Microsoft sta valutando la fattibilità di costruire data center nel profondo del mare. L’idea di “Project Natick” è sperimentare centri dati subacquei, un’idea che non è bizzarra, ma ha solide motivazioni. D’altra parte molto del traffico internet di varie parti del mondo passa per cavi sottomarini in fibra ottica (e non mancano gli squali che ogni tanto li attaccano senza pietà) permettendo di fare scorrere il traffico telefonico e internet, in speciali “autostrade” digitali capaci di arrivare a troughput di 60 Terabit per secondo, in altre parole 10 milioni di volte più veloce di una connessione casalinga.
I data center sottomarini potrebbero essere non solo rispettosi dell’ambiente ma consentire di ridurre i costi per il raffreddamento delle strutture. Nel 2013 Microsoft ha cominciato a esplorare l’idea; un primo prototipo è stato creato nel 2014, arrivando alla costruzione di un server sottomarino, integrato in una capsula di acciaio di circa otto piedi di diametro (circa 2,5 metri) immersa al largo della costa della California: il sistema pare avere funzionato per 105 giorni, più di quanto la Casa di Redmond avesse previsto.
Sensori integrati all’interno della struttura hanno permesso di capire come migliorare le capsule di contenimento, e l’azienda sta già pensando a sistemi che permetterebbero di alimentare da soli le mini-strutture, sfruttando turbine sottomarine o le maree per produrre energia pulita. Tra i problemi da risolvere i costi per le riparazioni “sul posto” e l’inquinamento acustico che potrebbe infastidire alcuni animali.