Apple vuole arrivare alla Corte Suprema e ribaltare quanto stabilito dal giudice federale relativamente alla questione e-book. La multinazionale della Mela era stata giudicata colpevole di avere tramato con gli editori per alzare il prezzo dei libri elettronici, operando per colpire la rivale Amazon con il modello “agenzia”, una modalità con la quale è l’editore a fissare il prezzo, impegnandosi ad applicarlo universalmente.
All’epoca i publisher erano per lo più legati ad Amazon, che ha spesso venduto libri in perdita al fine di sostenere il business Kindle. Tra gli editori che avevano accettato la proposta di Apple di cambiare il sistema e il modello all’ingrosso adottato da Amazon (è il rivenditore a fissare il prezzo), il gruppo Hachette, HarperCollins, Penguin, Simon & Schuster e Macmillan.
Amazon vendeva gran parte dei libri elettronici sottocosto, spingendo in questo modo le vendite dei Kindle (e quindi guadagnando dopo); semplificando, acquistava all’ingrosso i libri dagli editori a un certo prezzo, per poi rivenderli a un prezzo inferiore, evitando di superare i 9,99 dollari. Apple è stata accusata di avere fatto pressioni e convinto altri editori a seguire una diversa politica per i prezzi, con conseguente aumento dei prezzi per gli acquirenti.
“Il caso […] presenta temi di notevole importanza per l’economia statuntense” scrivono i legali di Apple nei documenti presentati all’Alta Corte mercoledì; “dinamiche e diropomenti modalità nei nuovi e stagnanti mercati – la linfa della crescita economica americana – spesso richiedono esattamente il tipo di condotta tenuto da Apple” si legge ancora. “È una questione di principi e valori” aveva dichiarato un portavoce della società dopo la condanna: “Sappiamo di non aver fatto nulla di sbagliato nel 2010 e procederemo con i passi successivi”. La prossima mossa consiste appunto nel ripresentare il caso all’esame della Corte Suprema.