In un famoso articolo del 2015 di Craig Mod, il giornalista americano che vive in Giappone da molti anni, l’allora neonata Leica Q è descritta in termini più che entusiastici. Scrive Mod:
“Q è piccola ma sostanziosa. Solida. Diventa un compagno di viaggio senza sforzo per tutto il giorno. Legata al mio petto, è stata sbattuta lateralmente contro rocce, motociclette, muri di pietra, bottiglie d’acqua di metallo, contadini, gatti. Ha catturato tutto ciò che le è stato messo davanti. E se all’inizio ero sospettoso del valore della fotocamera, questi ultimi sei mesi hanno chiarito che questa macchina ha una base molto seria. Ora capisco i limiti di questo strumento fotografico, che sono pochi. E mi fido e mi diverto più di qualsiasi altra fotocamera che ho posseduto. Sì, anche più del mio iPhone.”
La leggenda di Leica Q, la mirrorless compatta prodotta dall’azienda di Wetzlar e basata su una versione 28mm full frame piuttosto generosa di uno dei suoi obiettivi più luminosi, il Summilux in versione f/1.7 (anziché f/1.4, per via dell’autofocus e della posizione per le macro), è nata subito, nel primo anno di vita della macchina. C’è chi si è innamorato perdutamente di questo gioiello della tecnologia tedesca e ne ha fatto il suo compagno di viaggio permanente. C’è chi non può più starne lontano. E nel mondo degli amanti Leica, intendiamo quelli che scattano le foto e non quelli che collezionano i corpi macchina, c’è stato quasi uno scisma: i duri e puri del sistema M, con tutta la sua potenza e flessibilità, e gli amanti della solida leggerezza e potenza di Q.
Da dove viene la Leica Q
Siamo arrivati alla terza generazione di Leica Q, dopo due modelli di crescente potenza e raffinatezza, a cui si è aggiunta anche la variante Monochrom (basata sul corpo della seconda generazione di Q).
La Leica Q ovviamente l’erede della linea M, di cui riprende stilemi e impostazione oltre che solidità, figlia del lavoro di un giovanissimo designer, Vincent Laine. Ma è tutta un’altra macchina dalla M.
L’idea fin dal principio era di creare una “compatta” con le dimensioni delle classiche M a pellicola (al momento del suo lancio nel 2015 i corpi macchina del sistema M digitale erano un po’ più grandi e pesanti di quelli del sistema classico a pellicola). Compatta relativamente perché, come vedremo tra poco, in realtà la strategia mirava a qualcosa di diverso: un bersaglio che è stato colto fin dalla prima iterazione del prodotto ma che adesso, grazie al sensore utilizzato anche dalla M11 e dalla M11 Monochrom, è stato più che centrato.
Com’è fatta Leica Q di terza generazione
Non vogliamo annoiarvi con una serie di specifiche infinite (soprattutto nella sezione dei formati immagine e video) anche perché Leica fa un ottimo lavoro raccogliendo tutte le informazioni in un’unica pagina. Vi diamo però alcune coordinate per capire meglio cosa cambia e cosa c’è da un punto di vista tecnico.
Le dimensioni della fotocamera sono le stesse della generazione precedente (130 x 80,3 x 92,6 mm con un peso di circa 800 grammi con la batteria e la SD), anche se cambia il profilo posteriore, più esposto per via dello schermo inclinabile in su e in giù di 90 gradi che segna anche un aumento del 76% della risoluzione rispetto al suo predecessore, la Leica Q2. Allo stesso modo, il mirino elettronico (EVF) della Q3 ha aumentato del 56% la risoluzione, eguagliando la risoluzione e la frequenza dei fotogrammi dei mirini delle Leica SL2 e SL2-S. Questo è di primaria importanza perché, essendo una compatta mirrorless e non telemetro, quel che si vede tramite l’obiettivo arriva solo mediato da uno schermo. Quindi, migliore lo schermo, migliore quel che si vede dell’inquadratura. E nessuno dei due schermi ha lag o problemi di sorta nella resa del mondo esterno.
Il corpo è in magnesio pressofuso, rivestimento in pelle, con un indice di protezione IP52 come la Q2 (lo vediamo tra un attimo, nel prossimo paragrafo) e il sensore di M11: sensore CMOS da 62,39MP totali con sfruttati 60,3MP. È un sensore che permette di avere tre risoluzioni native: 60,3 MP per 9520 x 6336 pixel, oppure 36,5 MP per 7404 x 4928 pixel oppure 18,6 MP per 5288 x 3518 pixel. Il vantaggio di avere una triplice risoluzione a disposizione e poterla quindi modulare in tre livelli diversi per gli scatti è rilevante sotto due diversi aspetti. Permette infatti di fare dei crop di qualità (che allungano la focale del 28mm fino a 90mm di “zoom digitale”) oppure permette di gestire un flusso di lavoro con file raw di dimensioni più contenute e maggiore resa a valori ISO più elevati. Il range nativo degli ISO va da 50 a 100.000. I tagli (i crop) permettono di sfruttare nel corpo macchina quattro obiettivi virtuali oltre al 28mm, cioè un 35mm, 50mm, 70mm e 90mm (con risoluzioni da 39, 19, 8 e 6MP rispettivamente).
Gli scatti jpeg con effetti o crop non possono essere riportati al formato nativo del sensore, mentre quelli Raw in formato DNG standard (che non richiede aggiornamenti o profili per essere letto dai software di editing fotografico) invece sì. Il sensore alla fine è simile a quello usato sulle Sony a7R IV e V, con una resa estremamente elevata in qualità d’immagine e sensibilità, tanto che con la nuova versione Leica ha alzato di uno stop il valore degli ISO, portandoli a 100.000 senza tanti affanni.
Il sensore registra anche video (fino a 29 minuti) in formato 8K con UHD o DCI fino a 30p (H.265) e Apple ProRes 422HQ che supporta cattura video 1080p fino a 60 fotogrammi al secondo. Non abbiamo testato la parte video a fondo soprattutto perché non è il nostro mestiere e quindi non abbiamo l’esperienza necessaria. La possibilità di trasferire i dati via cavo Usb-C è stata pensata anche per muovere rapidamente video di grosse dimensioni senza togliere la scheda di memoria.
L’obiettivo è sempre il solito 28mm F1.7 Summilux della Q1 (Leica non l’ha mai aggiornato perché ritiene che ancora superi per risoluzione anche il sensore della terza generazione della Q) con autofocus ibrido ottimo (PDAF più AF a contrasto con DFD), modalità macro e stabilizzazione elettronica. Quello che inquadra, come dicevamo, si può vedere solo attraverso il mirino Oled EVF da 5,76M con un fattore di ingrandimento di 0,79x (cioè mostra un’immagine leggermente più grande e distante di quella reale), oppure sullo schermo LCD da tre pollici con 1,8 milioni di punti.
Un solo slot per SD senza memoria allo stato solido interna (ma con 8 GB di buffer), due uscite con sportellino di protezione (Usb-C per carica e trasferimento dati e micro-HDMI, una novità rispetto alla Q2), connessione WiFi e Bluetooth a basso consumo, contatti per alimentazione wireless sulla base. La batteria 2.200 mAh agli ioni di litio (Leica BP-SCL6) permette circa 300-350 scatti. Abbiamo tuttavia visto che spegnere il display ha un impatto significativo sulla autonomia (importante anche perché non avevamo una seconda batteria). In ogni caso, la durata della batteria è più che abbondante.
Altri aspetti tecnici
Ci sono moltissime altre cose da sapere, a partire dalla correzione della prospettiva automatica sui file jpeg (si può disabilitare) che viene segnata anche sui file DNG. Oppure lo scatto con tethering (per Capture One, Adobe Lightroom e per i vari gimbal e telecomandi esterni), oltre al trasferimento dati, sia verso computer che verso iPhone e iPad. La sola novità di schermo articolato a 90 gradi in su o in giù (la prima Q ad averlo), Usb-C per ricarica in corpo macchina e trasferimento dati (anche qui, la prima Q), nonché riposizionamento dei pulsanti sul lato destro del posteriore, sono tutti cambiamenti notevoli nell’usabilità della fotocamera. Ma c’è di più.
Oltre alla robustezza del corpo macchina, l’attenzione al dettaglio è enorme. Un solo esempio. La Q3 viene venduta con paraluce e con un tappo con velluto interno che però è stato rimosso dal bordo interno (perché si logorava con la frizione) e ora è presente solo sul lato grande interno. Il tappo chiude perfettamente con il paraluce sempre installato e non rischia di cadere pur essendo adattato a pressione, a testimonianza della finezza della lavorazione meccanica di precisione di Leica.
Andiamo in Asia!
Abbiamo deciso di portare la Leica Q3 fornita in visione da Leica Italia, che ringraziamo, in un viaggio in Giappone e Corea del Sud. Terreno ideale per testare quella che è a tutti gli effetti la principale vocazione della Q: il viaggio in condizioni di grande “leggerezza” e senza particolari precauzioni. Tanto che, anziché usare una borsa da fotografo, abbiamo fatto uso solo della tracolla e di una sciarpa per avvolgerla e riporla nello zainetto da tutti i giorni relativamente imbottito (molto relativamente). Una prova “naked”, insomma.
Aggiungiamo una cosa su Tokyo e Seoul in pieno luglio: tra l’altro è la garanzia di tempo davvero inclemente. Abbiamo infatti incontrato temperature fino a 38 gradi, con umidità del 70-80%, pioggia torrenziale, ambienti sporchi e polverosi. Insomma, dalla padella dell’estate italiana alla brace di quella del sud-est asiatico.
Nonostante la nostra piccola “pompetta” che ci accompagna sempre (forse il miglior accessorio mai comprato per supportare la passione per la fotografia rimuovendo lo sporco senza lasciare ditate o graffiare il vetro degli obiettivi) non abbiamo mai avuto problemi perché la Leica Q ha molte prerogative ma una sopra tutte. È un sottomarino. Costruito come un carroarmato. La puoi sbattere ovunque e non fa un plissé. La puoi immergere nell’acqua (solo metaforicamente: non l’abbiamo certo fatto!) e non si rovina.
Tuttavia, questo è possibile solo perché la macchina non è semplicemente “tropicalizzata”. La tropicalizzazione è una forma di “serraggio” delle parti in movimento, che le rende più resistenti ma non ha guarnizioni speciali per isolarla: la tropicalizzazione in sintesi vuol dire che l’acqua scorre via senza fare danni fino a che la macchina è in posizione verticale, ma se arriva dal basso si infiltra quasi sicuramente dentro. Invece, come già la Q2, la Q3 è effettivamente dotata di una certificazione IP52 Weather Sealing, il che vuol dire che resiste a spruzzi d’acqua e polvere a prescindere dall’angolo con il quale arrivano. Il fatto di essere un apparecchio compatto, cioè che non cambia obiettivo, rende la “blindatura” ancora più efficace.
Come va la macchina sul campo
Come detto, abbiamo usato la Q3 per fare foto e non per fare video (non è il nostro mestiere) e la abbiamo usata soprattutto in due modalità. Non è stato un vero esperimento, ma è stato il modo con cui la Q3 ci ha “guidato” nell’esperienza di scatto. Ed è stato un modo molto interessante, a nostro avviso.
All’inizio, presi dal desiderio di tornare a scattare con una Leica per la prima volta con schermo touch e inclinabile, l’abbiamo usata sempre in modalità “smartphone”. E poi siamo tornati a scattare solo in modalità “mirino”. Dobbiamo dire che il cambiamento nella resa delle fotografie è stato notevole, e questo porta a una riflessione che facciamo più avanti, nelle conclusioni.
Inoltre, abbiamo sfruttato il tethering con l’iPhone molto più che non il collegamento via cavo con il MacBook Air. Pensavamo di fare il contrario e di scaricare le foto la sera ma in realtà abbiamo usato perfettamente il telefono di Apple e l’ottima app Focus di Leica per gestire tutto, scaricando le foto solo a fine viaggio. Il tethering ci ha convinto soprattutto perché consente, a scapito di un po’ di batteria del telefono (molto meno di quanto temessimo: abbiamo usato un iPhone 13 Pro che non è un campione di batteria ma ha resistito più che bene), di assegnare la geolocalizzazione a ogni scatto, risolvendo oggettivamente un bel problema nella gestione a posteriori degli scatti.
Scattare in modalità “smartphone”
Nell’uso con solo schermo touch la macchina acquista una vita completamente diversa dalla nostra abitudine d’uso con le fullframe di casa Leica. Diventa molto più flessibile e gestibile in movimento, si trovano angoli di scatto che la schiena a una certa età non ama più, e si può facilmente “giocare” con inquadrature rubate tenendo la fotocamera alla vita e lo schermo rivolto verso l’alto. Dobbiamo dire però, e questa è una valutazione soggettiva di chi scatta, che quelli scattati usando la Q3 come se fosse stata uno smartphone (cioè “a vista” sul display) non sono gli scatti migliori.
In questa modalità tuttavia i pulsanti adesso tutti su un lato del corpo macchina, sotto le ghiere per intendersi, hanno dato il massimo. Lo scopo è favorire l’uso della Q con una mano sola, ovviamente quando si usa con l’autofocus (ottimo) e tutto in automatico. Questo nuovo approccio ergonomico a mio avviso rende meno utile il grip aggiuntivo per il pollice (chi scrive peraltro si trova benissimo con la fantastica scanalatura posteriore). Invece, un altro accessorio che abbiamo provato solo rapidamente in negozio ma che non abbiamo potuto testare sul campo, cioè il grip aggiuntivo, diventa più interessante. Sia perché non appesantisce molto la macchina, sia perché è molto comodo e abilita anche la ricarica wireless a induzione. Una opzione che a casa è utile, in viaggio effettivamente meno.
Scattare in modalità classica (mirino)
Torniamo agli scatti. A display spento e usando solo il mirino abbiamo riscoperto la bellezza e la leggerezza d’uso di questa macchina, oltre a raddoppiare la durata della batteria o quasi. Siamo infatti tornati a una modalità più “pensata” di scatto, che ha valorizzato l’estrema risoluzione, la possibilità di lavorare con le cornici bianche virtuali per trovare l’inquadratura giusta con focali che recuperiamo poi in fase di crop, e a un certo punto metterci anche a sperimentare con improvvisati scatti solo jpeg. Un bel rischio, perché escludono tutta la fase di sviluppo in post-produzione ma che consentono di distribuire più rapidamente su Instagram le immagini del momento.
La resa dell’ottica e del sensore
La cosa più sorprendente è la qualità di questo obiettivo Summilux, che continua a offrire immagini di forte personalità, tutt’altro che neutre, con una assenza di aberrazioni che provoca imbarazzo alla maggior parte degli obiettivi più blasonati sul mercato degli altri sistemi concorrenti.
Ma sorprende anche molto il sensore, che offre una gamma dinamica notevole: 14 stop per la risoluzione maggiore da 60 MP che produce file DNG da circa 85 megapixel, e 15 stop sia per i 36 MP che per i 18 MP, con file DNG rispettivamente da circa 50 e circa 27 megapixel, a seconda del contenuto. Inoltre, il sensore offre di fatto una enorme invarianza di esposizione, ovviamente all’interno della finestra tecnica offerta dal sensore. Tradotto: una immagine DNG scatta a 1/250 di secondo con apertura f/5.6 e massima risoluzione ma con due diversi livelli di ISO (200 e 3.200) sviluppa con la medesima grana. Cioè, non c’è differenza in termini di rumore tra una foto scattata ad alti ISO ed una a bassi ISO schiarita in post-produzione.
Conclusioni
La Leica Q3, come le sue due sorelle più anziane, non è una macchina leggera. Tenerla sul collo per un giorno intero, se non si è abituati a una tracolla, pesa, soprattutto d’estate. Se invece si viene dal mondo mirrorless o meglio ancora reflex tradizionale, è una benedizione. Si tratta di una questione di posizione e punto di arrivo. Però, una cosa possiamo dirla: scattare con Q3 è come avere una full frame con almeno tre ottiche: un 28mm perfetto, un 35mm praticamente perfetto e un 50mm più che ragionevole. Il 90mm diventa più estremo ma funziona, se serve, soprattutto grazie alla stabilizzazione e all’ottimo contrasto e definizione ricavabile dal sensore di questa Leica Q3.
L’aggiunta di un display touch (funzione per messa a fuoco e touch-scatto inclusa) che può essere orientato apre, come abbiamo visto, a due modalità di scatto diverse: “stile smartphone” (guardando il display della fotocamera) e “stile classico” (usando solo il mirino). Quale che sia la scelta finale, e anche a seconda dello stile e della capacità del fotografo, è evidente che questa macchina ha espanso molto le possibilità di utilizzo e ha arricchito ancora di più la sua vocazione di fotocamera “leggera” e facile, pensata per un pubblico di amatori che viene magari dall’esperienza di smartphone e vuole provare l’emozione di una fotocamera di altissimo livello ma senza rischiare di rimanere bloccati in una difficoltà tecnica (tipica ad esempio delle telemetro) eccessiva per molti. D’altro canto, la Q3 ha anche la vocazione di essere un secondo dorso fantastico per un fotografo professionista, oppure un dorso unico ultraleggero per fare foto di viaggio e reportage, anche se qui ci sono alcune limitazioni per via della focale: magari un modello con obiettivo Summilux 50mm permetterebbe di scegliere meglio e con più serenità.
In conclusione questa, fotocamera è semplicemente spettacolare. Non le diamo dieci solo perché dieci non si dà mai, partendo dal presupposto che niente fatto dall’uomo è perfetto. Però qui siamo veramente al Nirvana della fotografia nella sua classe: è la migliore compatta di sempre e la prima compatta che insidia seriamente l’usabilità di uno smartphone, ponendosi come potenziamento oltre che complemento dell’esperienza fotografica digitale.
Sottoscriviamo tutte le scelte tecnologie tranne quella di non aver messo una memoria interna sufficientemente capace (128 GB di SSD?) da poter usare la scheda SD come backup per i salvataggi interni. Tuttavia, gli altri particolari micro e macro di questa macchina sono epici: la messa a fuoco manuale è strepitosa per solidità e fluidità di attuazione, il notch con pulsante di sgancio da posizione automatica è semplicemente perfetto. La resistenza del corpo è notevolissima, il peso consente di tenere la mano ferma e guadagnare un altro mezzo stop oltre a quello offerto dalla stabilizzazione e dall’obiettivo grandangolare con i tempi bassi. Il passaggio a una interfaccia posteriore con i pulsanti ancora più customizzabili e tutti a destra rende possibile brandeggiare la fotocamera con una mano sola, stile Daidō Moriyama con la Ricoh GR, per intendersi, e configurare al volo tutto quello che si vuole. L’esperienza d’uso del firmware e dell’interfaccia conferma ancora una volta che Leica è veramente la migliore macchina sul mercato anche da questo punto di vista.
Non vogliamo riprendere una osservazione fatto già in passato, e cioè che in quindici anni Leica si è trasformata da prodotto-vanity per un mercato di amatori alla ricerca di un oggetto di culto oltre che di qualità, in un vero e proprio unicum della fotografia digitale. Però lo riprendiamo lo stesso. Per aggiungere che il prezzo molto alto di Leica Q3 (ma anche del sistema M, se è per questo, o di SL2) non deriva dal bisogno di posizionare il prodotto come bene di Veblen per persone ricche. Invece, qui c’è una qualità che sta innovando in maniera radicale il mercato della fotografia digitale, per chi desideri accorgersene. Come scriveva Craig Mod otto anni fa:
Credo che con il senno di poi – e mi rendo conto che suona un po’ folle, come se avessi bevuto tutta la Leica Kool-Aid in una volta sola – la Leica Q sarà considerata uno dei più grandi kit fotografici da viaggio con obiettivo fisso di tutti i tempi.
Siamo andati oltre al senno di poi e siamo arrivati alla terza generazione di Leica Q. E le parole di Mod sono vere come il giorno che sono state scritte, se non di più.
VOTO: 9,5/10
PRO – Sensore e ottica semplicemente straordinari – Un corpo che è un carro armato subacqueo – Schermo flessibile e ricarica Usb-C – L’App Fotos è una grande app
CONTRO – Manca lo storage interno (la M11 ci ha viziato) – L’obiettivo è fantastico ma sempre ingombrante – È leggera ma non leggerissima
Prezzo ufficiale Leica Store: 5.980 euro