Di solito quando raccontiamo un anniversario, un compleanno di qualche prodotto o tecnologia, si apre la cassetta degli attrezzi dedicati alla retorica, ci si rimbocca la manica e si pesta più che si può. Dopottuto, cosa meglio di un anniversario per celebrare il culto dela Mela?
Questa volta consentite al cronista che racconta la storia di Apple da una ventina di anni (Macity da un po’ più tempo: era il 1996 quando tutto è iniziato…) di fare un passo di lato. E guardiamo un altro aspetto. La storia del Macintosh la sappiamo e tutti l’abbiamo raccontata più volte. Nato da una serie di sogni e di ricerche che si sono incrociate, da tentativi, da “furti” che tali non erano (ai danni del Parc della Xerox), dal genio del gruppo che ha lavorato con Steve Jobs ma che era stato messo assieme prima da un altro eroe fin troppo poco considerato, cioè Jef Raskin.
E poi c’è la banda di pirati con tanto di bandiera sul tetto, dopo il fallimento del Lisa, e lo spot 1984, il lancio del Macintosh, l’emozione sul palco con un giovanissimo ma determinato Steve Jobs, l’emozione di un sistema nuovo che ha fatto complessivamente fare un salto storico all’informatica e alla società. Un cambiamento epocale, una discontinuità.
Quello che non raccontiamo mai però è quanto sia cambiata la nostra vita e quanto sia cambiata la società nel suo complesso dopo l’arrivo del Macintosh e poi del Mac. Perché è vero che la maggior parte dei computer sono stati Pc e adesso sono telefonini, ma è anche vero che il Macintosh ha definito il pensiero e il modo di ragionare di una intera epoca, la nostra.
Il paradigma del Mac, a prescindere dall’anno in cui è entrato nelle vite dei suoi utenti, non è mai stato una cosa leggera e poco rilevante come per esempio è stato per molti il primo approccio ai PC ad esempio sul lavoro. Il rapporto è sempre stato personale e determinante per tantissimi, anche nel buio degli anni Novanta o nell’epoca totalmente web centrica a cavallo del nuovo millennio o adesso, nel mondo degli apparecchi post-PC.
Ci possiamo chiedere cosa sia diventato oggi il Mac, con tutte le ibridazioni e i cambiamenti ma anche l’eredità di decenni di metafore e tecnologie accumulate sulle spalle di questo sistema che regge il passare del tempo quasi senza battere ciglio.
Il Macintosh, poi Mac, è cambiato tante di quelle volte che oltretutto non ci spaventa immaginare quali potranno essere i cambiamenti che lo attendono, che sono davanti a lui. A partire dal cambio di processore che sembra essere sempre più vicino (sicuramente prima dei quarant’anni) e al cambio di paradigmi che nuovi tipi di hardware e di periferiche di input possono chiedere.
Cosa sta per succedere? Il mondo del Mac è rimasto il centro dell’ecosistema di Apple, anche perché le tecnologie sviluppate per il computer e il suo sistema operativo sono la base di quello che poi viene trasferito nei sistemi operativi degli altri tipi di prodotti che stanno diversificando l’ecosistema della casa di Cupertino.
Il futuro? I prossimi 35 anni? Come saranno? Come potranno essere? La domanda non è peregrina perché, se anche non ci spaventano, sono decisamente poco noti e in alcuni casi inimmaginabili. Come sarà il Mac tra dieci, quindici, venti anni, quando il paradigma del quantum computing sarà diffuso, quando il cloud sarà evoluto in modi non immaginabili, quando l’intelligenza artificiale sarà evoluta in modo non immaginabile. Non possiamo certo immaginarlo e dirlo adesso, ma ci piace immaginare che il Finder, che la Mela, che il nome “Mac”, saranno ancora in giro, sulla cresta dell’onda dell’innovazione tecnologica.
Dopotutto, chiedersi questo è anche un po’ chiedersi dove saremo noi, cosa faremo noi tra tutti questi anni. La biologia umana è più prevedibile, salvo imprevisti ovviamente, e così la traiettoria esperienziale degli individui (infanzia-scuola-lavoro-famiglia-pensione) anche se di certezze a livello individuale non se ne possono avere. Per una macchina, per un prodotto e per un marchio, volendo procedere per astrazioni progressive, è molto, molto più difficile immaginare cosa potrà succedere e soprattutto in quale direzione.
La nostra vita però intercetta quella di Apple in generale e quella del Macintosh in particolare al punto che vale la pena ricordare un pensiero di base: non dimenticare che ci sono utenti Mac più vecchi del Mac stesso – e la cui storia predata quella del Macintosh – e ci sono utenti più giovani del Mac o addirittura dell’iPod, che utilizzano però con capacità, passione e interesse tecnologie pensate a cavallo tra gli anni Sessanta e il decennio Settanta e poi degli Ottanta: utenti che hanno trovato nuovi e innovativi modi per interpretare quello che è stato il sogno di un gruppo di informatici e imprenditori, di uomini e donne, di quarant’anni fa: creare un computer per il resto di noi.
A 35 anni di distanza, scrivendo queste note su un MacBook 12 pollici che sarebbe sembrato fantascienza e contemporaneamente assolutamente ovvio a Steve Jobs e ai suoi, direi che ci sono riusciti.