Perché corriamo sempre? Certo, se si guarda bene e in profondità il computer, si scopre che alla fine è semplicemente una macchina molto stupida e molto veloce, quindi la velocità c’entra sempre. Però, pensiamo un attimo, la velocità non è solo un requisito fondamentale di questa tecnologia, ma anche e soprattutto di questa economia della tecnologia. E, mentre nel primo caso la velocità non è detto che debba tendere all’infinito, nella logica delle ferree leggi economiche non è tanto la sua velocità assoluta a contare quanto la sua tendenza inarrestabile a crescere. Pensiamoci un attimo: la legge di Moore (quel noto principio per cui ogni diciotto mesi raddoppiano i transistor) è stata ispirata in maniera totalmente empirica da Gordon Moore, uno dei due fondatori di Intel.
Perché quella legge? Perché si tratta di un principio della fisica, di un assioma indubitabile, di un portato della natura? No, è una indicazione empirica che nel tempo ha avuto un ruolo – invero geniale – nel marcare i tempi della imperiosa marcia del progresso tecnologico ed economico dei semiconduttori. Ha fatto da morale all’alleanza WinTel, in base alla quale Windows ed Intel hanno sostanzialmente alimentato l’un l’altro il bisogno di acquisto dei loro utenti. Processori più veloci per i sistemi operativi e software sempre più pesanti; sistemi operativi e software sempre più pieni di funzionalità per sfruttare al meglio i processori sempre più veloci.
Sappiamo bene, perché è stato detto tante volte, che basterebbe Word 4.0 (se non fosse per le incompatibilità artificiali di formato e le nuove funzioni praticamente inutili e inutilizzate) per fare quello che oggi fa Office 2008, con la differenza che il secondo richiede macchine da fantascienza rispetto a quelle che facevano girare il primo. E allora?
Perché spendiamo duemila, tremila euro per laptop potentissimi e con una durata di batteria minima? Perché stiamo utilizzando processori dual core o quad core? Perché sono meglio oppure perché ci vuole la novità , il “salto in avanti” a tutti i costi? Perché?
Sono state molte le critiche e molti gli applausi rivolti all’iniziativa voluta da Nicolas Negroponte di portare un personal computer da 100 dollari in mano ai bambini africani. Colmare il digital divide. Rendere cittadina del mondo anche quella sfortunata parte del pianeta. Però. Però guardiamo che cosa sta succedendo. Arrivano per quella via dei portatili in grado di navigare il web, di spedire e ricevere email, di essere utilizzati per funzioni alquanto diverse da quelle dei Thin Computer e tutto sommato molto più rivoluzionaria. Perché ha a che fare con le leggi dell’evoluzione economica e del giusto prezzo. Il fatto è che quei computer sono quelli con il prezzo giusto: cento dollari, novanta euro, cinquanta sterline. Quella è la cifra che bisognerebbe pagare per avere un portatile di base, non mille euro. Eppure, quei computer da noi non ci sono. Ma ci saranno, perché adesso vengono prodotti.
E questa produzione cambierà lentamente i paradigmi e la dinamica del mercato, influenzerà positivamente (speriamo) il sud del mondo ma anche il nord. Potrebbe essere il primo passaggio che ci leverà dalla schiavitù del progresso a tutti i costi, delle magnifiche e progressive sorti di leopardiana memoria, della velocità senza limiti futuri. Ecco: One Laptop Per Child deve essere realizzato prioritariamente per l’Africa. Ma anche per l’Europa e per gli Usa e tutto il resto del pianeta. Si tratta di una scelta necessaria, che cambierà davvero le cose. E chi vorrà qualcosa di più potente, sempre ricaricabile a manovella infinite volte, potrà spendere ben 200 dollari (180 euro, 100 sterline) ed avere il doppio della velocità . La Mercedes dei computer low cost. Mica male, se ci pensate, no?