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Quando il gesto conta più del pensiero

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Sono stati pochi minuti. Cinque al massimo. Il tempo di andare sul web, di aprire qualche foto, di iniziare a scribacchiare qualche riga. E il contesto era distraente al massimo: c’erano altri che facevano rumore, c’erano i due incaricati di Apple che parlavano e soprattutto c’era tutto intorno alla funzionalità  “gestures” il “resto” del MacBook Air che distraeva. Però, anche in quel breve lasso di tempo, la considerazione che è venuta subito alla mente del cronista mentre restituiva l’oggetto del desiderio è stata di una semplicità  dolorosa e sconcertante: adesso che mi sono abituato, come farò senza?

Già , come farò senza le “gestures” del touchpad del MacBook Air? Per chi fosse stato sulla Luna nelle ultime due settimane, Apple dopo aver presentato il MacBook Air ha mostrato agli inviati a San Francisco di Macity e agli altri giornalisti internazionali presenti le caratteristiche salienti delle nuove tecnologie. Appuntamento come al solito in uno stanzino secondario del complesso del Moscone Center, rapida corsa su e giù per piani di servizio seguendo gli incaricati di Apple (che fanno di tutto per scoraggiare l’eccessivo numero di giornalisti) e infine mini-saletta pre incontro, a cui fa seguito l’entrata nella stanza del product briefing, dove vengono ri-spiegate le cose appena dette da Steve Jobs nel suo keynote ma soprattutto si possono toccare i prodotti con mano. L’anno scorso l’iPhone, quest’anno il MacBook Air.

A differenza di quanto accade nelle sale per la fiera del Moscone, dove c’è gente che ti ansima sul collo e comunque un forte rumore ambientale (tanto che lì non si capiva, ad esempio, che il MacBook Air è “mono”, cioè emette i suoni e la musica da un solo altoparlante nascosto da qualche parte lungo la parte destra dello chassis), qui l’ambiente è raccolto, c’è un tavolo da riunioni e soprattutto si riesce a ragionare e provare con calma l’apparecchio. Se calma sono i cinque minuti a testa a cui si ha diritto prima di dover passare il computer a chi ci sta seduti di fianco.

Tempo per aprire e chiudere un paio di volte lo schermo, soppesando la robustezza unita alla leggerezza estrema dell’apparecchio (non vi preoccupate, o voi che avete le “manone”, il MacBook Air è fatto di tostissimo alluminio), girarsi tra le dita i due piccoli accessori presenti (il SuperDrive, molto piccolo e leggero, e il minuscolo adattatore Ethernet via Usb, strumento dalle nostre parti decisamente indispensabile) e poi girellare tra le applicazioni, navigando anche grazie al collegamento Internet senza fili messo a disposizione da Apple nella stanza.

E qui si compie il miracolo: passato il secondo minuto di cinque, si comincia a giocare con la funzionalità  “gestures”, i gesti mutuati dall’interfaccia dell’iPod e intelligentemente inseriti all’interno del touchpad. Tre dita e sbuffetto a destra o sinistra per andare avanti o indietro tra le pagine di un documento o le pagine web, dita a pinza per zoomare le foto o il font della pagina, tre dita che ruotano compatte e allineate per ruotare a colpi di 90 gradi le immagini di iPhoto oppure con gradazione infinita e progressiva quelle dentro Anteprima. In un attimo, le funzionalità  sembrano essere lì da una vita: come mai non ci abbiamo mai pensato prima lascia il posto alla ovvietà  della naturalezza. Certo che si fa così, come altro vuoi che si possa ruotare-sfogliare-ingrandire?

E poi, al quinto minuto, appena chiuso il coperchio del MacBook Air restituendolo agli uomini di Apple, si fa largo un altro pensiero: adesso che non ce l’ho più e sto per tornare al mio PowerBook stagionato, come farò? Come riuscirò a sopravvivere senza queste “gestures” e senza la leggerezza, brillantezza e bellezza sottile ma prepotente del MacBook Air? Speriamo che le due settimane di attesa prima che l’AppleStore lo mandi passino veloci’€¦ O che, al limite, Apple implementi come sembra la nuova funzionalità  sui futuri MacBook e MacBook Pro (o che, al limite, qualcuno riesca ad attivare la funzionalità  anche sugli hardware più recenti…).

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