Due dirigenti di un gruppo di società di investimenti hanno chiesto a Google di deindicizzare i risultati, in merito ad una ricerca effettuata a partire dai loro nomi, contenenti link verso alcuni articoli che presentano in modo critico il modello di investimento di tale gruppo. Secondo i digigenti in questione, gli articoli in questione contenevano affermazioni inesatte.
I dirigenti hanno chiesto inoltre Google l’eliminazione di loro fotografie, visualizzate sotto forma di miniature (“thumbnails”) di risultati di una ricerca di immagini effettuata a partire dal loro nomi. L’elenco visualizzava unicamente le miniature in quanto tali, senza riportare elementi del contesto della pubblicazione delle foto nella pagina indicizzata. In altri termini, il contesto iniziale della pubblicazione delle immagini non era né indicato né in altro modo visibile al momento della visualizzazione delle miniature.
Google si è rifiutata di accogliere le richieste dei dirigenti e questi si sono rivolti ala Corte federale di giustizia tedesca; quest’ultima , investita della controversia, ha chiesto alla Corte di giustizia europea di interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati, che disciplina in particolare il diritto alla cancellazione («diritto all’oblio»), nonché la direttiva relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, letti alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
In una sentenza dell’8 dicembre 2022, la Corte ricorda che “il diritto alla protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, ma deve essere considerato in relazione alla sua funzione sociale ed essere bilanciato con altri diritti fondamentali, conformemente al principio di proporzionalità”. “Il regolamento generale sulla protezione dei dati prevede espressamente, infatti, che è escluso il diritto alla cancellazione allorché il trattamento è necessario all’esercizio del diritto relativo, in particolare, alla libertà di informazione”.
E ancora: “I diritti dell’interessato alla protezione della vita privata e alla protezione dei dati personali prevalgono, di regola, sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso all’informazione in questione”.
Per quanto riguarda, gli obblighi incombenti alla persona che richiede la deindicizzazione per l’inesattezza di un contenuto indicizzato, la Corte sottolinea che” spetta a tale persona dimostrare l’inesattezza manifesta delle informazioni o, quanto meno, di una parte di esse che non abbia un’importanza minore”.
Tuttavia, al fine di evitare di far gravare su tale persona un onere eccessivo idoneo a minare l’effetto utile del diritto alla deindicizzazione, “essa è tenuta unicamente a fornire gli elementi di prova che si può ragionevolmente richiedere a quest’ultima di ricercare”. “Non è pertanto tenuta, in linea di principio, a produrre, fin dalla fase precontenziosa, una decisione giurisdizionale ottenuta contro l’editore del sito Internet in questione, fosse pure in forma di decisione adottata in sede di procedimento sommario”.
La Corte prosegue spiegando che “L’operatore di un motore di ricerca deve derubricare le informazioni trovate nel contenuto di riferimento laddove la persona che richiede la deindicizzazione dimostri che tali informazioni sono manifestamente inesatte”. In presenza di palesi errori, tocca dunqe al motore di ricerca fare in modo che l’informazione errata venga eliminata, favorita dalla enomre visibilità messa a disposizione dal meccanismo del motore di ricerca.
Per quanto riguarda la visualizzazione delle foto in forma di miniature («thumbnails»), la Corte sottolinea che la visualizzazione sotto forma di miniature, a seguito di una ricerca per nome, di foto della persona interessata, è atta a costituire un’ingerenza particolarmente significativa nei diritti alla tutela della vita privata e dei dati personali di tale persona.