«Una farsa totale messa in scena da chi pensa che le regole per lui non esistano». È questo quel che Spotify pensa del modo con cui Apple pensa di aderire al DMA consentendo l’apertura di negozi alternativi e liberalizzando i metodi di pagamento su iPhone e iPad.
L’azienda svedese specializzata in streaming, fin dal 2019, con Epic Games, tra i più fieri avversari di Cupertino, per distruggere la nuova piattaforma per sviluppatori elaborata da Apple, usa un post sul suo blog (fatto poi interamente suo e commentato in prima persona dal CEO, Daniel Ek, sul profilo di X) nel quale usa parole durissime definendo l’adesione di Apple alle regole del mercato digitale una “un sistema – dice il CEO dell’azienda svedese – che gli sviluppatori più popolari non potranno mai scegliere e che punirà quelli che non hanno alternative con il quale si maschera qualche cosa per apparire come necessario per la sicurezza ma invece ha che fare solo con il proprio interesse. Nei fatti un’ alternativa che non è tale per alcune delle applicazioni più popolari ma solo un imbellettamento dei vecchi termini e della commissione del 30% che Apple vuole proteggere».
Le ragioni tecniche, Spotify le espone una per una a partire dalla tassa di 0,50 euro definita nel blog «come un’estorsione pura e semplice applicata solo per il diritto di esistere su iOS. Se Apple fa già pagare una commissione del 17% o del 10% per i pagamenti ricorrenti perché dovrebbe addebitare una tariffa forfettaria per ogni utente? Da quel che abbiamo compreso leggendo la proposta di Apple, bisognerebbe pagare anche se un utente si ha scaricato un’app, non l’ha mai usata e si è dimenticato di cancellarla. Come farà uno sviluppatore a rimborsare Apple se la sua app gratuita diventa virale e diversi milioni di account installano quell’app gratuita? Poi non c’è nulla nella legge che proibisca ad Apple di aumentare quegli 0,50 centesimi di euro a 1 o 10 euro in futuro».
A Spotify non va bene neppure il sistema con cui si liberalizza il pagamento al di fuori di App Store. «Farebbero pagare il 17% di commissione anche se il pagamento avviene con metodi alternativi o sul sito web dello sviluppatore. A questo si aggiunge la tassa di 0,50 euro. Questo significa che se si ha un’app popolare, si paga ad Apple lo stesso se non di più rispetto a prima»
Anche l’ipotesi di abbandonare del tutto App Store e stare su negozi alternativi sarebbe, da quel che si legge, un trucco per aumentare i profitti. Valutando la sua base di installazione in 100 milioni in Europa, secondo Spotify abbandonare App Store e stare su un negozio differente «proietterebbe i costi alle stelle, fino a dieci volte quelli attuali, in conseguenza della tassa sui download e gli aggiornamenti. Dovremmo pagare per ogni installazione o aggiornamento alla nostra app gratuita o a pagamento, anche per coloro che non utilizzano più il servizio».
«A questa stregua – chiosa Ek – non avremmo alternative se non restare su App Store alle stesse vecchie condizioni, la cosa contro cui abbiamo combattuto per quasi cinque anni, per la precisione 1782 giorni»
La conclusione di Spotify è che Apple dimostra disprezzo delle regole pensando che «a lei non si applichino» e manca completamente l’obiettivo del DMA: offrire più scelta e più controllo ai consumatori».
Il post si termina con un appello all’UE (che per altro pare già sul piede di guerra): «la Commissione europea seguirà il suo intento di ridimensionare ‘abuso di potere di Apple? O il DMA sarà bello in teoria, ma in pratica, non avrà un significato sostanziale per la maggior parte degli sviluppatori? La palla è nel vostro campo, Commissari europei, e una volta per tutte dovete respingere questo palese disprezzo dei principi che avete lavorato così duramente per stabilire».