Nessuna infrazione al contratto che lo legava con IBM. Mark Papermaster l’ex manager di Big Blue assurto agli onori della cronica per essere stato querelato dalla sua precedente azienda con l’accusa di non avere mantenuto fede ad un accordo che gli proibiva di prendere un posto in una azienda concorrente, se non dopo un anno dal licenziamento, accettando una offerta di Apple, ha manifestato la sua posizione in una risposta ufficiale, presentata alla corte che è stata chiamata a giudicare sulla vicenda.
“Per mia conoscenza – dice il documento di cui ha preso visione Information Week – IBM non disegna prodotti di elettronica di consumo come fa Apple. IBM si concentra su sistemi professionali ad alte prestazioni, come le infrastrutture per l’IT, server e prodotti di archiviazione, oltre che software per sistemi operativi”. Se, dunque, è vero che IBM può proibire a Papermaster di firmare con una concorrete, questa identità non si applica ad Apple secondo l’ex manager della società di Armonk. I suoi stessi ex superiori dovrebbero saperlo se è vero come ricorda ancora Papermaster durante la sua permanenza ad IBM “non ho mai sentito una sola volta nominare Apple come una concorrente”.
L’interessante memoriale, oltre a negare la tesi di Apple concorrente di IBM, nel suo sforzo di cancellare ogni dubbio sulla legittimità da parte di Papermaster sul suo diritto di andare a lavorare a Cupertino, svela molti dettagli della vicenda dell’assunzione e lancia qualche squarcio sulla sempre misteriosa organizzazione interna e le procedure seguite della società della Mela per scegliere i candidati.
Dalla documentazione, ad esempio, si apprende anche che non è stato Papermaster ad offrirsi ad Apple, ma Apple a chiamare Papermaster.
Tutto ha preso il via nel 2007, quando Apple aveva deciso di dare un luogotenente (ed eventuale successore) a Fadell, capo della divisione iPod. La ricerca di uno specialista di dispositivi a tasca non avrebbe dato frutto, di qui la decisione di puntare su un manager che avesse ampie conoscenze nel campo hardware e che si inserisse nel contesto di Apple progressivamente come ha fatto Bob Mansfield (ora a capo del settore hardware). Proprio Mansfield avrebbe indicato il nome di Papermaster, una persona esperta in semiconduttori e sistemi, avvertendo i vertici della società che però si trattava di una scommessa a lungo termine. Il primo contatto sarebbe avvenuto nel febbraio del 2008; Papermaster avrebbe suscitato buone impressioni (e su di lui avrebbe espresso opinioni lusinghiere anche la moglie di Fadell che era alla risorse umane), ma Apple stava lavorando ad iPhone e non era entusiasta all’idea di mettere in quel settore una persona che doveva imparare molte cose nell’ambito dei dispositivi da tasca. Così sarebbe stato offerto al manager IBM di disegnare i laptop, ma Papermaster non riteneva del tutto adeguata alla sue aspirazioni questa prospettiva. Quando a settembre si è fatta luce la necessità di trovare un sostituto per Fadell il nome di Papermaster è tornato in primo piano e l’offerta di supervisionare il gruppo che si occupa dell’hardware da tasca di Apple è stata accettata. “à un’occasione che capita una volta nella vita”, commenta Papermaster nella documentazione presentata alla corte.
Nella sua risposta di Papermaster si sforza di smentire l’ipotesi di un incarico nel quale finirà per portare in Apple conoscenze maturate in IBM, giungendo così a rivelare dettagli inediti sul suo compito. “Quello che farò – scrive Papermaster – è cercare sul mercato processori prodotti al di fuori dal mio gruppo e non lavorare con il team ex PASemi”.
Papermaster vuole così tranquillizzare IBM che teme il trasferimento del know how acquisito da anni di lavoro nel settore dei processori al gruppo composto da ingegneri esperti nel campo dei chip a basso consumo, tecnologie Risc e piattaforma ARM cui sarebbe stato affidato, secondo molteplici fonti convergenti, l’incarico di creare chip per i dispositivi mobili del futuro. Questo team, invece, secondo Papermaster “dipenderà da Mansfield”, ovvero dal capo dell’hardware Apple, che include anche laptop, desktop e server.
La precisazione appare decisamente interessante perché questa affermazione potrebbe fare intendere che al contrario di quanto si è pensato fino ad oggi, le componenti disegnate dalla società acquistata da Apple non andranno ai dispositivi da tasca, ma al settore dei computer. In realtà è possibile che quel che Papermaster intende dire (senza poterlo dire) è che non toccherà a lui occuparsi di dirigere il gruppo ex PASemi, ma ad altri e che i processori saranno usati per vari compiti su varie piattaforme hardware e non solo per la piattaforma tascabile di Apple. L’affermazione sulla provenienza “fuori dal gruppo” dei processori affidati alle sue competenze lascia anche aperta l’ipotesi, come fa qualche sito, che si stia parlando di processori che sono creati internamente da PASemi e acquisiti dal “gruppo” dei dispositivi hardware che è quello affidato a Papermaster.
“Sono solo un manager di prodotti – dice l’ex dirigente di IBM in quella che dovrebbe essere la sostanza della sua posizione difensiva – non sono stato assunto per dirigere lo sviluppo di tecnologie sulla varie linee di prodotto”.
Lasciamo a chi è più addentro alle cose di Apple dire se quel che dice Papermaster sia solo una visione assunta dalla prospettiva di chi deve difendere la sua scelta e se davvero il nuovo dirigente di Apple non si occuperà di nulla che abbia a che fare con i processori e con PASemi. Da parte nostra ci limitiamo a notare come tutto quanto si è appreso fino ad oggi lascia intendere che il gruppo ex PASemi sia destinato a lavorare con il gruppo che produrrà i dispositivi da tasca (affidatato a Papermaster) anche se è certamente possibile che Papermaster potrebbe non occuparsi direttamente di sviluppo di processori e che il Team ex PASemi avrà altri referenti per una destinazione, obbligatoriamente, multipiattaforma delle sue ricerche.
IBM ha rifiutato di commentare dettagliatamente la difesa di Papermaster e si mantiene sulle sue posizioni rimandando a quanto dichiarato alcuni giorni fa quando aveva fatto sapere di avere intenzione di portare avanti il caso con decisione. Apple, ovviamente, si schiera con il suo manager incaricato dicendosi convinta che “Ibm si renderà conto che iPod e iPhone non concorrono con il suo business”