Nel corso della giornata di oggi si conoscerà l’esito del ricorso in appello per il caso che oppone Microsoft all’Unione Europea. I 13 giudici che compongono la corte che deve decidere sulla sentenza pronunciata nel 2004 dovrebbero dare comunicazione della loro decisione già questa mattina, dando riscontro alle richieste di Redmond che chiede che siano cancellate la multa di 777 milioni di euro (frutto di due successive sanzioni, una da 497 milioni di euro e un’altra per ritardo nell’adempimento delle richieste della sentenza), l’obbligo a rivelare i codici che permettono la connessione client-server sui suoi sistemi operativi e la scorporazione di Windows Media Player dal sistema operativo.
La sentenza, che dovrebbe essere letta da Bo Vesterdorf, il giudice che aveva già pronunciato un ‘no’ alle richieste di Microsoft quando i suoi legali richiesero una procedura d’urgenza per sospendere gli effetti della condanna, viene vista come un punto di svolta in tutta la vicenda che dura da sette anni (anche se le basi del processo erano state poste nel 1998, con la prima inchiesta sulle pratiche di Mercato di Redmond), ovvero da quando l’Unione Europea, dando riscontro alle segnalazioni dei concorrenti di Microsoft, aveva processato e condannato la controparte per abuso di posizione dominante. Anche se infatti si è di fronte solo all’appello e successivamente tutte e due le parti potrebbero ricorrere per un ulteriore grado, in gioco c’è la credibilità dell’Ue in quanto organismo di controllo per i casi antitrust, un settore nel quale ultimamente l’Unione si è dimostrata particolarmente aggressiva.
L’Unione, per altro verso, in questa vicenda è ormai virtualmente sola. I grandi accusatori di Microsoft (Sun, Novell, RealNetworks, Netscape) o sono spariti dalla scena o sono stati liquidati a suon di milioni di dollari da Microsoft e ora sono diventati buoni alleati dell’azienda di Bill Gates.
Gli osservatori ipotizzano diversi scenari, dalla conferma in toto della sentenza dell’Unione per finire con la completa cancellazione delle disposizioni dell’Ue. In mezzo varie soluzioni intermedie; gli occhi di tutti saranno però puntati sul fulcro dell’intera vicenda, ovvero la richiesta di rivelare i codici proprietari che permettono una buona connessione tra server e client e su cui Microsoft ha fatto melina per anni, cercando differirne il disvelamento con tattiche che l’Ue non ha esitato a definire dilatorie, provocando l’irritazione dei commissari che si sono succeduti ala guida dell’antitrust europeo. Se questo comma della sentenza dovesse essere cancellato, pur a fronte del mantenimento di tutto il resto della condanna, si potrebbe parlare di sconfitta dell’Ue. In caso contrario sarebbe stata Microsoft la parte che esce peggio dalla sentenza d’appello.