Sono anni che diciamo che l’iPad è un gigante hardware con il sistema operativo d’argilla. Che dovrebbe potenziare l’interfaccia, l’usabilità, maturare come piattaforma. Magari facendo in modo che, quando si aggancia la tastiera con trackpad, si trasformi in macOS o qualcosa del genere.
Certamente l’hardware dei tablet di Apple è veramente un hardware da computer “vero”, ma è contemporaneamente anche l’hardware di un iPhone che è cresciuto, portandosi dietro non solo le caratteristiche hardware ereditate dal fattore di forma dell’iPhone, ma anche il sistema operativo “monoschermata”. Bisognerebbe fare di più per usarlo meglio (e giustificare il prezzo equivalente a quello di un personal computer) oppure stiamo esagerando?
Fare meglio
Lo abbiamo scritto davvero tante volte. L’iPad ha certamente una potenzialità come strumento per la creazione di contenuti e non solo per il suo consumo (polemica che si porta dietro dal lancio di dodici anni fa) ma il suo sistema operativo dovrebbe fare qualcosa di meglio.
Dovrebbe avere caratteristiche più da Mac che non da iPhone: multitasking, capacità di gestire file, magari un inizio di file system esposto, l’abilità di palleggiare file e materiali tra una app e l’altra, tra una finestra e l’altra, e alla fine una organizzazione diversa. Perché non è così? E perché alla fine non è così importante?
Il mondo è complicato, baby
Iniziamo dall’approccio. L’iPad si rapporta all’utente con la stessa logica dell’iPhone: è un apparecchio centrato sulle app e non sui documenti e le cartelle. Non espone un ambiente vuoto, la “scrivania”, dove organizzare le cose in una nidiata di cartelle e uno sciame di file.
No, invece utilizza la metafora della “springboard” (così si chiama l’ambiente home di iOS e iPadOS), cioè trampolino, pedana. Ed è da questo trampolino che si trovano le app ed eventualmente le cartelle con altre app. Le app sono contenitori isolati fra loro con dentro dei documenti e magari sincronizzati via cloud, che da qualche tempo possono essere messi in relazione tra loro se gli sviluppatori lo vogliono.
Questo consente di avere accesso non solo ai documenti contenuti nel dispositivo (nelle app che lo consentono e a quella a cui viene dato il permesso di lavorare sui documenti delle altre senza creare duplicati) ma anche ai principali servizi cloud, da quello di Apple iCloud Drive sino a Google, Dropbox, Box e via dicendo.
Non è stato facile arrivare a questo soprattutto perché Apple è partita con una impostazione completamente diversa e ancora non esistono destkop indipendenti ma solo dei file manager strutturati più o meno bene, a partire da File di Apple, che fa molto bene il suo lavoro peraltro.
Inoltre, è diventato possibile passare il contenuto da una app a un’altra usando un mix di escamotage, gesture strane, affiancamenti improvvisi, uso di tre dita e cose del genere. Non l’approccio più intuitivo ma comunque ha permesso di fare molte cose.
Cosa vuole il popolo
Gli utenti di iPad da un po’ di tempo hanno cominciato a rendere più specifiche le loro richieste perché Apple ha da un lato puntato più precisamente alcuni bersagli (la gestione dei documenti, soprattutto, e del cloud di prima e terza parte) e ha cominciato a fornire tastiere e trackpad a tutti gli iPad o quasi, e comunque rendendoli compatibili con quelli di terze parti.
Il popolo degli utenti allora ha chiesto sostanzialmente un duplicato del Mac. Che oltretutto è relativamente poco portatile, perché la tavoletta di Apple comunque è spessa quanto o più dello schermo di un MacBook e il guadagno, a meno di non far riferimento all’iPad mini, è decisamente relativo.
Cosa vogliono allora in realtà le persone? Una alternativa al Mac, più che un suo complemento, parrebbe di capire. E la svolta emancipatoria di iPadOS, cioè l’autonomia rispetto agli altri apparecchi. Poter prendere un iPad e usarlo come solo computer, anziché come “muletto” da usare in determinate circostanze.
La vita è ancora più complicata, baby
Questa idea, che non è limitata ai soli apparecchi “pro”, è diventata una specie di mantra della rete. E sottolinea il desiderio di una parte forse consistente di utenti che vorrebbe fare a meno dell’approccio app centrico e passare a uno orientato a documenti e cartelle. Con un problema: la risoluzione di tutto quello che compare sullo schermo dell’iPad è centrata per essere usata con le dita (che sono più grosse del puntatore di un mouse) e non può essere cancellata.
Inoltre, la maggior parte delle funzioni che uno si immagina essere necessarie sono quelle indicate da utenti “anziani” che vogliono ricreare l’ambiente complesso e confortevole dove hanno vissuto negli ultimi anni. Un ambiente che però è, al di là di tutto, radicalmente diverso e incompatibile con la premessa dell’iPad.
La terza via degli apparecchi Post-PC
Quando iPad venne lanciato Steve Jobs profetizzò la nascita di una nuova categoria di apparecchi in grado di fare alcune cose meglio dei Pc e dei telefoni. Apparecchi “post-PC” proprio perché venivano dopo i personal computer e funzionavano in maniera diversa. Questa diversità era centrata sull’idea che ci fosse una sola finestra per volta. E che questo ambiente ristretto, che tecnicamente dipendeva dall’esistenza di una serie di limitazioni nella potenza e flessibilità dei processori degli iPad.
Adesso la potenza c’è ma la richiesta non è quella di una maggiore flessibilità, che è certamente stata già offerta, bensì di una sostanziale parità di funzioni con il Mac. È come se l’iPad fosse una specie di “versione cloud” del Mac e che si chiedesse la parità di funzioni rispetto alle app native per Mac anche su iPad.
La cosa non solo non è vera, ma anche sbagliata perché la superficie multi-touch dell’iPad ha aperto una serie di innovazioni di interfaccia, aumentate poi grazie all’aggiunta della Apple Pencil di prima e seconda generazione, che hanno permesso di trovare strade nuove per fare le cose con il tablet di Apple.
La realtà, infatti, è che l’iPad è di fatto la terza via della tecnologia, che permette di fare molto e con grande leggerezza. Ma non risponde alle domande come “Posso usare l’iPad per fare scrivere codice su Xcode?” oppure “Posso usare l’iPad per fare la mia dichiarazione dei redditi usando una mezza dozzina di software, fonti di dati, cartelle di documenti, siti web?”.
La generazione iPad
In entrambi i casi la risposta è no perché l’iPad ha preso per mano una generazione di oggi quasi trentenni che sono nati e cresciuti con il tablet in mano, senza avere tutto quella clamorosa eredità che proviene dal mondo del Pc tradizionale.
In maniera simile a quanto ha fatto Google con ChromeOS e in generale con le app nel cloud (ma anche in modo profondamente diverso) iPadOS ha affondato macOS per molti versi e ha offerto una strada nuova a chi non aveva una eredità pesante, un fardello sulle spalle, e poteva iniziare da zero a strutturare le sue attività in un mondo completamente diverso, fatto con metafore nuove, dove strutturare interi alberi di cartelle annidate con certosina pazienza e ordine metodico è inutile o comunque non necessario.
Questa inutilità Google la esprime con la prevalenza della funzione di ricerca (metti tutto dentro un’unica cartellona e poi cerchi quel che ti serve di volta in volta: dal certificato di residenza all’ultima immagine scattata in vacanza) ed è una inutilità che vale anche per iPadOS, seppure pensata in maniera diversa.
Gioco di squadra
Il problema di chi si è trasferito su iPad e si è trovato scomodo è che è un adulto che abbandonava un ambiente personale consolidato su Mac dove c’erano cartelle, cartelline e orge di documenti. Invece, l’approccio su iPad come iPhone è la centralità delle app e la possibilità di fare gioco di squadra passando le informazioni,
Una soluzione che su iPad, soprattutto alla luce degli ultimi momenti di evoluzione del suo sistema operativo, è sempre più valida e attuale. Solo, richiede che chi ci arriva sia privo di eredità, senza bagaglio, a mani nude e possibilmente mente aperta. Siete voi così? Perché se iniziate a usare iPad da solo in un contesto di questo genere trovate un mondo di possibilità e una potenza unica, unita all’ergonomia rivoluzionaria dell’iPad. Altro che multi-finestre.
Il testo finale
Un’addenda: il test della dichiarazione dei redditi è il test pensato partendo da chi deve compilare un documento burocratico piuttosto complesso. Si riesce o non riesce a fare? Certamente l’iPad è l’ambiente meno flessibile, perché lavorare una dichiarazione dei redditi o in generale una contabilità complessa richiede documenti diversi, cartelline organizzate, accesso a software differenti in parallelo. Serve un ambiente a finestre e schermo molto grande, ben più di un 12,9 pollici di un iPad (infatti i commercialisti non usano certo schermi da 13 pollici quando fanno le dichiarazioni dei loro clienti).
Beh, certamente l’iPad non è all’altezza di un sistema del genere, tanto è vero che non ci sono commercialisti e ragionieri, che noi sappiamo, che hanno dismesso Mac e Pc per passare integralmente all’iPad. Però non sbagliatevi: la colpa non è dell’iPad, piuttosto del modo con il quale è stata concepita, nel corso dei decenni, la burocrazia finanziaria che porta alla dichiarazione dei redditi.
Non si riesce a semplificarla in generale perché è fuori controllo e richiede un approccio ottocentesco a un problema che potrebbe essere analizzato e risolto in altri modi. Non è l’iPad che deve cambiare, è il modo con il quale pensiamo i documenti.