«Discrimini traffico o applicazioni per ragioni anticompetitive e non tecnicamente motivate? Puoi essere sanzionato con una procedura che non richiede un lungo e costoso procedimento antitrust. Ecco il cuore della legge. Non comprendo tutte le sciocchezze che sono state scritte in queste ore».
Il giorno dopo l’esplosione del caso sulla presunta legge “ammazza iPhone” l’on. Stefano Quintarelli (Civici e innovatori) riesce a fatica a nascondere il disappunto per un dibattito «assolutamente scentrato e che non ha colto il senso del testo». E rispondendo alle domande di Macitynet fa chiarezza sul ddl di cui è il primo firmatario, approvato all’unanimità alla Camera e che dovrebbe essere discusso in Senato tra pochi giorni.
Quintarelli, spieghiamo anzitutto una cosa: iPhone sarà fuori legge?
«Non ci sarà la messa fuori legge di alcun dispositivo – spiega il deputato -. Né di Apple, ma, ad esempio, nemmeno di Microsoft con la sua Xbox. Semplicemente si ridefinisce il percorso per cui, nel caso ci si trovi di fronte a pratiche discriminatorie e che danneggiano il consumatore, si possa arrivare a delle sanzioni in tempi più brevi».
Il titolare del procedimento rimane l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
«Sì. Che già ora ha gli strumenti per intervenire in materia, tutelando consumatori e operatori del mercato da pratiche commerciali aggressive. Ma si tratta di percorsi lunghi e onerosi che, soprattutto per i più piccoli, sono un vero e proprio Everest da scalare. Vorremmo trasformare questo percorso almeno in un Cervino… Il nodo è nell’articolo 6 del ddl, che definisce le modalità delle sanzioni, disegnando un percorso che non inventa nulla e fa riferimento al quadro normativo italiano (con il Codice del consumo) ed europeo esistente».
Ma cosa intende, esattamente, per pratiche che discriminano o possono danneggiare il consumatore?
«Ad esempio, parlando di iPhone, se un’applicazione non viene distribuita per motivi legati a strategie commerciali, o comunque non inerenti a motivi tecnici. Insomma, se non distribuisco la tua app perché farebbe concorrenza alla mia, rischio una sanzione. Ma posso continuare a farlo perché comprometterebbe la sicurezza e il corretto funzionamento del mio dispositivo».
Nella stesura del ddl vi siete confrontati con i player del mercato digitale? Apple ha partecipato alle audizioni?
«No, Apple, invitata, non è venuta né ha mandato una memoria scritta come peraltro richiesto data la non partecipazione in audizione. Ma come per qualsiasi altro disegno di legge sono stati ascoltati numerosi soggetti attivi nel mercato, nazionali ed internazionali, come Facebook, Google e Microsoft».
Eppure, dal racconto di questi giorni il quadro sembra quello di una legge approvata in sordina, quasi di nascosto.
«Altra grande sciocchezza. Il percorso alla Camera è iniziato nel 2014 e il ddl, alla fine, è stato approvato in sede legislativa in commissione. Una formula che richiede una maggioranza più ampia, rispetto all’approvazione in aula e che comunque prevede passaggi in tutte le commissioni interessate e il parere del Governo».
Maggioranza ampia che ha visto tra i sostenitori della legge anche diversi esponenti “renziani”, anche se in questi giorni si è scritto che proprio la componente “renziana” era quella più infastidita dalle polemiche.
«Non si tratta di un sostegno arrivato da alcune correnti. In commissione a Montecitorio il ddl è stato approvato all’unanimità. Non lo ha votato solo il Pd: dalla Lega al M5S l’hanno sostenuto tutti; i relatori sia a camera che al senato sono parlamentari riferibili al Presidente Renzi ed anche parte della direzione del PD».
Crede che adesso in Senato sarà più difficile?
«Potrebbe. Potrebbe diventare più complicato. Per una polemica infondata si metterebbe a repentaglio una legge buona, che dando garanzie dell’applicazione delle norme in modo più veloce, non regola solo la concorrenza e il mercato, ma dà tutele su un argomento, quello dell’accesso “neutrale alla rete”, che ha a che fare con i fondamenti della cittadinanza online».