La base di Android è open source, ma molti elementi sono di esclusiva proprietà di Google. È quanto chiarisce in un articolo The Guardian: i produttori possono scaricare, compilare e modificare la base ma i servizi mobile di Google come ad esempio Maps, Gmail e l’essenziale Google Play, lo store che permette di scaricare le app, sono esclusivi della grande “G” e possono essere utilizzati solo dietro il pagamento di una licenza.
Stando a quanto riporta il quotidiano britannico, per l’uso dei GMS, “Google Mobile Services”, i produttori di dispositivi devono pagare una licenza di 75.000 dollari ogni 100.000 dispositivi. Alla stregua di quanto richiesto da Microsoft con Windows e Windows Phone, che arriva a chiedere 15 dollari per dispositivo, il pagamento è stabilito secondo il numero di unità che i produttori decidono di produrre e distribuire. Gli importi variano da produttore a produttore, secondo la loro importanza sul mercato e accordi: Samsung, ad esempio, paga di meno rispetto a HTC. I piccolissimi produttori beneficiano di una certa tendenza della casa di Mountain View, almeno fino allo scorso anno, a chiudere un occhio nel caso di piccole produzioni; questo, fino a quando gli OEM non raggiungono volumi di vendita importanti: da quel momento in poi devono pagare. È questo il motivo per il quale Augen Electronics, piccolo produttore di un tablet da 150 dollari venduto in catene USA quali Kmart, ha interrotto nel 2010 le vendite per “uso non autorizzato” della suite GMS.
Google guadagna non solo dai produttori che pagano per usare i servizi di Mountain View, ma riceve anche una commissione del 30% sulle transazioni per le applicazioni che gli sviluppatori decidono di vendere su Google Play e dalle app che permettono acquisti in-app. Altri guadagni della grande “G” hanno ovviamente a che fare con le ricerche, indirizzando i dispositivi degli utenti su link sponsorizzati.