Scott John Morrison – primo ministro del Commonwealth dell’Australia – ha criticato le varie piattaforme social e, a suo modo di vedere, queste sono responsabili dei contenuti pubblicati quando non si riesce a identificare gli utenti che pubblicano messaggi volgari, osceni o offensivi.
“I social media sono diventati una reggia di codardi dove le persone possono andare, non dire chi sono, distruggere la vita delle persone, riferire le cose più oscene e offensive alle persone, rimanendo impuniti”, ha detto Morrison nel corso di una conferenza stampa.
Le aziende che non precisano chi sono questi utenti, non sono più una piattaforma, ha riferito Scott Morrison, spiegando che a suo modo di vedere “sono editori”, e devono di conseguenza accettare le implicazioni che questo comporta su tali questioni, “con le persone responsabili di quello che dicono in una nazione che crede nella libertà di parola”.
Il commento di Morrison fa seguito a dichiarazioni del Vice Primo Ministro Barnaby Joyce che ha promesso un giro di vite sulla disinformazione dilagante sui social media. Anche dall’Avvocatura Federale Generale è stato suggerito di rivedere le leggi nazionali sulla diffamazione.
Anche Paul Fletcher – Ministro delle comunicazioni, infrastrutture urbane, città e arti – ha dichiarato in precedenza che “senza dubbio le informazioni errate e la disinformazione sono un problema sui social media”.
I commenti dei politici su tali questioni fanno seguito ad una recente decisione della Corte suprema australiana, una sentenza con la quale è stato stabilito che i giornali e le emittenti Tv sono responsabili per i commenti diffamatori ai loro articoli sui social, una decisione che ha portato la CNN a disattivare la sua pagina Facebook in Australia.
La Corte suprema australiana ha stabilito che le testate giornalistiche – siano esse giornali o notiziari televisivi, – sono gli “editori” anche di presunti commenti diffamatori postati da terze parti sulle loro pagine Facebook ufficiali e, sollecitando i commenti degli utenti, sono partecipi della loro pubblicazione.
Faceboook da tempo è accusato di diffondere contenuti dannosi e senza controlli. Frances Haugen – la whistleblower che ha passato al Wall Street Journal centinaia di documenti interni del social – ha deciso di denunciare le tante incongruenze viste quando ha lavorato per Facebook, evidenziando che il solo obiettivo dell’azienda è il profitto. Il CEO Mark Zuckerberg ha respinto le accuse, riferendo di stare mettendo in pratica delle politiche interne alla società che dovrebbero limitare al massimo i contenuti sconvenienti, anche perché gli inserzionisti non amano collegare la propria immagine a questi ultimi.