È stata l’arma segreta del keynote dei servizi televisivi. Altro che Steven Spielberg e JJ Abrams. Oprah Winfrey, con la sua storia, la sua presenza, la sua capacità di fare comunicazione, è da sola un’intera rete televisiva. E una di quelle che fanno audience come non mai. Incarna il sogno americano della donna che si fa largo da sola comunicando valori positivi, autorealizzazione, bisogno di crescita, a modo suo il sogno americano.
E se questa idea, assieme al grande spettacolo della fantascienza e del fantastico è fin troppo presente nel palinsesto degli “Originals” appena accennati da Apple (perché quel che si è visto, al di là dei grandi nomi, in realtà è ben poco), fatto la sua comparsa sul palco dello Steve Jobs Theater, c’è da dire che con Oprah arriva al culmine.
Entra per ultima, con la sua classica camicia bianca e cravatta nera, e parla a braccio, senza guardare il gobbo, ma sparando una dopo l’altra una serie di frasi che fanno capire come la capacità evocativa e gli speechwriter migliori non sono solo di casa a Cupertino. È lo show, è la televisione e Oprah è la televisione. Al punto che macinando uno dopo l’altro tutti i tempi televisivi e da palco che si possano immaginare, arriva a giocare sui modi, sui toni, sul livello. Da una parte, parole nobilissime, dall’altra l’emozione di una donna che è perfettamente in controllo, dall’altra ancora la strizzata d’occhio, l’ammiccamento.
Oprah è la donna dei miracoli, che incarna oltre ad aver vissuto il sogno americano, il sogno degli immigrati, dei diseredati, di quelli che partono dalle retrovie ma hanno il cuore puro, la volontà di ferro di realizzare i loro sogni e di diventare la versione migliore di se stessi. Oprah è la dimostrazione che, senza essere nessuno, se hai la musica nel cuore, puoi diventare qualcuno. E diventarlo al di là del bene e del male.
Oprah è un fenomeno mediatico come in Italia e nel resto del mondo non si conoscono uguali e, se risuona nel cuore di Tim Cook così come smuove piantagioni di spettatori uno dopo l’altro, orientandoli come girasoli verso le sue parole e il suo cuore luminoso, al di fuori dei confini della cultura “americanocentrica” Oprah non esiste o quasi. E pensare che possa connettere un miliardo di persone, magari in Medio Oriente, in Cina, nel sud-est asiatico, in Africa, in Europa, in America Latina, per quanto il piano Marshall abbia cambiato la mente della gente e per quanto Hollywood e il bombardamento mediatico e televisivo degli immaginari e dello star system americano sia continuo, è abbastanza avventuroso.
La difficile posizione di Oprah è quella di cambiare la mente e il cuore delle persone, alleandosi e partecipando all’avventura di Apple. Sostanzialmente, mettendo i contenuti, il cuore, nei nuovi servizi della casa di Cupertino. E se pure il brand dell’una è compatibile con il brand dell’altro, lo è in una intenzione e raggio locale che fa sospettare che nelle stanza dei bottoni di Cupertino ancora non si siano chiariti le idee fino in fondo. Con i soldi sono arrivati tutti i grandi di Hollywood, le produzioni saranno pulite e leccate come non mai, ci sono volti che la tv non vedeva da un sacco di tempo (come Jennifer Aniston, che proprio con Friends in Tv ha costruito la sua fortuna) e altri che vede molto spesso, star da Hollywood (JJ Abrams e Steven Spielberg, per dire) e musicisti di eccellenza. Ma questo basterà?
Con la musica è bastato a malapena: il negozio iTunes ha vissuto a lungo il vantaggio di essere stato il primo, quello che ha inventato la strada. E poi i servizi di streaming e i social a sfondo musicale l’hanno presa in contropiede ma l’inerzia l’ha tenuta a galla, assieme a solidi rapporti con le etichette. Ma il cinema?
Come il giornalismo e l’editoria in generale, altro fronte aperto a Cupertino, anche quello del cinema è uno sbocco naturale per l’azienda più creativa e “imparentata” con il mondo dei produttori di contenuti (ricordate la Pixar di Steve Jobs? O le azioni della Disney?). Ma uno sbocco naturale non è uno sbocco garantito. E proprio su questo sottile e difficile crinale si gioca tutta la partita. Nessuno fa regali a nessun altro, e prima di diventare realmente globali, come Spotify o Netflix sono diventate, occorre molto tempo. E tanti tentativi. Apple ci riuscirà?
Tim Cook ci mette il cuore, si vede. E le sue lacrime fuggenti davanti a Oprah dimostrano questo: segue una intuizione profonda. Dipende però se è anche abbastanza potente, o se è destinata a portarlo poco lontano.
Tutte le novità presentate nel keynote Apple 25 marzo, da Apple TV+, Apple Channels, gli abbonamenti Apple News+, Apple Arcade e altro ancora sono riassunte in questo articolo.