State per leggere una recensione atipica, quindi non ce ne vogliate. Ci siamo presi un po’ di tempo per provare a fondo la versione da 14 pollici del nuovo MacBook Pro di Apple, e sappiamo bene che di test con tutti i benchmark del mondo ne è piena la rete. Se siete interessati a questo, potete leggere questo articolo, oppure questo, oppure questo, oppure questo, oppure questo.
Capiamo perché vogliate leggere tanti benchmark ma dubitiamo che voi, come noi, passiate le giornate a far scaricare la batteria del vostro MacBook mentre ripete un film di Apple Tv in loop per verificare che effettivamente la macchina arrivi a 17 ore (e in realtà le supera) o a testare l’unità SSD avanti e indietro fino per capire se c’è quel mezzo mbps in più o no (c’è, c’è). C’è di meglio da farci, con questi computer, soprattutto se il tempo è relativamente poco e le prestazioni da misurare così lunghe e performanti (nove cicli completi di batteria richiedono una settimana, giorno e notte incluso il festivo).
Ecco, quello che facciamo qui adesso è invece la nostra interpretazione di un soak test: abbiamo preso il computer che ritenevamo avesse le caratteristiche corrette (tra un attimo vi diciamo perché) e lo abbiamo usato per vedere com’è, come va, come rende. E questo con dalla nostra un deciso punto di forza ma anche una notevole debolezza. Anche questo lo vediamo tra un attimo, nel nostro soak test.
Perché un MacBook Pro 14
Abbiamo soppesato, toccato, manipolato entrambi i computer, anche se poi il testo è stato condotto sul solo MacBook Pro 14. C’è da smitizzare un paio di concetti relativi al 14 e al 16. Il primo è che il MacBook Pro 14 sia un MacBook Pro 13 un po’ più grande. No. È un MacBook Pro 16 generazione Intel più compatto. È un computer dalla forma squadrata, ricorda i PowerBook del primo decennio del ventesimo secolo, è sicuramente non leggero, ma soprattutto ha uno schermo molto più ampio di quello che il suo attuale ingombro di scocca lascerebbe intuire, grazie alle cornici affilate e al notch. Insomma, con una risoluzione in pixel sostanzialmente uguale, secondo noi prendere il MacBook Pro 14 vuol dire prendere il portatile “grosso” (contrapposto al MacBook Pro 13 M1, che adesso è il portatile “piccolo”).
Analizziamolo un attimo nel dettaglio. Se guardiamo la risoluzione, vediamo infatti che il MacBook Pro 14 ha uno schermo da Display Liquid Retina XDR da 14,2 pollici con una risoluzione nativa di 3024 per 1964 pixel con 254 pixel per pollice di densità. Il MacBook Pro 16 Intel ha una risoluzione di 3072 per 1920 pixel con schermo Retina, mentre il MacBook Pro 13 M1 ha una risoluzione di 2560 per 1600 pixel con schermo Retina. Il 14 è sostanzialmente un vecchio 16 “compresso” in una superficie minore (e quindi ha una maggiore densità di pixel per pollice quadrato).
Invece, il MacBook Pro 16 si è dimostrato fin da subito molto più massiccio di quanto non sembri in foto, decisamente pesante, praticamente un piccolo elefante. Non è la versione Apple Silicon del precedente MacBook Pro 16 che a sua volta era l’evoluzione dello storico MacBook Pro 15/PowerBook 15. Invece, e qui permetteteci di portarvi sul viale della memoria, il MacBook Pro M1 Pro/Max è l’erede del MacBook Pro 17, la cui ultima incarnazione è dell’ottobre 2011 con processore Intel e prestazioni all’epoca maiuscole. Si trattava di un computer molto grande per i tempi, con un gigantesco schermo da 17 pollici e risoluzione nativa da 1920 per 1200 pixel (eravamo prima degli schermi Retina).
Lo schermo Display Liquid Retina XDR da 16,2 pollici del MacBook Pro 16 M1 Pro/Max invece ha una risoluzione nativa 3456×2234 con una densità di 254 pixel per pollice. Batte qualsiasi MacBook Pro 15/16 Intel e punta decisamente a occupare lo spazio di quella workstation da valigetta che era il MacBook Pro 17.
Abbiamo quindi deciso che il computer “giusto” da provare era il MacBook Pro 14, considerando anche che la dotazione tecnologica dei due, per quanto parta da una base differente, può scalare sino ad avere esattamente le stesse componenti. Questa è una novità se si analizza la filosofia Apple degli ultimi anni, che ha sempre privilegiato l’equazione “più grande uguale più potente”. Invece, per la prima volta da molto tempo Apple dice: “sceglilo della dimensione che vuoi, non ci sono limitazioni di potenza per via della taglia”. E questo ci porta a parlare di cosa vuol dire comprare un computer Pro e impostare il senso di questo soak test.
Cosa vuol dire “Pro” per Apple
Apple nel tempo ha spesso usato il termine “Pro”, versione accorciata di “Professional”, cioè “professionale”, per indicare tipologie di apparecchi molto diverse. È un po’ quello che succede anche con il termine “Air” nel settore dei portatili: “Pro” indica un computer più potente e impostato, “Air” uno per un utilizzo in movimento con il minimo sindacale dei cavi possibili. Nel mondo dei telefoni poi la differenza tra la versione normale, mini e quella Pro ad esempio degli ultimi iPhone 13 ha a che fare sostanzialmente più che con la dimensione con la dotazione (numero videocamere, memoria) ma anche un po’ con la dimensione (rispetto al mini o pensando al Pro Max che non esiste in versione “normale”).
Invece, da quando sono tornati in pista i computer “potenti” con i processori Apple Silicon, il significato di Pro ha assunto una colorazione completamente diversa. Oggi, se guardiamo questo computer, ci rendiamo conto che non sono più pensati “per il resto di noi”. il prezzo, decisamente elevato, dovrebbe farcelo capire. Questi computer, come la generazione precedente di MacBook Pro 15/16 hanno costi progressivamente molto elevati che non sono giustificabili solo per chi vuole un computer “con lo schermo più grande” ma non opera in settori nei quali la performance e i tempi di produzione sono la chiave.
Questi computer hanno prestazioni che vanno al di là della normalità di un impiego lavorativo, certamente verranno comprati anche da chi li utilizza in maniera “vanity” (l’imprenditore che vuol far vedere che ha i soldi e si può permettere l’ultimo Mac però dopo ci fa sostanzialmente solo la mail) però la loro naturale destinazione è verso un tipo di professionisti o persone addette ad attività altamente specializzate.
Invece, l’utilizzo lavorativo tipo di un personal computer portatile è coperto (a parte il tema della dimensione dello schermo) tranquillamente dai MacBook Pro 13 e dai MacBook Air con processore M1. Lo si capisce ovviamente dal prezzo e dalla dotazione di memoria, lo si capisce meno dai tipi di recensione che si leggono online.
Infatti, in un mercato in cui sono sempre più spesso i blog e gli youtuber (i cosiddetti “creator”) a parlare dei prodotti sull’onda del marketing delle aziende, sembra quasi che gli unici problemi che un computer portatile deve affrontare è la gestione del video 4K, avere l’uscita Hdmi e avere una presa per poter infilarci dentro una SD Card.
Non è decisamente un utilizzo tipico e francamente chi guadagna tempo nel rendering del video è una persona che rappresenta, sia per attività che per reddito, una percentuale totalmente insignificante del possibile pubblico di acquirenti di un computer portatile. Al 99,9% delle persone che vogliono fare i “creative” basta e avanza un MacBook Air M1 magari con 512 GB di SSD e un adattatore da 20 euro per avere tutte le porte che gli servono. C’è un’altra categoria che invece è molto più numerosa e ha bisogno di molta potenza: i programmatori.
Caricare la bestia
Abbiamo provato a caricare la bestia facendole fare varie cose nell’ottica non tanto di chi utilizza il MacBook Pro 14 come una macchina per fare editing video estremo, ma per chi gestisce il front end e il back end di progetti online, Android Studio, Xcode, ambienti con Node.js e altro. Ci sono decine di possibili utilizzi di questo tipo e ne abbiamo guardati vari. Lo abbiamo fatto utilizzando il MacBook Pro 14 con la configurazione “media”: MBP14 con M1 Pro: Cpu 10‑core Gpu 16‑core, 16GB di memoria unificata, archiviazione SSD da 1TB e le porte che sappiamo: tre porte Thunderbolt 4, una porta HDMI 2.0, uno slot per SDXC card, la porta MagSafe 3 per la ricarica senza occupare una delle porte Usb-C (le quali alla bisogna possono però caricare il MacBook lo stesso).
L’ottimizzazione con Xcode è notevole, meno quella con Android Studio che paga ancora alcuni dei problemi di integrazione con i nuovi processori Apple Silicon. L’impatto sui tempi di compilazione è notevolissimo, e si parla di fare davvero quattro volte le compilazioni nello stesso tempo. Si possono far girare più istanze del simulatore di iOS per verificare il comportamento delle app, caricare e scaricare blocchi di codice notevoli, utilizzare l’interfaccia dell’IDE senza problemi.
La flessibilità e la potenza sono notevoli anche utilizzando ambienti javascript come Node.js, ma facendo in generale tutte le attività di lavoro nella normale giornata di un programmatore. Non c’è solo la potenza del processore in single thread: molte attività possono essere ottimizzate per la gestione del multithread (che è il vero punto di forza dei nuovi Pro) e soprattutto per l’I/O che è il vero eroe sconosciuto di questa macchina.
I nuovo Macbook Pro sono infatti dotati di una architettura estremamente potente ma che non è neanche paragonabile a quella dei computer basati su processori Intel o Amd. Infatti, ad esempio adesso che Intel ha lanciato una nuova generazione di processori ultrapotenti ma con consumi da piccolo impianto industriale mentre Apple porta sostanzialmente una potenza costante che abbiamo potuto verificare viene erogata senza problemi anche senza essere collegati alla presa elettrica, non ha lo stesso senso paragonare i processori Pro e Max di Apple agli i9 di Intel per un semplice motivo.
Quelli di Apple sono dei SOC, sono cioè dei piccoli computer integrati, e quel che abbiamo visto essere il vantaggio enorme e incolmabile non è soltanto nella performance e nella resa di “forza bruta” dei nuovi processori, ma anche e soprattutto nella capacità di spostare i dati avanti e indietro, nell’uso della memoria unificata, nell’integrazione di componenti diverse inclusi i nuclei di calcolo per il machine learning e per l’accelerazione grafica. È tutto in linea, è tutto insieme, l’accesso è dinamico e gli spazi di memoria vengono gestiti magnificamente.
Ci perdonino gli youtuber se non cantiamo le lodi della capacità di fare encoding in tempo reale di più flussi di video 8K, ma nel mondo ci sono letteralmente milioni di programmatori che non vedono l’ora di mettere le mani su macchine come queste per la capacità di fare veramente moltissimo in molto meno tempo e consumando molto, molto meno.
Troppa grazia, Sant’Antonio
Il costo di listino sul sito Apple del MacBook Pro 14 in prova è di 2.849 euro, la versione leggermente meno dotata (ma si fa per dire) è di 2.349. Nonostante gli sforzi che abbiamo fatto, e le decine di ore passate nelle scorse settimane a forzare la macchina sui progetti che stiamo seguendo, a tirare giù, ricompilare e ripubblicare interi progetti software, gestire repository infiniti di web-app e altre cose del genere, non saremmo stati onestamente in grado di apprezzare la differenza tra l’una e l’altra macchina se non per la differente dimensione del disco interno.
Aggiungiamo che, a meno di non entrare nel mondo della gestione di macchine virtuali oppure di progetti video di grandi dimensioni, in realtà l’uso della memoria è talmente efficiente che la dotazione “minima” di 16 GB di Ram ci è parsa perfetta, nel senso che non abbiamo mai avuto un problema. Certo, si può sempre prendere Premiere o Final Cut e “mandare di traverso” un progetto a qualsiasi Mac (o sfruttare i bug come quello del leak di memoria causato dalla personalizzazione della dimensione e colore del puntatore con Monterey) facendolo “grippare” e finire senza memoria. Ma semplicemente non funziona così: questo computer è molto più potente e flessibile di quello che possiamo provare a fargli.
È talmente potente e flessibile che la sua capacità è totalmente sottoutilizzata adesso e nei prossimi mesi a venire, dal punto di vista di chi lo utilizza in condizioni lavorative normali o anche impegnative. Certo, c’è una componente aspirazionale molto forte (“Ho avuto successo, posso permettermi finalmente il Mac bello!”), tuttavia questo computer è una macchina che è sostanzialmente impossibile da “saturare”.
La potenza è talmente tanta che non ci sono nell’uso professionale normale dei reali vantaggi, semplicemente perché non ci sono carichi di lavoro normali troppo pesanti che solo qui si possono fare con un guadagno significativo. E stiamo parlando del processore Pro, non del Max.
Consigli per gli acquisti
Cosa comprare allora? Certamente il MacBook Pro 14 è la macchina che consigliamo alla quasi totalità degli utenti Apple che non abbiamo bisogno di progettare un aeroplano di linea in una notte. Ha lo schermo che rende come un MacBook Pro Intel da 15/16 pollici, la portabilità giusta, un peso ragionevole, la batteria notevole (che in condizioni di uso leggero dura veramente venti ore, mentre se la si fa faticare duro ad esempio con Xcode va giù in 5-6 ore), tutte le porte di questo mondo, può avere tutta la memoria e lo spazio di archiviazione che serve.
Molto consigliato, insomma, rispetto al MacBook Pro 16, che invece è un elefante da immaginare solo per chi fa un uso estremo del MacBook in termini di potenza e trasportabilità. Per capirci, se lavorate per la Bbc e dovete gestire il montaggio di una partita di calcio in 8K dalla postazione di lavoro volante allo stadio, insomma, o fare montaggio sul campo di un film della Marvel.
Invece, sottolineiamo anche che si può tranquillamente immaginare di utilizzare un “normale” processore M1, che ha dimostrato di essere veramente forte ed efficace, e capace di accelerazioni e “strappi” in avanti notevoli, per il 99,9% di noi. Lo schermo è leggermente più piccolo (13 pollici sia per l’Air che per il Pro), l’autonomia maggiore, la capacità di gestire progetti anche molto grossi è senza problemi.
Riteniamo che per moltissimi di noi, incluso chi scrive, nonostante il lavoro e la complessità anche tecnologica delle attività, un MacBook addirittura Air con M1 basti e avanzi. E faccia risparmiare anche parecchi soldi.
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