Lo sappiamo: se la California fosse un Paese, sarebbe la quinta economia più grande del mondo, ben più produttiva dell’India e del Regno Unito. Lo stato americano nel 2023 aveva un Pil di 3,8 miliardi di dollari, pari al 14% dell’economia totale degli Stati Uniti. Tanta, tantissima roba. Che porta a una tentazione: fare da sola.
Infatti, lo stato federale della California, che oltretutto ha al suo interno la Silicon Valley, sta da tempo portando avanti una sua strategia molto autonoma per quanto riguarda la regolamentazione e il supporto dei servizi digitali. Colpendo contemporaneamente non solo le aziende nella loro sede ma anche la vita dei cittadini e quelle degli abitanti del resto del mondo. Il che, secondo alcuni, potrebbe essere un problema. Anche se taluni di questi alcuni sono in realtà molto “interessati” e per questo dicono che la California dovrebbe darsi una calmata. Ma vediamo nel dettaglio cosa succede
Regole e supporti
Due notizie di cronaca di questi giorni sollevano il caso. La prima è relativa a un accordo che lo stato della California ha stretto con Google. In base all’accordo, Google e lo Stato della California contribuiranno congiuntamente con un minimo di 125 milioni di dollari in cinque anni per sostenere le redazioni locali attraverso un ente pubblico non profit ospitato presso la scuola di giornalismo di Berkeley.
In pratica, l’accordo è già molto impopolare per le associazioni dei giornalisti americani perché quella forma di finanziamento delle redazioni dei giornali da parte dello stato Stato prevede infatti finanziamenti soprattutto per l’intelligenza artificiale: una tecnologia che molti giornalisti ritengono possa sostituire il loro lavoro. La scelta dello Stato della California però va per la prima volta in questa direzione.
Altra notizia sempre di cronaca: OpenAI si oppone a una proposta di legge sempre della California che imporrebbe nuovi requisiti di sicurezza alle aziende che producono o si occupano di intelligenza artificiale. La normativa non sta piacendo a nessuna delle grandi aziende e delle startup del settore, che la ritengono “controversa” perché sostanzialmente metterebbe un freno allo sviluppo senza limiti della AI possibile negli Usa e che invece viene regolato in Europa dallo AI Act.
OpenAI, che ha sede a San Francisco, ha dichiarato esplicitamente che la proposta di legge danneggerebbe l’innovazione nel settore dell’intelligenza artificiale e sostiene che la regolamentazione in materia dovrebbe provenire dal governo federale anziché dagli Stati. Invece, la California ritiene che sia suo dovere proteggere i suoi cittadini e ha intenzione di farlo perché ha la possibilità di farlo: le principali aziende e startup del settore hanno infatti sede proprio in quello Stato.
Il senso delle notizie
I due casi mostrano chiaramente che la California sta muovendosi in una logica di intervento e regolamentazione da un lato, e di sussidio e di apertura dall’altro che hanno impatti a livello globale. Lo fa perché ritiene di adempiere al suo dovere istituzionale di gestione al meglio della cosa pubblica per i suoi cittadini, che sono in buon numero: più di 39 milioni di abitanti che occupano una terra enorme, molto diversificata come climi e panorami: dalle foreste di sequoie ai deserti dopo la Sierra Nevada, dai quasi 1.500 mila chilometri di coste alle colline e canyon dell’interno sino alle pianure agricole della Central Valley.
La tentazione della California è sempre stata quella di fare da sé, perché la sua economia non solo è grande ma è anche “forte”, nel senso che contiene al suo interno alcune delle industrie chiave del mondo, sia da un punto di vista simbolico oltre che economico (Hollywood) che da un punto di vista tecnologico, con la Silicon Valley.
Conclusioni
Se la California fa da sola succedono varie cose. Innanzitutto, ovviamente ha diritto a farlo dal punto di vista legale. Negli Usa la Costituzione e le varie leggi federali lasciano ampissima capacità di movimento ai singoli stati: è l’idea federalista alla base degli Stati Uniti d’America. Tuttavia, vista la sua “mole”, le conseguenze ricadono sul resto dell’America e sul resto del mondo.
L’accordo con Google è una di quelle mosse che crea una breccia dall’esterno nel fortino della stampa e apre la via ad altri accordi analoghi tra Google ed entità esterne. Senza contare che, nonostante la struttura del mercato dell’informazione americana sia molto diversa da quella resto del mondo, l’impatto è comunque notevole.
La regolamentazione delle AI è invece un tema molto più interessante. Evidentemente Sam Altman di OpenAI rema come un toro contro qualsiasi ipotesi di regolamentazione perché teme di avere le mani legate. Ed evidentemente lo fanno anche le altre startup. Ma il fatto è che l’intervento della California corregge una asimmetria con l’Europa, che si è dotata di una normativa adeguata a incanalare il rischio di sviluppo selvaggio, quel temuto Far West dell’AI che potrebbe caderci addosso se gli Usa non mettono dei paletti.
I paletti così li ha messi la California. Ma solo lei. Quando interverrà Washington? Se mai lo farà? Perché con le elezioni presidenziali in ballo nessuno vuole alienarsi il favore (e i milioni) della Silicon Valley. Queste sono domande alle quali solo un ente sovranazionale saprebbe rispondere.
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