La class action da 350 milioni dollari intentata nei confronti di Apple, avente ad oggetto i DRM iPod, ha visto salire sul banco dei testimoni, pur in senso virtuale, Steve Jobs. Le parole del fondatore sono state portate all’attenzione della corte, grazie ad una video deposizione registrata sei mesi prima della sua morte.
Il video proiettato all’interno della sala di udienza mostra uno Steve Jobs fermo nell’intenzione di difendere l’operato di Apple, che non avrebbe tentato di bloccare i competitors e danneggiare i clienti spingendo i clienti a cancellare talune canzoni da iPod. La protezione DRM, spiega Steve Jobs in video, si è resa necessaria per fermare alcuni hacker, che avrebbero consentito la riproduzione su iPod di canzoni scaricate illegittimamente al di fuori di iTunes. Il problema per Jobs non era solo, e soltanto, il download illegale delle canzoni, quanto il non poter onerare gli accordi con le etichette discografiche, che avrebbero potuto risentire dei download illegittimi. Ed ancora, il video proiettato in aula risponde alle accuse secondo cui Apple avrebbe intenzionalmente provocato malfunzionamenti software concorrenti delle app terze parti con gli aggiornamenti di iTunes. Anche su questo punto Jobs difende la società, parlando di “danni collaterali” derivanti dal voler mantenere iTunes al sicuro. Di fatto Jobs sosteneva la stessa tesi che ha sostenuto in aula Eddie Cue.
Al di là di questa inaspettata testimonianza, la class action su iPod e iTunes potrebbe essere annullata, dopo che si è scoperto che i due querelanti hanno comprato il player in questione prima e dopo le date oggetto del processo: solo i clienti che hanno acquistato iPod classic, iPod shuffle, iPod touch e iPod nano tra il 12 settembre 2006 e il 31 marzo 2009, possono richiedere un risarcimento e il fatto che il processo sia stato richiesto da persone che non rientrano o rientrerebbero nei limiti imposti, manderebbero a monte tutto.