È il computer portatile che Apple avrebbe dovuto fare tanto tempo fa. Non c’è niente che non vada, e l’uso prolungato del nuovo MacBook Pro 13 M1 per alcune settimane, in ambiente certamente “chiuso” (dato che a causa della pandemia non si può viaggiare) ma realistico d’impiego, fa capire molte di quelle che le sue peculiarità, i suoi punti di forza e i suoi punti “normali” (di debolezze non sentiamo di poterne parlare) dato che alla fine si tratta sempre di un normale manufatto. Anche se – e ve lo diciamo senza esagerazione e consapevoli di non aver mai scritto una cosa del genere prima – questo MacBook Pro 13 M1 sembra provenire dal futuro, altroché.
Ecco il nuovo/vecchio MacBook Pro 13
Per quanto riguarda scatola, impacchettamento, forma fisica della scocca e tutte le altre caratteristiche del MacBook Pro 13 con processore M1 non c’è niente da dire. È identico alla generazione precedente con processore Intel. Il senso di questo computer non è scoprire novità su come funziona la tastiera, su come si presenta lo schermo o sulla bontà dei materiali e dell’assemblaggio (ottimi).
Non c’è dunque alcun unboxing da fare, se non notare un fatto: questo computer ha le stesse identiche caratteristiche del MacBook Pro 13 a due porte tradizionali. Quindi, ha solo due porte USB C – Thunderbolt 3 sul lato sinistro mentre sul destro c’è solo il mini-jack audio. Invece, “sotto”, mancano le due lunghe feritoie laterali per il raffreddamento e la circolazione dell’aria, esattamente come per il fratello gemello Intel. La scocca, la tastiera, il monitor, le porte di I/O, sono tutte uguali. E sono ottime, con l’aggiunta che il processore M1 potenzia la risoluzione della videocamera grazie a un algoritmo più sofisticato (e nelle videoconferenze siamo a livelli di iPad Pro). Ma è l’unica cosa. Il test quindi è solo sul “motore”, cioè la novità del chip M1 nella vita di tutti i giorni.
I benchmark sono tutti ottimi
Abbiamo verificato, ma non vogliamo annoiarvi con questo perché non era l’obiettivo della prova, che i benchmark “a freddo” e “a caldo” del MacBook Pro 13 vanno alla grande, proprio come vanno bene quelli del Mac mini che abbiamo recensito qui e del MacBook Air. È verificata e provata la principale differenza tra il MacBook Pro 13 e l’Air, cioè la presenza di un impianto di dissipazione attiva nel primo che permette di avere prestazioni di punta in maniera più sostenuta grazie alle ventole. Che comunque, non sentirete mai nell’impiego normale e neanche in quello “più che normale”, cioè quando premete sull’acceleratore. Ma lo vediamo tra un attimo.
Rosetta 2 fa miracoli
Se c’è una cosa che colpisce veramente del nuovo Mac è quello che si trova dentro Monitoraggio Attività, l’app di sistema che consente di vedere cosa sta girando e come sul Mac. E che permette anche di vedere quanti processi “Intel” e quanti processi “Apple” (cioè nativi ad Apple Silicon) sono attivi. È impressionante perché i quattro quinti dei processi sono tutti Apple. E attenzione, non stiamo parlando di singole app, bensì di tutto quel che gira. Questo dà l’idea del livello di ottimizzazione ed evoluzione a cui siamo già giunti.
Ma c’è un blocco di prestazioni con l’uso del software sotto Rosetta 2, il layer software che permette la transcodifica e l’esecuzione del software per architettura Intel? La risposta è semplice: no. Abbiamo giocato (Tomb Raider e altri), lavorato, utilizzato app di servizio (Dropbox), addirittura tutta la nostra installazione di Homebrew per portare avanti la parte di lavoro a riga di comando sul Mac. Per fare quest’ultima cosa abbiamo selezionato le informazioni sulla app Terminale (e poi su iTerm 2) e selezionato il funzionamento con architettura Intel anziché quello nativo Apple Silicon. Questo permette automaticamente a Terminale di installare la versione Intel di Homebrew e quindi di andare ad eseguire il codice delle app binarie (e fare la compilazione di quelle di cui arriva il sorgente) tramite Rosetta 2. Ottimo.
Cosa dire? Funziona tutto, non si impalla niente ed è quasi imbarazzante il rischio di “scivolare” attraverso la prova sul campo senza rendersi conto di ostacoli e ruvidità, semplicemente perché non ce ne sono. Però non è magia: gli 8 Giga di RAM finiscono e ci sono alcuni software che sono pessimi cittadini dell’ambiente Mac, a partire da Dropbox, un servizio un tempo ottimo che adesso si è montato la testa e cerca di fare i suoi comodi all’interno del Mac (un sacco di processi ingiustificati e ingiustificabili che girano consumando risorse informatiche) e non può essere limitato ma solo spento.
C’è anche Chrome, il browser di Google, che è diventato un pessimo cittadino alla pari di Adobe e Microsoft e che, per quanto riguarda chi scrive, sul suo Mac non entra più: c’è anche chi spiega come fare a sradicarlo perché infila software attivo nella “pancia” del Mac e non si può toglierlo, e rallenta oltre probabilmente a “spiare” il Mac.
Le app per iOS/iPadOS sono ancora indietro
Abbiamo ovviamente sperimentato la possibilità di utilizzare le app sviluppate direttamente per iOS e iPadOS, che possono essere provate su Mac senza problemi. Negli scorsi giorni Apple ha rimosso questa possibilità, che in queste ore è tornata ma non si sa per quanto tempo rimarrà disponibile. Qui però invece le ruvidità ci sono, soprattutto per tre motivi. Il primo è che molti sviluppatori hanno bloccato volontariamente la disponibilità della loro app per Apple Silicon su Mac. È una opzione esplicita che gli sviluppatori quando sottopongono le app sull’App Store di Apple.
La seconda è che molte app disponibili sono “abbandonate” o comunque non aggiornate da un po’ dagli sviluppatori: l’opzione di scelta non è stata selezionata e di default sono disponibili ma con l’avvertimento che potrebbero non funzionare. Molte non funzionano: vanno in crash, non riescono a funzionare dentro l’ambiente di macOS. Per fortuna questo accade senza alcun tipo di problema per l’ambiente di macOS, che va avanti tranquillo senza fare un plissé.
La terza è che anche le app approvate dagli sviluppatori per adesso sono tendenzialmente non adatte al funzionamento su Mac. Sono infatti pensate per altri tipi di interfacce. Con il tempo dovrebbero arrivare app con due interfacce parallele: una su iOS/iPadOS e una su macOS. Per adesso non ne abbiamo viste, anche se alcuni giochi più “strutturati” funzionano bene, come ad esempio: Bastion, Eloh, Mini Metro, Old Man, Transistor e vari altri.
Questo non c’entra ovviamente niente con il MacBook Pro 13 M1, a dà da pensare visto che software e hardware adesso si muovono di concerto. La sensazione è che Apple abbia fatto un lavoro incredibile tra processore, hardware e sistema operativo (su quest’ultimo arriviamo tra un attimo) sino allo store, e adesso sono gli sviluppatori che si devono muovere e non restare seduti sugli allori. Per avere una piattaforma perfettamente integrata sino al software di terze parti serve la maggior completezza possibile anche le livello di astrazione più alto, cioè il software presente sull’AppStore/MacAppStore (dovrebbero anche unificare il nome, a questo punto).
Big Sur come non l’avete mai visto
Chi scrive utilizza il suo MacBook Pro 16 da un anno senza problemi e senza rimpianti: la comodità maggiore (soprattutto adesso che non si viaggia) è lo schermo più grande. Però chi scrive non è stato sinora un tifoso di Big Sur. Certo, un ottimo sistema operativo, però non particolarmente “leggero” dal punto di vista delle risorse impiegate e con un’interfaccia non particolarmente gradevole. Ecco, usando il MacBook Pro 13 succede il miracolo è Big Sur diventa una interfaccia straordinaria: veloce, efficace, deliziosa. Tutto si muove come dovrebbe, non c’è un solo salto di contesto che non funzioni, le finestre si aprono alla velocità giusta, idem per le app e tutto il resto che fa parte della vita di una interfaccia. Sembra evidente che Big Sur è stato pensato per le prestazioni dei processori M1.
Qui vanno dette due cose. La prima è che, come per l’iPad, l’interfaccia del Mac adesso va alla velocità giusta, senza rallentamenti o tentennamenti. La cosa è importante da sottolineare perché tutto l’ambiente Mac è sempre stato fortemente controllato: la velocità dell’interfaccia non è una velocità “assoluta” ma una velocità “giusta”. M1 fa proprio questo, porta la velocità di esecuzione alla sua velocità prevista e lo fa in maniera coerente e costante attraverso tutti i contesti.
La seconda cosa è che il cambiamento rispetto agli altri Mac con Intel (e BigSur, ovviamente) è netto all’inizio, ma poi come per tutte le cose che funzionano bene, non si avverte più. Si dà quasi per scontato, sino a quando non si restituisce (ahimè) il MacBook Pro 13 M1 in prova e si torna al proprio MacBook Pro 16 i9. Un signor computer, praticamente perfetto per tanti versi, ma decisamente discontinuo – come tutti i Mac con Intel – rispetto alle prestazioni del Finder e dell’interfaccia del sistema operativo.
Qui, con M1, si ha la chiarissima sensazione che non importa quanto venga “caricato” il computer, quanti processi siano in esecuzione, quante finestre aperte, quante app in funzione: tutto viaggia alla stessa, costante, perfetta velocità di sempre. Ed è una libidine, lasciatevelo dire. È il modo del Mac per come è pensato che debba essere, non la velocità iper-eccitata di Windows che poi inciampa e si inchioda. O i tentennamenti dei Mac Intel. Questo, semplicemente va via come una palla da biliardo, quasi senza attrito.
Considerazioni finali
Un MacBook Pro 13 come questo non l’avevamo ai visto, e sostanzialmente li abbiamo visti e provati tutti, negli ultimi venti anni. La cosa che colpisce è la potenza, la fluidità e l’autonomia. Sulla fluidità abbiamo appena detto. Sulla potenza forse non abbiamo detto abbastanza: aggiungiamo qui una considerazione. Non abbiamo fatto volutamente dei benchmark anche perché la rete ne è letteralmente piena, e poi perché non restituiscono una misura reale per chi ne fa usi differenziati: i benchmark sono dei riferimenti teorici. Il computer però è evidentemente potente, e non tentenna mai. È il tipo di potenza di un iPad Pro: per quanto lo carichi, hai la sensazione che faccia tutto e ci sia spazio per fare anche di più.
La potenza di M1 su questo MacBook Pro 13 è, a guardare bene, la potenza di una console da videogame, per la quale tutti i giochi funzionano bene (o dovrebbero, a meno che non abbiano fatto dei pasticci i programmatori) perché è letteralmente un hardware di riferimento. Ecco, il processore M1 è un hardware di riferimento e la dotazione del MacBook Pro 13 M1 è tale da far pensare che sia attualmente la scelta più potente per chi vuole un Mac portatile. Tra poco probabilmente non lo sarà più perché stanno per arrivare i MacBook (e i Mac) di fascia medio-alta. Non dimentichiamo infatti che la versione “due porte” è l’entry level dei MacBook Pro 13, e che M1 fa la coppia con il MacBook Air e con i Mac mini entry level.
Il terzo fattore, la batteria. Non ne stavamo quasi parlando perché ce ne siamo quasi dimenticati. Questo infatti è un computer pazzesco per la batteria. Le dieci, dodici ore di lavoro si fanno tranquillamente, il che vuol dire più ragionevolmente che si lavora per due giorni senza doverlo caricare. Abbiamo fatto vari esperimenti essendo reclusi in casa: nascondere il caricabatterie per vedere quanto va avanti il computer. Beh, non finisce più. Si gioca e si lavora tranquillamente. La carica è oltretutto molto rapida e non vincola più a un punto di appoggio ottimizzato per tenere il computer connesso per ore.
È semplicemente sconvolgente la durata, ma è anche la parte di cui – stando chiusi in casa – ci siamo accorti meno. Così come la ventola: il Mac regge bene anche gli sforzi, sia dal punto di vista del consumo della batteria che per quanto riguarda le ventole, che in un mese semplicemente non abbiamo mai sentito: ci sono, “girano” sempre un pochino, ma non fanno assolutamente rumore. Certo, sono state anche aiutate dalla stagione della prova, perché un ambiente più freddo aiuta la dispersione. Però credeteci: si può “palpeggiare” tutto il MacBook con la punta delle dita e non si trova niente che non vada.
Non vediamo l’ora di poter uscire all’aperto di nuovo e viaggiare con un MacBook dotato di questo tipo di processore.
In conclusione non c’è motivo per non prendere questo computer o il MacBook Air che ha prestazioni sostanzialmente analoghe. La differenza è data dalla capacità di sostenere più a lungo lo sforzo di potenza bruta e da una briciola di batteria in più, oltre a una ergonomia migliore perché la scocca è più spessa e appare più salda e più comoda per scrivere (almeno, nell’esperienza di questo cronista, che ha usato MacBook Air e Pro per un decennio). Se non si hanno bisogni specifici, va benissimo anche l’Air. Comunque, questi sono computer che cambiano completamente le carte in tavola, abbattono il valore dell’usato Intel (ahimè) ma al tempo stesso avvicinano a una esperienza dell’informatica che è sostanzialmente fantascientifica.
Pro:
• Potenza infinita, memoria senza limiti, impressionante
• Fluidità di funzionamento impareggiata e videocamera potenziata
• Non serve più sapere le specifiche, va bene proprio come un iPad Pro
• Mai sentita la ventola far rumore
• La batteria dura una vita e mezza, pazzesco
Contro:
• Molte app su iOS/iPadOS non sono disponibili od ottimizzate
• Le due porte (solo a sinistra) sono scomode, proprio come nella versione Intel
• È la prima volta che lo scriviamo, ma questo computer non ha praticamente difetti!
Prezzo e disponibilità
Versione testata: MacBook Pro 13 M1 16GB Ram, 1TB SSD. Prezzo: 2.169 euro. In Italia si parte da 1.479 Euro IVA inclusa per il modello da 256GB SSD e 8 GB RAM da questa pagina di Apple Store online. MacBook Pro 13 M1 è disponibile su Amazon anche a prezzi scontati con superoccasioni a breve termine che potrete scoprire consultando la nostra pagina delle offerte.