Con l’arrivo dei primi green pass nelle nostre mani cominciano a comparire sui social le immagini dei primi QR-code che chi lo ha ricevuto esibisce trionfalmente. È una pessima idea: il QR-code in questione è una miniera di dati personali invisibili a occhio nudo ma leggibili da chiunque avesse voglia di farsi i fatti nostri.
Chi siamo, se e quando ci siamo vaccinati, quante dosi abbiamo fatto, il tipo di vaccino, se abbiamo avuto il Covid e quando, se abbiamo fatto un tampone, quando e il suo esito e tanto di più.
Il QR-code in questione deve essere esclusivamente esibito alle forze dell’ordine e a chi è autorizzato dalla legge a chiedercelo per l’esercizio delle attività per le quali la legge ne prevede l’esibizione e deve essere letto esclusivamente attraverso l’apposita APP di Governo che garantisce che il verificatore veda solo se abbiamo o non abbiamo il green pass e non anche tutte le altre informazioni e, soprattutto, non conservi nulla.
Ogni uso diverso, spiega l’Autorità, è pericoloso per sé e per gli altri. Per sé perché si lascia in giro per il web una scia di propri dati personali per di più sanitari che chiunque potrebbe utilizzare per finalità malevole. Ad esempio per desumere che la persona ha patologie incompatibili con la vaccinazione o è contraria al vaccino. E di qui negare impieghi stagionali, tenere lontani da un certo luogo, insomma per varie forme di discriminazione. O anche per fare truffe mirate o per fare profilazione commerciale. Immaginiamo la possibilità che questi dati finiscano in un database venduto e vendibile.
Ma anche questa prassi potrebbe facilitare la circolazione di QR-Code falsi che frustrerebbero l’obiettivo circolazione sicura perseguito con i green pass.
Occhio dunque! Resistiamo alla tentazione: esibire la soddisfazione di avere il greenpass è davvero una pessima idea. Se proprio non sappiamo farne a meno, limitiamoci a condividere con il mondo la notizia, senza l’immagine dell’agognato QR-Code.
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