Lo stabilisce la Costituzione ed è ribadito da una nuova sentenza di un tribunale USA: la password di iPhone è tutelata dal Quinto Emendamento mentre l’impronta Touch ID non gode dello stesso trattamento. La singolare decisione è emersa durante il processo, riportato da iDownloadBlog, in cui David Baust accusato di tentato strangolamento della fidanzata, è stato obbligato a sbloccare con l’impronta la protezione Touch ID del proprio iPhone: investigatori e avvocati infatti ritengono che lo smartphone dell’incriminato possa contenere prove e forse anche un video del crimine commesso.
L’avvocato difensore dell’imputato ha concesso lo sblocco via Touch ID ma si è opposto alla richiesta di fornire la password di iPhone, adducendo la tutela del Quinto Emendamento. A sorpresa il giudice del tribunale ha accolto il rifiuto ed ha ribadito la tutela costituzionale della password di iPhone. In sostanza il Quinto Emendamento protegge i cittadini contro l’auto incriminazione, sancendo il diritto per l’incriminato di non poter essere obbligato a fornire informazioni che possano essere utilizzate a suo sfavore. Viceversa il giudice ha dichiarato che fornire l’impronta per Touch ID è del tutto equiparabile a una prova di DNA o al campionamento della scrittura, previsto nelle perizie calligrafiche, quindi ammessa.
In USA la sicurezza a doppia chiave torna utile anche ai criminali: le forze dell’ordine possono obbligare a sbloccare lo smartphone tramite impronta ma non fornendo la password di iPhone. Per questa ragione anche negli avanzati Stati Uniti molti osservatori sostengono che questo caso dimostra l’inadeguatezza delle norme rispetto agli sviluppi tecnologici. Naturalmente la decisione del tribunale può essere impugnata in appello.