Il New York Times sospetta che ci sia qualcosa che non va in Apple con la manager Angela Ahrendts, vice presidente senior responsabile delle vendite al dettaglio e dell’Apple Online Store. La Ahrendts, secondo il giornale americano che di solito non parla al vento quando si tratta di Apple, non si vede alle presentazioni dei negozi, non si vede a eventi dove ci si aspetterebbe la sua presenza, è stata vista rarissimamente in pubblico e persino in occasioni quali ad esempio l’incontro con Anna Wintour (la direttrice di Vogue, la più autorevole rivista di moda statunitense e mondiale) non si è fatta vedere; stranissimo per una manager che proviene da Burberry (azienda che ha portato in qualità di CEO verso una straordinaria crescita a livello mondiale) e che dunque conosce bene il mondo della moda e l’importanza della comunicazione.
Fortune ha recentemente indicato la Ahrendts al sedicesimo posto nelle donne più potenti del mondo, e in una rarissima intervista aveva spiegato che voleva ascoltare e imparare prima di presenziare. La Ahrendts ha applicato alcuni cambiamenti strategici (la ricezione di una mail o un messaggio che avvisa quando è possibile fissare un appuntamento al Genius Bar sembra sia una sua idea) ma dall’esterno non traspare nulla di particolarmente sconvolgente.
Sono passati 16 mesi da quando la Ahrendts è in Apple, che con il suo compenso annuo di 83 milioni di dollari è la donna dirigente più pagata nel corso dell’ultimo anno in tutti gli Stati Uniti. Tim Cook ha fatto di tutto per averla in Apple, e aveva salutato il suo arrivo in modo entusiasta (“Un genio e un leader”) dopo la sfortunata esperienza con John Browett, che si dimise a ottobre del 2012, dopo solo sei (disastrosi, secondo qualcuno) mesi di gestione. Browett era stato il primo importante reclutamento a livello manageriale di Cook ma aveva fallito, dimostrandosi incapace di inserirsi nella cultura di Apple e di comprendere la filosofia intorno a cui è nata la catena retail di Apple. Se la stessa sorte toccasse alla Ahrendts, sarebbe lo stesso Cook ad essere chiamato in causa.