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Apple protesta per dati riservati rivelati nel processo contro Google

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Nel secondo giorno della causa che Google sta affrontando negli Stati Uniti e che – in caso di esito sfavorevole per il colosso di Mountain View – potrebbe sconvolgere il settore delle Big Tech, si registra la protesta formale di Apple per la non adeguata modalità di trattare dati riservati da parte del tribunale, probabile riferimento agli importi che Google versa annualmente a Apple (ma anche a Samsung, Motorola, LG e altri) per fare in modo che, sui sistemi operativi di questi dispositivi, il suo motore di ricerca resti quello preimpostato.

Il Washington Post riferisce di non meglio precisate informazioni riservate riportate all’apertura della causa legale, spiegando che Apple ha protestato per la diffusione di elementi confidenziali. Il legale del Dipartimento di Giustizia, Kenneth Dintzer, a quanto pare avrebbe rilevato dettagli che avrebbero dovuto rimanere segreti nell’ambito del procedimento processuale.

Dintzer avrebbe riferito che nel 2020 Google ha pagato “tra i 4 e i 7 miliardi di dollari” secondo quanto stabilito nell’Information Services Agreement (ISA) tra le due aziende, affermando che si tratta di informazioni pubbliche e non confidenziali.

Il giudice ha riconosciuto la contestazione, ma ha scelto di andare avanti, evidenziando che le parti erano state finora attente e la mole di materiale da esaminare.

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In gioco vi sono informazioni strettamente riservate e segreti commerciali e il resto del dibattimento si è svolto a porte chiuse.

Non è un segreto che Google paga Apple (e non solo) affinché il suo motore di ricerca sia quello predefinito; ed è proprio questo l’oggetto del contendere da parte di Stati USA e del Dipartimento di Giustizia, per capire se l’atteggiamento di Google è un consapevole abuso di posizione dominante, lasciando a terzi le briciole nel mercato dei motori di ricerca.

Il precedente nel settore più celebre è quello di 25 anni addietro, quando a Microsoft fu chiesto di scindersi per evitare la presenza di Internet Explorer su tutti i dispositivi che usavano il suo sistema operativo, considerata una violazione dello Sherman Antitrust Act, sentenza che in appello venne ribaltata.

Gli accordi con Apple e altre aziende, secondo il dipartimento di Giustizia sono illegali, schiacciano la concorrenza ed impediscono a prodotti nuovi potenzialmente più innovativi di emergere. Eddy Cue e altri dirigenti di Apple sono stati chiamati a testimoniare.

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