano con una uscita porta HDMI, una porta VGA. una porta USB 3, una porta GigaEthernet ma nessuna porta USB-C passante per la ricarica (non serve perché ce ne sono due sul computer).

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In pratica, è stato usato solo due volte il dock (una per caricare una chiavetta USB, una per attaccarsi a un proiettore con VGA e fare una presentazione) mentre gli altri adattatori sono stati praticamente inutilizzati, tranne che il cavetto USB-C a Lightning però attaccato al caricabatterie del MacBook Pro per ricaricare l’iPad Pro 9,7 e l’iPhone 7 Plus, eliminando così il bisogno di un altro paio di caricabatterie nella borsa).

Non che gli adattatori USB-C in generale non possano servire, ma in realtà non sono serviti praticamente mai. Insomma, forse non è chiaro a molti ma ormai la stragrande maggioranza degli usi di questi apparecchi – intendo dire dei MacBook – avviene in modalità esclusivamente wireless. Davvero, è come chiedere di avere un lettore CD e DVD sul computer: c’è sicuramente qualcuno a cui serve e che adesso pensa di scrivere qualche commento infuocato, ma aver bisogno del lettore CD è più un suo problema che non quello della stragrande maggioranza delle persone che non lo utilizzano più da tempo. Non piacerà, ma è così che va.

Ancora, la mancanza del MagSafe (il precedente sistema di connessione magnetica “light” per la carica, che si sganciava se strattonato) è anch’essa un problema molto relativo. Oggi si carica il computer molto meno rispetto a quando è stato presentato il MagSafe nel 2006 (l’autonomia non superava le due-tre ore), e il rischio di usarlo in un ambiente di lavoro mentre carica è molto più basso, così come è più basso quindi il rischio che qualcuno passando inciampi nel filo e tiri il computer per terra. Piuttosto, la mancanza del MagSafe si sente perché è più fastidioso azzeccare il buco della USB-C per la ricarica (il MagSafe si agganciava magneticamente e quindi trovava da solo la sua strada) e inoltre, a coperchio chiuso, la mancanza di una luce arancione-verde che dica se il Mac si sta ancora caricando o se ha finito è una cosa che troviamo abbastanza fastidiosa.

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Bye Bye MagSafe

Postilla relativa alle due sole USB-C tutte sul lato sinistro, rispetto alla versione a quattro porte suddivise su entrambi i lati dell’altro modello 13 pollici: il vantaggio in questo ultimo caso è di poter spostare l’alimentatore sul lato che si preferisce, senza grandi problemi se a casa o in ufficio la postazione stabile ha la presa elettrica dall’altra parte (come purtroppo per la legge di Murphy capita sempre a chi sta scrivendo questa recensione). Invece, la possibilità di utilizzare la batteria esterna dell’iPhone/iPad anche per ricaricare la batteria del MacBook Pro in caso di emergenza è una opzione molto interessante. Le ultime versioni di batteria da 10mila e più mAh e degli alimentatori multipresa di terze parti hanno spesso una connessione USB-C e l’utilità per lunghe trasferte appare evidente.

Conclusione

I punti di forza di questo computer sono sicuramente lo schermo e l’autonomia. Dell’autonomia abbiamo detto, la bellezza dello schermo, con gamma del colore “espansa” come per l’iPhone 7 e l’iPad Pro 9,7, c’è poco da dire se non che va provato: è una droga per gli occhi dalla quale è molto difficile disintossicarsi. Il vero problema è tornare dopo sui vecchi computer con schermi non Retina.

La potenza del processore e scheda grafica integrata sono più che decenti e per chi viene dal MacBook Air sono un sostanziale passo in avanti. Anche la velocità dell’unità SSD aiuta molto la performance complessiva: qui ci sono svariati benchmark e anche l’esperienza empirica della prova che lo indica. Il disco di questa macchina è un missile.

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Chi lo può comprare? Non lo considero una alternativa necessaria a chi ha un MacBook Pro 13 di uno-due anni fa. Mentre per i possessori di macchine più “anziane” questo MacBook Pro 13 late 2016 è un validissimo upgrade, oltre che per tutti i MacBook Air. Ricordate che su questa macchina non è possibile aumentare la RAM dopo l’acquisto e anche sulla scheda SSD, che risulta essere non saldata dal teardown di iFixit, ci sono perplessità perché è dotata di controller e connettori proprietari di Apple: probabilmente per uno o due anni non sarà possibile aumentare lo storage interno.

I difetti a nostro giudizio sono sicuramente il prezzo (cinquecento euro meno del modello con Touch Bar ma cinquecento euro più del MacBook Air 13) e la tastiera, che migliora ma rimane però molto piatta e faticosa per chi scrive molto. Nella nostra prova di due settimane abbiamo fatto più refusi che con quella vecchia: non vorremmo una tastiera tedesca meccanica stile macchina per scrivere, ma una più silenziosa e con tasti più comodi normali per il nostro lavoro sarebbe perfetta. Abbiamo già detto dei tasti freccia ora con dimensione completa: sappiamo che è una lamentela solo nostra, ma temiamo di doverci rassegnare. Il nuovo trackpad invece è generoso e aiuta a fare molte cose meglio: nelle nostre prove non abbiamo avuto problemi di contatti non voluti con il palmo delle mani (Apple dice di aver migliorato il sistema di analisi del tocco per potenziare la “palm rejection”) se non in pochissimi casi. Non è comunque un grande problema e neanche uno piccolo.

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La cosa importante da capire è che questo MacBook Pro 13 pollici senza Touch Bar late 2016 è una macchina a se stante, pensata e costruita in maniera differente dal modello con Touch Bar e Touch ID. Le differenze possono sembrare minimali ma in realtà sono numerose e di sostanza. L’architettura interna è differente, il processore e la scheda logica sono differenti, così come la gestione delle termiche e del raffreddamento sono differenti, la ventola è una sola, il progetto della scocca è differente.

La nostra sensazione soggettiva finale, basata sull’esperienza di uso e di test di questo e di dozzine di altri Mac portatili prodotti negli ultimi quindici anni, è che siamo davanti a un computer particolarmente ben riuscito. Non sappiamo e non possiamo dire lo stesso del modello con Touch Bar fino a che non l’avremo provato, ma questa macchina “umile” e apparentemente secondaria, destinata a intercettare il gruppo residuale degli utenti che provengono dal mondo Air o dal mondo Pc e non puntano in alto, è invece decisamente un ottimo computer.

Senza fronzoli, senza la novità della Touch Bar (che abbiamo potuto vedere e rapidamente provare ma non testare a lungo come questo computer), il MacBook Pro 13 late 2016 è davvero un buon prodotto. Consigliata la versione grigio siderale, non fosse altro per rompere la monotonia di quindici anni di prevalenza dell’argento dell’alluminio. E non temete le USB-C: non solo questi connettori sono qui per restare, ma già oggi, con uno o due adattatori al massimo (oltretutto scontati fino al 31 dicembre), vanno più che bene.

Il vero tema di fondo è casomai legato alla strategia di Apple, che quest’anno non appare essere chiaramente definita. Forse ci sono nuovi prodotti o abbassamenti sostanziali di prezzo che più avanti ci faranno capire meglio. Ad esempio, il primissimo MacBook Air del 2008 costava molto caro quando è uscito (paragonabile al MacBook 12 di oggi), ma dopo due anni e mezzo il prodotto è stato rivisto (sono nate le due varianti da 11 e da 13 pollici) il prezzo è stato ridimensionato e poi è sempre sceso fino a diventare l’entry level di una intera generazione di utenti, come l’iBook e MacBook bianco prima di lui. Succederà la stessa cosa con questo MacBook Pro 13 senza Touch Bar e/o con il MacBook 12? Sono due macchine che performano in maniera molto diversa e pensate per due pubblici e due utilizzi profondamente diversi (non c’è verso di sbagliarsi sulle due differenti vocazioni) ma hanno lo stesso problema: un prezzo troppo elevato rispetto al loro posizionamento ideale.

Oggi una scuola, una azienda o uno studente che vogliano saltare a bordo del mondo Mac hanno pochi punti di entrata e piuttosto sfuggenti, se si fa un ragionamento basato sul budget. E il ragionamento basato sul budget alla fine lo si fa sempre.

Certo, come sappiamo il costo totale di possesso (TCO) del Mac è inferiore, il che vuol dire che serve meno manutenzione e l’arco di vita del prodotto è tendenzialmente maggiore della media dei PC (quattro o cinque anni senza problema, di solito). Se insomma ci si può permettere di pagare dai 1.700 euro in su, non ci sono problemi. Addirittura si rischia di risparmiare se si compra il MacBook Pro 13 late 2016 anziché uno dei bestioni del mondo PC, leggeri e potenti ma anche piuttosto fragili e rapidi nel diventare obsolescenti.

Se invece si cerca qualcosa che viaggi sui mille euro, con l’eccezione del MacBook Air 13 citato all’inizio di questa recensione (e che sostanzialmente ha il problema dello schermo non Retina oltre che di un principio di obsolescenza), in realtà altre strade economiche per Apple non ci sono. Questo, a mio avviso, è un problema: non tanto del MacBook 13 late 2016 con o senza Touch Bar ma di Apple come azienda. Vediamo cosa succederà nei prossimi uno-due anni.

Pro
Leggero come un Air
Schermo favoloso
Grande autonomia
Potenza molto buona

Contro
La tastiera migliora ma ancora non ci siamo
Prezzo davvero elevato per essere il nuovo entry level
Sogniamo sempre un modulo 4G/LTE con SIM virtuale Apple

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